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Formazione

SPORT E INNOVAZIONE: COSA RENDE STABILE UNA BICICLETTA?

In Ateneo una lezione del professor Arend Leendert Schwab della Delft University of Technology

19 maggio 2016
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Francesco Biral
Andrea Zignoli
di Francesco Biral e Andrea Zignoli
Rispettivamente: professore associato del Dipartimento di Ingegneria industriale (DII) dell’Università di Trento; dottorando dell’Università di Verona e del Centro Ricerca Sport e Salute in Montagna (CeRiSM).

La bicicletta è un veicolo naturalmente instabile e contro-intuitivo come altri veicoli a due ruote (ad esempio la motocicletta), perché dotato di una dinamica particolare che richiede di girare il manubrio nella direzione opposta a quella desiderata per iniziare una curva. Ad esempio, per sterzare a destra, si deve prima girare il manubrio a sinistra.

L’esperienza tuttavia ci insegna che le biciclette sono più facili da guidare se la velocità cresce (anche senza mani), e che ci sono biciclette più maneggevoli di altre. Da dove deriva questo differente comportamento? Quali sono le caratteristiche o i fenomeni fisici che rendono “naturalmente” stabile la bicicletta al di sopra di certe velocità (self stability)? Negli utimi 150 anni la dinamica della bicicletta è stata studiata sotto innumerevoli aspetti, fino ad indurci a pensare che l’argomento sia stato completamente esplorato. Questo non sembra essere affatto il caso: esigenze applicative moderne hanno dato impulso a migliori e più accurate rivisitazioni di vecchie teorie. In questo contesto può apparire strano come, negli anni 2000, siano stati pubblicati su rivista scientifica risultati originali sulla dinamica della bicicletta. 

Il professor Arend Leendert Schwab dell’Università di Delft (Paesi Bassi) fa parte dei protagonisti di questa rivisitazione scientifica e ci aiuta a chiarire uno storico dilemma: cosa rende stabile una bicicletta? Effetto giroscopico della ruota anteriore? Distribuzione della massa? Ruota anteriore sterzante? Schwab dirige un laboratorio di ricerca in cui studenti e ricercatori collaborano assieme alla risoluzione dei problemi. Essi applicano un approccio teorico sperimentale che li ha portati a realizzare delle pseudo-biciclette, ovvero delle biciclette senza alcuni elementi caratteristici considerati responsabili della self stability per verificare alcuni risultati teorici. Ecco così creato il prototipo e il modello di bicicletta in cui l’effetto giroscopico è annullato da una ruota controrotante all’anteriore, ecco creata la bicicletta con la massa condensata in un singolo punto trasferibile, ecco creata la bicicletta con sterzo perfettamente allineato. 

Scopriamo così che l’effetto giroscopico della ruota anteriore, fondamentale nella dinamica della motocicletta, assume un ruolo marginale nella bicicletta in cui invece domina il rapporto e posizione delle masse in gioco. La distribuzione della massa dell’avantreno (sostanzialmente la forcella anteriore) e la sua azione attorno allo sterzo fanno sì che la bicicletta sia condotta a cadere proprio in modo da spostare il punto di contatto al suolo e quindi riequilibrare il sistema. Questo è proprio quello che facciamo noi ogni giorno quando guidiamo una bicicletta: “facile”, ma allo stesso tempo controintuitivo.

Possiamo applicare le nostre nuove conoscenze rivisitate al mondo reale, allargando la zona di stabilità del mezzo? Indubbiamente questo aspetto rappresenta la ricaduta principale tendendo anche conto dell’ingresso nel mercato delle biciclette elettriche dotate di soluzioni costruttive diverse (es. trazione alla ruota anteriore) e relativi nuovi problemi di instabilità indotti. Sono stati sperimentati anche controlli automatici applicati a biciclette steer by wire (sterzo a controllo indipendente) al fine di ridurre gli incidenti provocati da caduta senza collisione che arrivano a costituire anche il 75% del totale degli incidenti in cui sono coinvolte biciclette. 

Rimane il fatto che l’essere umano mantiene un ruolo fondamentale in questo tipo di veicoli in quanto la naturale stabilità non è garantita in tutte le condizioni e quindi è indotta dalle azioni di chi la guida. È necessario quindi studiare l’interazione tra il ciclista e la bicicletta per capire come è possibile migliorarla ai fini di renderla più sicura e facile da guidare. Anni di esperienza nel settore hanno permesso a Schwab di confrontarsi anche con atleti professionisti alle prese con manovre al limite. Recita un vecchio proverbio: “non si può vincere il Tour de France in discesa, ma lo si può sicuramente perdere”. Dagli studi del gruppo di ricerca guidato da Schwab, emergono interessanti indicazioni circa le tecniche preferite e strettamente personali con le quali i ciclisti professionisti affrontano le curve al limite e come il modo di frenare, specialmente in discesa e in curva, possa fare la differenza. 

Il professor Arend Leendert Schwab è stato ospite dell’Università di Trento lo scorso 12 maggio dove ha tenuto un seminario su “Art and Science of Bicycling”. L’incontro è stato organizzato dal Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Trento e dal Centro Ricerca Sport Montagna e Salute (CeRiSM).
Arend L. Schwab gestisce un laboratorio di dinamica presso la Delft University of Technology dove insegna meccanica, dinamica avanzata e matematica applicata. I suoi interessi di ricerca vanno dalla pura dinamica dei corpi rigidi fino alla dinamica dei corpi flessibili, ai sistemi multi-body, ai controlli automatici, all’ingegneria applicata allo sport (in particolare ciclismo e pattinaggio su ghiaccio). Il suo lavoro sulla dinamica della bicicletta ha avuto inizio nel 2002-2003 presso il laboratorio di Andy Ruina (Cornell University, USA) ed è stato pubblicato anche su Science.