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Eventi

LINGUA MADRE: LE NOSTRE RADICI E LA NOSTRA CULTURA

Intervista a Patrizia Cordin

21 febbraio 2017
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LE NOSTRE RADICI E LA NOSTRA CULTURA NEL PATRIMONIO DELLA LINGUA MADRE
di Paola Fusi
Responsabile della Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento

Il 21 febbraio cade la giornata internazionale della lingua madre proclamata dall’UNESCO per promuovere la diversità linguistica e culturale e il multilinguismo. La data ricorda la tragedia avvenuta nel 1952 quando diversi studenti bengalesi dell’Università di Dacca rimasero uccisi mentre protestavano per il riconoscimento del bengalese come lingua ufficiale (allora parte del Pakistan).
In un’epoca guidata dalla globalizzazione e dal multilinguismo il valore alla lingua madre appare forse meno chiaro. Abbiamo parlato di questo con la professoressa Patrizia Cordin, docente di linguistica e delegata del rettore dell’Università di Trento per le iniziative in materia di minoranze linguistiche.

Professoressa Cordin, qual è il valore della lingua madre oggi?
La lingua madre ha un valore sia individuale sia sociale: individuale perché, come dice il nome stesso, è la lingua che il bambino o la bambina sentono parlare dalla mamma, anzi sente ancor prima di nascere, quando nell'utero ne percepisce il ritmo e l'intonazione; è la lingua che ognuno sviluppa spontaneamente nei primi anni di vita, dentro la famiglia, sino a raggiungere una competenza che gli permette di capire e di esprimersi senza sforzo. Il valore sociale è dato dalla ricchezza della diversità linguistica. Oggi si contano circa 7000 lingue: ogni due settimane una cessa di esistere e più del 50% è in pericolo. Nettle e Romaine, un biologo e una linguista, nel libro “Vanishing Voices. The Extinction of the World’s Languages” rilevano una sorprendente correlazione tra biodiversità e diversità linguistica: nelle aree dove si registra maggiore ricchezza nelle forme di vita delle piante e degli animali si ha anche una maggiore differenziazione culturale e linguistica. I due studiosi suggeriscono di considerare le lingue meno diffuse come canarini nelle miniere: la perdita di entrambi sta a indicare una condizione di pericolo per l’ambiente.

Come si conciliano oggi le esigenze di salvaguardia della lingua madre e la necessità di aprirsi al mondo nello studio delle lingue più diffuse come inglese e tedesco? 
Per comunicare oggi è richiesta in molte situazioni la conoscenza di più di una lingua. Il multilinguismo non solo è conciliabile, ma addirittura è reso possibile dal mantenimento della lingua madre. Infatti è dimostrato che nessuna lingua può essere appresa pienamente se non poggia sulla solida competenza della lingua acquisita dalla nascita. Le lingue non sono palloncini, non si fanno concorrenza nel cervello dei bambini, sottraendosi reciprocamente spazio. Al contrario, mantenere la lingua madre nell'infanzia e affiancarle un'altra lingua fa sì che i bambini e le bambine bilingui godano di provati vantaggi cognitivi.

L’Italia e il Trentino in particolare presentano un patrimonio linguistico rilevante. Ladino, cimbro e mòcheno sono lingue ufficiali del territorio trentino. In che modo è utile valorizzarle?
Il Trentino ha una legislazione specifica che tutela le tre lingue di minoranza. La loro valorizzazione passa in primo luogo attraverso la consapevolezza di tutti quelli che le parlano, in particolar modo dei genitori, di quanto sia importante usare la propria lingua e trasmetterla ai figli. Anche la scuola, i media e -sempre più- internet hanno un ruolo di rilievo per aumentare uso, visibilità e prestigio delle lingue poco diffuse.

Quale ruolo va attribuito al dialetto? 
I dialetti in Italia sino a cinquant'anni fa erano la lingua madre di molti parlanti, che apprendevano l'italiano a scuola. Oggi la situazione è assai diversa e i dialetti non sono mai l'unica lingua parlata in famiglia. Anche nelle aree dove i dialetti mantengono una forte vitalità, i parlanti sono bilingui (italiano-dialetto).

Anni fa si guardava all’esperanto come alla lingua dei popoli. Ora non se ne parla più. Un concetto sbagliato, superato o cosa?
L'esperanto nasce da un'idea motivata da un forte anelito di uguaglianza sociale, ma assai poco realistica. Sebbene oggi circa 1.600.000 persone in 120 paesi parlino questa lingua, la sua diffusione universale pare difficilmente realizzabile, anche a causa della sua natura linguistica totalmente pianificata, perciò priva di trasmissione familiare (infatti solo poche centinaia di persone secondo Ethnologue la parlano come madrelingua).

Parlando di lingue non si può non fare un riferimento a Tullio De Mauro, che purtroppo è mancato poche settimane fa. Ci vuole lasciare un pensiero sull’importanza del lavoro di questo grande linguista italiano?
La pagina dedicata alle minoranze linguistiche sul sito di UniTrento si apre proprio con un'affermazione di Tullio De Mauro. La riporto qui come testimonianza della stretta connessione tra lingua e società, che è stata oggetto di indagine nella maggior parte dei suoi lavori: «Assistiamo oggi alla crisi forse definitiva del monolitismo linguistico. […] Nuovi spazi e nuovi compiti si offrono alla vita delle lingue meno diffuse, e più in generale alla più completa affermazione dei diritti linguistici umani.» (Crisi del monolitismo linguistico e lingue meno diffuse, LIDI 1,1, 2006, p. 11)