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Formazione

STRATEGIE PER UN APPRENDIMENTO DI QUALITÀ

Il Dipartimento di Lettere e Filosofia ha proposto un’attività laboratoriale per la redazione del Piano di sviluppo individuale

17 novembre 2015
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Olga Bombardelli
Catia Civettini
di Olga Bombardelli e Catia Civettini
Rispettivamente professoressa ordinaria di Pedagogia e dottoranda in Studi Umanistici del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Ateneo.

La nostra società della conoscenza e dell’informazione richiede competenze sempre più elevate e consapevolezza dei percorsi di apprendimento. Ciò pone sfide complesse alle istituzioni formative e si rendono necessari strumenti e strategie nuovi.
Una formazione di qualità, anche a livello di studi terziari, è il vero motore di progresso, ma in Italia molti giovani si perdono già alla fine del primo anno di studi universitari, con conseguenze negative a livello individuale, sociale ed economico. Seguendo questo filo di pensiero il 27 ottobre scorso, presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è stata proposta l’attività laboratoriale “Redigere un Piano di sviluppo individuale” (docenti Olga Bombardelli e Catia Civettini), introdotta il 26 ottobre da un incontro teorico sul tema (docenti Liliana Dozza e Gina Chianese).

Il Libro Bianco su Istruzione e Formazione, pubblicato nel 1995 dalla Commissione europea, dichiara il suo intento già nella formulazione del titolo: "Insegnare e apprendere. Verso una società conoscitiva". Ciò comporta la consapevolezza di una mutazione delle competenze necessarie per accedere e permanere nel sistema della conoscenza e in quello lavorativo. Il Libro Bianco porta l’attenzione sull’importanza di determinare alcune competenze chiave, definite poi nel 2006, e parallelamente sottolinea la necessità di individuare strumenti utili alla loro acquisizione, valutazione e certificazione.
Una dimensione particolarmente importante e delicata è quella dell’autovalutazione delle competenze stesse, da intendere quale strategia di sviluppo: la consapevolezza circa il proprio percorso formativo è un passaggio pedagogico ed evolutivo importante, che consente all’individuo di apprendere dalla propria esperienza e di costruire attivamente la propria identità personale e professionale. Certo è che un tale processo autovalutativo necessita di strumenti adeguati e soprattutto di feedback realistici ed esperti.

In questa articolata cornice è stato concepito il “Personal Development Plan” (PDP), conosciuto nel nostro Paese come “Piano individuale di sviluppo”. In Inghilterra, quando nel 1997 compare per la prima volta in ambito formativo, intende concretizzare una raccomandazione nazionale, con la quale si suggerisce alle istituzioni di istruzione terziaria di concepire un progress file articolato in due elementi: una parte nella quale lo studente possa registrare gli apprendimenti e un’altra in cui strutturare un processo di pianificazione dello sviluppo individuale. 
Ne consegue la logica necessità di pensare alla figura di un tutor che rinvii allo studente gli indispensabili feedback, che lo aiutino a “fare compito di realtà” nella costruzione del proprio percorso di formazione.

Il Piano Individuale di Sviluppo, in diverse versioni e strutturazioni, è attualmente strumento operante in molte università europee e rivela la sua utilità, in particolar modo, quale attivatore di un processo di riflessione critica sui propri “itinerari” di sviluppo, sulle strategie di apprendimento assimilate e messe in campo e sulla relazione tra competenze acquisite, quelle in via d’acquisizione e lavoro futuro. Il confronto con il tutor affianca il processo attivato dallo strumento: importante momento in cui sostegno e incoraggiamento ricordano che la costruzione della propria identità professionale e personale è sempre co-costruzione. Il PDP aiuta a “entrare” attivamente e consapevolmente nel proprio percorso di formazione e nei personali processi di apprendimento per personalizzarli, pianificarli, indirizzarli e, soprattutto, sostenerli nei momenti di difficoltà. Utile strumento-processo di cui l’università può avvalersi, unitamente ad altre strategie, per ridurre l’abbandono precoce degli studi. I risultati dei lavori dell’iniziativa si rivelano molto promettenti.