Immagine di Davide Barbini, archivio Università di Trento

Formazione

LA GRANDE GUERRA COME GUERRA GLOBALE

La lezione del professor Oliver Janz della Freie Universität Berlin apre il ciclo di conferenze dedicate al conflitto mondiale. Prossimo appuntamento mercoledì 8 ottobre

7 ottobre 2014
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Francesco Frizzera
di Francesco Frizzera
Dottorando in Studi umanistici dell’Università di Trento.

Lo scorso 24 settembre all’auditorium del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento si è tenuta la prima lezione del ciclo di conferenze “La Grande Guerra. Storia e storie”, in occasione del centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale.

Il ciclo, che comprende 10 incontri e si concluderà il 20 maggio 2015, è stato promosso dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Ateneo in collaborazione con Iprase Trentino, con il contributo della Provincia autonoma di Trento e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Unità di missione per i grandi centenari. 

Il primo incontro ha focalizzato l’attenzione sull’aspetto globale della Grande Guerra attraverso la lezione tenuta da Oliver Janz, professore di storia contemporanea presso la Freie Universität Berlin.
Janz, che può essere considerato uno dei più profondi analisti degli aspetti transnazionali del conflitto, è autore del volume “14. Der große Krieg” (Frankfurt am Main, Campus, 2013) e coordina il maggior progetto enciclopedico attualmente in preparazione sulla Prima guerra mondiale: “1914-1918-online. International Encyclopedia of the First World War.”

Il tema solo a prima vista può sembrare banale. Il conflitto è entrato ormai da tempo nella narrazione pubblica col nome di Prima guerra mondiale e quindi si ritiene scontato che sia stato un conflitto di dimensioni mai viste in precedenza, dimenticando che la Grande Guerra è stata letta dalle storiografie europee semplicemente come un conflitto europeo. 
Tuttavia, il quadro in realtà è molto più sfaccettato. Il concetto di “guerra mondiale” non nasce, infatti, con la Grande Guerra, ma, secondo paradigmi storiografici differenti, può essere applicato anche a conflitti precedenti. Non è la prima volta che si combatte su due continenti contemporaneamente; non è la prima volta che si scontrano più potenze con estesi imperi coloniali; non è la prima volta che paesi extraeuropei entrano in conflitto con paesi europei o si schierano a fianco di essi. Ciò che muta, secondo l’interpretazione fornita da Janz, è una congerie di fattori finora passati in secondo piano, che fanno della Grande Guerra un conflitto per la prima volta veramente globale.

In primo luogo, la guerra non coinvolge solo forze europee, ma anche direttamente le popolazioni delle colonie. L’impero francese, ad esempio, mobilitò più di 600.000 uomini, di cui 500.000 utilizzati in operazioni belliche in madrepatria; a questi dovevano aggiungersi quasi 200.000 lavoratori. Nel caso inglese le proporzioni si fanno ancora maggiori: l’India fornì infatti alla madrepatria 1.700.000 soldati, molti più di quanti ne mobilitò la Serbia o la Romania, ed ebbe più perdite dell’esercito belga. Nel caso inglese infine la partecipazione alla guerra diventò per le popolazioni di alcuni dominions un fattore identitario: canadesi, neozelandesi e australiani trovarono nel contributo bellico un mito fondativo della propria percezione nazionale.

Se la guerra vide l’intervento anche di soldati provenienti dalle colonie, non va dimenticato che fu combattuta anche fuori dall’Europa. Si combatté a Gallipoli (Turchia), in Armenia, in Mesopotamia, in Nord Africa, nell’Africa Orientale tedesca e in Estremo oriente, dove il Giappone prese possesso delle isole tedesche del Pacifico e acquisì importanti sezioni di territorio cinese. Per citare solo un esempio, l’Impero Ottomano mobilitò 3 milioni di uomini, perdendone circa 800.000, a cui si devono aggiungere 400.000 feriti e 250.000 prigionieri.

A rendere globale il conflitto, secondo Janz, è inoltre il fatto che almeno tre potenze extraeuropee vi abbiano preso parte in modo attivo, tentando di sfruttarlo per raggiungere i propri obiettivi regionali. Si tratta di Giappone (800.000 mobilitati), Stati Uniti (4.250.000 mobilitati) e Impero Ottomano. 

Un altro elemento analizzato da Janz per definire la globalità del conflitto riguarda le conseguenze che questo provocò nella mentalità di popolazioni di paesi neutrali, anche se molto distanti dall’Europa: è il caso dell’America Latina, dove le notizie del conflitto portarono a una delegittimazione delle élite borghesi filo-europee e a un mutamento dei meccanismi finanziari dell’area, favorendo gli Stati Uniti.