Vista del Monte Bondone da Mesiano attraverso l'installazione Itaca. Foto di Sara Favargiotti. 

Eventi

PAESAGGIO A PAROLE

Il concetto di paesaggio nella progettazione di spazi vivibili e attrattivi

14 novembre 2017
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PAESAGGIO A PAROLE
di Sara Favargiotti
Ricercatrice del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica dell’Università di Trento.

Il paesaggio è un racconto a più voci, plurale, dinamico, evolutivo e collettivo, che nasce da una percezione individuale, una condizione temporanea, un’intuizione soggettiva o ancora un’emozione primordiale, per poi esprimere identità e valori comunitari. 

Spesso capita di esclamare “Che bel paesaggio!” davanti a un panorama, come ad esempio una vista mozzafiato dall’alto di una montagna, un tratto di costa, un tramonto oppure di fronte a uno skyline urbano; più raramente ci si sofferma a riflettere su cosa sia effettivamente il paesaggio. Ad alcuni verrebbe subito in mente la visione gradevole di una porzione di natura, preferibilmente incontaminata, ad altri, invece, una parte di città ricca di cultura e sovrascritture storiche, ad altri ancora i luoghi della vita quotidiana. Sicuramente, raggiungere una definizione comune e precisa di cosa sia il paesaggio è meno semplice di quanto si possa pensare. A questa indeterminatezza si aggiunge un contesto socio-economico e culturale in cambiamento. 

Nell’ultimo decennio, istituzioni europee, così come quelle locali, mostrano una sensibilità sempre più marcata e condivisa verso una nuova dimensione ecologica dove il paesaggio ritorna al centro. La malinconia per un ambiente naturale che è stato gravemente contaminato, unita alla scarsità di risorse rinnovabili sta sensibilizzando le persone. Anche gli eventi naturali estremi e i cambiamenti climatici (tra cui inondazioni, siccità, inquinamento dell’aria, riduzione dei ghiacciai, ondate di calore, che colpiscono anche il territorio trentino) contribuiscono a diffondere un approccio che cerca di recuperare e compensare ciò che è stato distrutto. Ci si sta allontanando dall’atteggiamento moderno di dominazione e sottomissione dei territori che ha caratterizzato i decenni precedenti e diventa predominante il dovere di rimediare ai danni causati da diverse generazioni precedenti e inconsapevoli. È un cambiamento globale che necessita di essere ricodificato con nuovi strumenti perché lavora su materiali urbani poco esplorati, spesso molto complessi e allo stesso tempo percepiti come un peso: aree industriali e cave abbandonate, infrastrutture dismesse e obsolete, ma anche complessi residenziali incompiuti o mai utilizzati, villaggi degradati, aree idrogeologiche e riserve naturali compromesse dall’idea che lo sviluppo coincidesse con l’urbanizzazione.

A tutto questo risponde la Comunità Europea, con la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000, che prevede la salvaguardia e la valorizzazione di tutti i paesaggi, indipendentemente da prestabiliti canoni di bellezza o originalità, definisce politiche e obiettivi strategici e, infine, dispone i provvedimenti in tema di riconoscimento e tutela del paesaggio. Ritornando alla questione posta in apertura, la Convenzione ci aiuta anche nella definizione di paesaggio. «“Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni». Questo riporta al centro la dimensione soggettiva dell’uomo, la percezione individuale e quindi le relazioni tra individui, luoghi, memoria e natura. Se ci trovassimo a scegliere una sola parola per descrivere la nostra idea di paesaggio, si aprirebbe un ventaglio di definizioni che esprimono le molteplici identità del paesaggio, non solo come giudizio estetico ma attraverso una sua declinazione prestazionale. 

Se riguardiamo la città in questa prospettiva, si possono individuare una moltitudine di opportunità per la rigenerazione e per il miglioramento dei nostri territori. La capacità di una città di trasformarsi nel tempo per essere adattiva e ibrida significa lavorare attraverso i cicli di vita dei suoi elementi urbani e naturali, dove gli stessi spazi verdi possono essere pensati per la sensibilizzazione dei cittadini ai temi ambientali. Progettare nel e per il paesaggio significa anche pensare a soluzioni più flessibili che si adattino ai fenomeni che si verificano, creando spazi performanti e resilienti. L’integrazione di componenti naturali nello spazio urbano ha infatti un rapporto costi-benefici più elevato perché consente di raggiungere trasversalmente benefici ambientali, sociali ed economici. In questo modo il territorio diventa più smart perché resiliente, responsivo, adattivo, ma anche più vivibile e attrattivo, dove il paesaggio racconta quello che siamo e, in molti modi, quello che diventeremo.

Il testo rielabora e approfondisce alcune riflessioni emerse durante il racconto plurale “Voci alterne sulle molteplici identità del paesaggio” presentato in occasione della Notte dei Ricercatori 2017 a Trento, con la partecipazione di Alessandro Betta, Anna Codemo, Giulia Garbarini e Cristina Pedersoli del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica dell’Università di Trento.