Nella foto: Fabio Chiusi, Nadia Urbinati
Foto: Daniela Costantini, archivio Università di Trento

Eventi

LA RETE FAVORISCE L’UGUAGLIANZA E LA DEMOCRAZIA DIRETTA?

Al Festival dell’Economia la politologa della Columbia University Nadia Urbinati

12 giugno 2014
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Daniela Costantini
di Daniela Costantini
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

“È vero che internet può rendere la democrazia più democratica?” è l’incipit con cui Nadia Urbinati ha esordito alla  conferenza dell’ultima edizione del Festival dell’Economia dal titolo "I paradossi della rete: rappresentanza e leadership nell’era di internet".
Una domanda che, secondo la politologa e docente della Columbia University, non ha una risposta né scontata né necessariamente positiva.

La rete favorisce e accresce la diffusione popolare dell’informazione a costi bassissimi, anche grazie a una tecnologia sempre più facilitante e alla portata di tutti. È una rivoluzione epocale che ha un impatto equivalente, se non superiore, a quello della nascita della stampa. Rispetto alla comunicazione orale, l’orizzontalità e l’accessibilità della parola stampata, fruita attraverso il processo di lettura, assume tempi e ritmi asincroni che agevolano la riflessione e il pensiero: processi che vengono amplificati in modo esponenziale dalla volatilità di internet.

L’incontro tra democrazia e internet è un incontro proficuo, si tratta di due mondi naturalmente votati a mutazioni e innovazioni - continua Nadia Urbinati -, ma il nostro tempo è un tempo specifico e particolare, ci sono in atto altre grandi trasformazioni. Il mercato, ad esempio, non può crescere e svilupparsi con le attuali e ormai vecchie forme di governo, oggi ci sono questioni economiche e sociali che stanno sfidando le democrazie occidentali. È in atto un inasprimento delle disuguaglianze di classe: la ricchezza tende a concentrarsi e a non produrre maggior sviluppo per tutti, intensificando il rischio percepito dai cittadini di non contare in maniera ugualitaria.

Con questi scenari, che si affiancano a un sentimento antipolitico diffuso, a una crescente sfiducia verso il “potere” e verso i canali di comunicazione cosiddetti tradizionali, a internet è assegnato un doppio significato: è un mezzo di comunicazione e di diffusione, ma anche uno strumento capace di dare voce politica, un megafono per coloro che non si sentono più rappresentati. 
Il concetto di web democracy (ovvero la forma di democrazia diretta in cui vengono utilizzate le moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione nelle consultazioni popolari) prende sempre più piede: oggi è possibile operare scelte politiche al di fuori della mediazione dei partiti. È un modello che non rifiuta le elezioni democratiche, ma sempre di più vuole gestire i suoi organismi di rappresentanza, selezionandoli e controllandoli attraverso la rete.

Due sono i problemi principali evidenziati da Urbinati. Il primo è che si parla di “democrazia di audience”, dove il cittadino è in realtà più attivo mediaticamente che direttamente: sono i leader, e non altri organi intermediari di governo, a incontrare i cittadini della rete e non esistono sistemi di controllo. La seconda questione riguarda la salvaguardia del diritto di uguaglianza: al momento non c’è nessuna garanzia che la voce di tutti i cittadini (un esempio su tutti quello del Movimento 5 Stelle) valga davvero come quella degli altri.

La rete ci dà accesso all’informazione e al contatto con le istituzioni che gestiscono la governance, questo è un fatto fondamentale e positivo, ma occorre fare parecchia strada per migliorare l’uso e la conoscenza di questo potente strumento. Ad esempio, sempre secondo Urbinati, c’è bisogno di figure altamente professionalizzanti: da un lato di esperti della comunicazione, che sappiano filtrare i contenuti mostrandoci differenti punti di vista e in grado di validare le fonti delle notizie, dall’altro di esperti della politica.
La tendenza oggi è quella di avere fede piuttosto che fiducia, spesso non abbiamo il controllo dell’informazione che viene veicolata e la facilità, anche da parte degli stessi leader, di scivolare nel populismo e nella demagogia è sempre molto ampia.

L’equazione “più rete uguale più uguaglianza”, come possibile risposta alla domanda di partenza, sembra essere quindi ancora tutta da provare.