Maurizio de Giovanni. Foto archivio Università di Trento

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IL GIOCO DI SQUADRA

Intervista a Maurizio de Giovanni. Lo scrittore apre a Rovereto il ciclo d’incontri “Attraversamenti”

8 febbraio 2018
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di Marinella Daidone
Lavora presso l'Ufficio Web, social media e produzione video dell'Università di Trento.

È stato Maurizio de Giovanni ad inaugurare “Attraversamenti”, il ciclo d’incontri che porta a Rovereto scrittori contemporanei di pregio per dialogare con docenti, studenti universitari e con il pubblico, su temi che la psicologia e le scienze cognitive, da un lato, e la letteratura dall’altro, affrontano da differenti punti di vista.

Promosso dal Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, con il patrocinio del Comune di Rovereto, il ciclo è organizzato in collaborazione con l’associazione culturale Rapsodia LibriEventi. Gli incontri, uno al mese fino a maggio, si svolgono di venerdì pomeriggio e sono aperti alla cittadinanza. I prossimi appuntamenti ospiteranno Giusi Marchetta e Davide Reviati sul tema “Adolescenza ed educazione”, Anilda Ibrahimi sul tema “Migrazioni e identità”; con Giorgio Fontana e Simone Laudiero si parlerà di “Immaginari giovanili” e con Simona Vinci di “Altre menti e paure”. Un’anticipazione per la ripresa autunnale è la partecipazione di Donatella Di Pietrantonio, premio Campiello 2017 con L’arminuta

Ad aprire il ciclo con il tema “Il gioco di squadra”, uno scrittore di successo molto amato dal pubblico: Maurizio de Giovanni. Autore di romanzi, racconti, opere teatrali, tra i suoi libri più conosciuti, e premiati, ci sono i romanzi incentrati sulla figura del commissario Ricciardi, ambientati nella Napoli degli anni ’30, e il ciclo più recente dedicato a I Bastardi di Pizzofalcone. Pubblica con Einaudi e il suo ultimo libro s’intitola Souvenir (2017).
A margine dell’incontro gli abbiamo rivolto alcune domande.

Come definirebbe il gioco di squadra e quali sono le caratteristiche per fare un “buon” gioco di quadra?

Il gioco di squadra è l’interazione di un gruppo che condivide una finalità mettendo in comune le proprie capacità che devono essere chiaramente differenti: ognuno deve mettere qualcosa che gli altri non hanno. Quindi la finalità comune è la prima caratteristica, la consapevolezza delle peculiarità, e dar modo ognuno agli altri di sviluppare queste peculiarità, credo che siano le premesse necessarie di un valido gioco di squadra. Primario, per ottenere un gioco di squadra che abbia effetto, è che chi mette insieme gli elementi e assembla la squadra tenga conto di quello che ognuno può dare di diverso dagli altri. A livello collettivo l’utilità maggiore viene dalla diversità, quindi, paradossalmente, è la “diseguaglianza” l’elemento migliore per costruire una buona squadra. 

Al commissariato di Pizzofalcone lavora un gruppo eterogeneo di persone, ciascuno con i suoi problemi e i suoi fallimenti. Sembrerebbero i peggiori poliziotti della città e invece diventano i migliori. Come avviene questa magia?

I peggiori poliziotti della città diventano la migliore “squadra” di poliziotti della città. Elementi differenti, che presi singolarmente manifestano più debolezza che forza, ma che insieme, mettendo in comune le proprie debolezze e superando le diffidenze - il processo di superamento della diffidenza reciproca è l’argomento centrale dei primi libri dei Bastardi di Pizzofalcone -, riescono alla fine ad avere una forza comune molto maggiore della somma delle parti. Quindi la differenza, la diversità è nella squadra, che consente il superamento delle barriere personali e dei limiti individuali.

L’appellativo “Bastardi”, da “marchio d’infamia, difficile da cancellare” diventa un vanto. Dalle sconfitte, dalle crisi, si può tirar fuori la forza per riscattarsi? Come ci riescono i suoi personaggi?

Io credo che “solo” dalle sconfitte si può trovare la forza di rialzarsi, se non si cade non si avrà mai la forza sufficiente al superamento delle crisi: gli anticorpi provengono dal contatto con le malattie ed è nella lotta, nella battaglia che si sviluppa la forza personale. Non credo che esista la possibilità di sviluppare una forza senza sperimentarla nella competizione. Il peso che hanno alla base i “Bastardi” è quello di sostituire una squadra che era colpevole, ma non solo quello. Individualmente il peso che portano deriva dalla condizione personale di essere stati estromessi dalle proprie carriere per delle macchie che nella totalità dei casi sono macchie riconosciute, ma non reali. Sono persone che hanno fatto quello di cui sono accusate, ma a volte le condizioni esterne e i contesti costringono a dei comportamenti che non sarebbero comportamenti spontanei. Quindi direi che il superamento delle negatività personali è l’argomento principale per questa vittoria, per questo passo avanti che fanno. 

Il rapporto tra genitori e figli è sempre presente nei suoi romanzi. Ce ne può parlare?

Il rapporto tra genitori e figli è assolutamente basilare nella formazione delle persone, ma anche nella formazione della società. La cellula primaria, la famiglia, è un modello al quale non si può fare a meno di attenersi per tutta la vita. Così come le imperfezioni, le violenze, gli abusi costruiscono delle tare che ci portiamo dietro per sempre, allo stesso modo i dialoghi, gli aiuti, l’affetto, la tenerezza offrono delle meravigliose opportunità che noi possiamo portare avanti. Credo che in ogni forma di narrativa vada tenuta nella corretta considerazione la famiglia, soprattutto per chi come me si occupa e racconta di omicidi passionali. Il delitto passionale deriva dalla gestione errata di un sentimento, che ha sempre una radice familiare e che fatalmente a un certo punto diventa esplosivo. 
È stato detto che un numero enorme, in percentuale oltre l’80%, di chi compie abusi e violenze sulle donne ha a sua volta subito abusi. Questa è un’indicazione precisa. Chi subisce abusi se li porta dietro come un contagio, come una malattia e quindi occorre alzare la guardia sulla famiglia, su quello che succede, controllare, non ignorare i segnali. Pensiamo alla cronaca di questi giorni. La ragazzina di Cassino che ha scritto il tema che ha dato luogo alla scoperta dell’abuso e poi alla la tragedia del suicidio del padre è un esempio. Se non ci fosse stato quel tema quella bambina avrebbe continuato a subire abusi, lei e le sorelle, in silenzio e per sempre. Quindi dare il coraggio per il superamento di questi abusi e fare una denuncia credo sia un obbligo sociale. Tutti noi siamo interessati a far sì che nelle famiglie non avvengano queste cose, quindi penso che la cronaca detti il comportamento della società. 

La saga dei Bastardi di Pizzofalcone continuerà?
Ho ancora almeno tre romanzi dei Bastardi da scrivere. Sono personaggi che hanno così tanto da raccontare. Proprio il fatto che non ci sia un solo protagonista ma siano in tanti consente di andare a guardare nelle case di ognuno con interesse. 

E quindi, è un gioco di squadra?
Sì, è soprattutto un “gran” gioco di squadra.