Biodays 2014, foto archivio Università di Trento

Eventi

BIODAYS, TUTTI I FUTURI DEI BIOTECNOLOGI

Conclusa la seconda edizione del workshop promosso dal CIBIO che ha fatto incontrare esponenti del mondo accademico e delle imprese

8 luglio 2014
Versione stampabile
Olivier Jousson
di Olivier Jousson
Professore associato presso il CIBIO – Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento e direttore vicario presso lo stesso Centro.

La seconda edizione dei Biodays si è tenuta il 24 e 25 giugno scorsi presso il Polo Scientifico e Tecnologico “Fabio Ferrari” di Povo. Scopo dell’evento era quello di mettere in contatto i protagonisti e i destinatari della ricerca e della didattica del Centro di Biologia Integrata (CIBIO) dell’Università di Trento, e chiunque lavori in ambiti affini, con i professionisti del settore biotecnologico in Italia. L’evento ha destato un forte interesse e il suo buon esito è testimoniato dalla larga partecipazione delle persone intervenute (circa 200 le presenze registrate nelle due giornate).

La prima giornata, il Post Doc Research Day, si è incentrata sulla presentazione dei più importanti risultati raggiunti dai ricercatori postdoc del CIBIO e dal relatore invitato, Kristian Franze (Università di Cambridge), sui temi dell’oncologia, della neurobiologia, della biologia molecolare, la microbiologia e la virologia. La seconda giornata, il Biotechnologist Day, ha offerto a studenti e dottorandi l’opportunità di interagire con manager di importanti realtà imprenditoriali italiane: Tommaso Scarpa (Parco Tecnologico Padano e Presidente dell’Associazione Nazionale dei Biotecnologi Italiani – ANBI), Alberto Baldi (Bioindustry Park Silvano Fumero) e Maria Luisa Nolli (Associazione Farmaceutici Industria – AFI). Nel programma si è dato spazio anche all’illustrazione di alcune iniziative di successo aventi come protagonisti gli studenti dell’Ateneo trentino, come la partecipazione alla competizione internazionale di biologia sintetica International Genetically Engineered Machine (iGEM) e la neonata associazione di “do-it-yourself biology” OpenWetLab (OWL).

Il titolo accademico di “Dottore in Biotecnologie” e la relativa figura professionale di biotecnologo sono di origine piuttosto recente, essendo stati ideati e adottati a seguito dello straordinario e repentino sviluppo concettuale e tecnologico del settore, che trova oggi applicazione in moltissimi ambiti. Una lista non esaustiva dei campi di intervento della biotecnologia comprende la salute umana ed animale, la produzione di cibi, farmaci, vaccini e cosmetici per vari usi, la sostenibilità energetica ed ambientale, le scienze forensi. La vastità di possibili applicazioni determina un continuo incremento dei prodotti biotecnologici di nuova generazione, quali biofarmaci, biomateriali, biosensori, biocarburanti, biodiagnostici, biorimedi. E, secondo gli osservatori, siamo soltanto all’inizio del processo: lo testimonia l’andamento in crescita del settore biotecnologico italiano, in controtendenza rispetto alla congiuntura economica, che registra un fatturato di 7 miliardi di Euro e più di 400 imprese - soprattutto piccole - nel 2014, rispetto alle 150 aziende nel 2001. Il settore biotecnologico si presta particolarmente bene allo sviluppo di nuove idee a carattere imprenditoriale, in seguito alla standardizzazione delle tecniche di ingegneria genetica e alla conoscenza del corredo genetico completo (il genoma) di un numero sempre crescente di organismi. Con milioni di specie e centinaia di milioni di geni, la natura racchiude un numero gigantesco di funzioni e processi, molti dei quali hanno potenziali applicazioni nei campi sopracitati. E la nostra comprensione di essi è ancora molto limitata: basti far notare che conosciamo la funzione di appena la metà dei geni dell’organismo più noto e studiato in assoluto, il batterio Escherichia coli.

In Italia, tuttavia, l’alta formazione nell’area delle biotecnologie e il mondo delle imprese risultano marginalmente collegati. In più, la figura del biotecnologo soffre tuttora di una mancanza di identità e di riconoscimento sociale e professionale, a causa di un ritardo normativo e culturale nei confronti di un settore in veloce espansione. È proprio su questi aspetti che i Biodays e il CIBIO intendono dare un contributo. Al contrario di quello che accade ad esempio nei paesi anglosassoni, da noi poche università offrono corsi di studio di secondo livello (laurea magistrale o master) in biotecnologie che rispecchiano le richieste delle imprese. In effetti, in aggiunta alle competenze biotecnologiche stesse, molte competenze e abilità fondamentali quali gestione di progetti, analisi di mercato, brevetti e proprietà intellettuale, qualità, affari regolatori, marketing e comunicazione, sono totalmente assenti o trascurati dai piani di studio. Creare o consolidare il networking tra accademia e aziende dovrebbe contribuire a ridurre il divario tra i due mondi, a condizione di superare importanti differenze culturali. Coinvolgere i manager aziendali nella definizione dei piani di studio e nella didattica e stipulare accordi per la mobilità degli studenti verso le aziende per attività di stage sono alcune possibili soluzioni che i settori della conoscenza con maggior applicazione, come l’ICT, utilizzano da tempo e con successo.

Dall’attivazione del corso di laurea in Scienze e Tecnologie Biomolecolari avvenuta nell’anno accademico 2008/2009, si sono laureati oltre 120 studenti; i primi laureati magistrali in Biotecnologie Cellulari e Molecolari conseguiranno il titolo a giorni. I Biodays e il CIBIO intendono creare un ponte per il loro inserimento professionale e per lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali in questo settore trainante.