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DIRITTO D'ASILO E PRATICHE LOCALI DI ACCOGLIENZA

Se ne parla nell'ultimo incontro del ciclo “Temi e questioni dell’integrazione”

9 novembre 2016
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DIRITTO D'ASILO E PRATICHE LOCALI DI ACCOGLIENZA
di Gracy Pelacani
Docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.

L'accoglienza, nelle sue più quotidiane e concrete pratiche, è locale. 
È da questa, fin troppo semplice ma forse trascurata, affermazione che prende le mosse il tentativo di osservare come i territori si fanno carico dell'accoglienza di coloro che, giunti nel territorio italiano, fanno richiesta di protezione internazionale. È il livello locale, infatti, che più di ogni altro sostiene l'investimento sociale che comporta l'accoglienza, e che rende necessario coniugare il soddisfacimento dei bisogni dei destinatari della stessa con quelli della popolazione locale.
Nonostante la questione non sia di per sé nuova - dalla seconda metà degli anni novanta inizia a svilupparsi il sistema di accoglienza nazionale che già vede un importante coinvolgimento di alcuni territori - l'attuale impossibilità di rimandare oltre la messa in atto di meccanismi per un'equa ed efficace distribuzione dei richiedenti protezione su tutto il territorio nazionale, rende quest'analisi più urgente e necessaria oggi di quanto non lo fosse in passato. 

Le materie del diritto d'asilo e dell'accoglienza sono complesse. In primo luogo, per la molteplicità di fonti normative di cui occorre tener conto nel momento in cui se ne voglia ricostruire e comprendere la disciplina. Non va poi trascurato un ulteriore fattore di complessità tutto nazionale che deriva dalla conformazione geografica della penisola. Questa di per sé impone una, almeno iniziale, iniqua distribuzione degli obblighi di accoglienza, richiedendo una prima presa in carico dei soggetti da parte dei territori limitrofi alle zone di sbarco. Infine, quando oggetto dell'analisi sono le pratiche locali d'accoglienza, un'ulteriore difficoltà risiede nei limiti che incontra qualsiasi tentativo di sistematizzare le stesse. Da un lato, ognuna differisce dall'altra per il semplice fatto d'essere, per l'appunto, pratica locale, la quale non può che adattarsi alle caratteristiche del luogo in cui si svolge. Dall'altro, questa differenza si fa ancora più marcata in un territorio come quello italiano, dove la pratica locale si distingue anche in base alla fase dell'accoglienza in cui la località si fa carico delle persone richiedenti protezione.

Di tutto questo occorre tenere conto nel momento in cui ci si interroga sulla possibilità di esportare pratiche virtuose al di fuori dei confini locali e sugli effetti che alcune pratiche d'accoglienza possono avere sui territori limitrofi. Oppure, su quale sia l'ottimale grado di flessibilità della normativa nazionale in materia d'accoglienza e del meccanismo di distribuzione sul territorio dei richiedenti protezione perché questa possa essere sostenibile nel lungo termine e il più possibile fruttuosa per i soggetti accolti e per i territori.
 
Nello specifico, si è dedicata attenzione alle pratiche d'accoglienza di persone richiedenti protezione internazionale per come si svolgono nella Provincia autonoma di Trento, nella Provincia autonoma di Bolzano, e nella località di Breno in Val Camonica (provincia di Brescia). Questi, trovandosi tutti nella parte nord del paese, non sono territori di primo arrivo; vedono coinvolti nell'accoglienza centri di medie e piccole dimensioni; sono zone montane, dato che impone di tener conto nell'organizzare l'accoglienza dell'impatto che questa caratteristica ha sulle possibilità di spostamento e di comunicazione. Da ultimo, mentre i primi due territori fanno parte di una regione a statuto speciale, il terzo è una località di una regione a statuto ordinario.

Sulla base di questo primo confronto, si è potuto concludere che, al netto degli elementi comuni, ogni territorio ha sviluppato una diversa pratica d'accoglienza. Nel caso di Breno, è risultato essere determinante l'esperienza del soggetto del terzo settore che si fa concretamente carico della stessa - la cooperativa K-Pax - insieme a un capace utilizzo delle opportunità che offre il territorio. Nel caso, invece, delle province di Trento e Bolzano, la differenza tra le pratiche risulta in molta parte il risultato di divergenti volontà politiche nel farsi territorio d'accoglienza. Su tutto, risalta la mancanza e quindi la necessità di una politica chiara a livello nazionale in materia, che possa dare coerenza a quanto avviene a livello locale e indicare la direzione futura delle politiche di accoglienza dei richiedenti protezione nel paese.

Si è parlato di questi temi nel seminario “Diritto d’asilo e pratiche locali di accoglienza”, ultimo del ciclo “Temi e questioni dell’integrazione”. Durante l’incontro sono intervenuti Michela Semprebon (Università Milano Bicocca), Johanna Mitterhofer (Eurac, Bolzano), Gracy Pelacani e Milena Belloni (Università di Trento). Il ciclo di seminari è stato organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento in occasione del suo trentennale e rientra nel progetto strategico di Ateneo “Living Integration Laws”.