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Formazione

DIMMI COSA (E QUANDO MANGI) E TI DIRÒ IN COSA CREDI

La tutela della libertà religiosa alimentare tra diritti e mercati

24 novembre 2015
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Erminia Camassa
di Erminia Camassa
Professoressa ordinaria in Diritto ecclesiastico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.

La maggior parte delle religioni attribuisce al cibo tali e tanti significati da giustificare la predisposizione di regole che riguardano l’assunzione o il divieto di assumere determinati alimenti, le modalità della loro preparazione, ma spesso anche l’astinenza da alcuni cibi o il digiuno. Ogni fedele che voglia rispettare le regole alimentari si potrà naturalmente trovare in difficoltà, soprattutto nel caso in cui viva in un contesto molto differente da quello - anche geografico - nel quale quelle regole hanno trovato origine. La necessità di “conoscere e capire” il diritto delle religioni, in particolare quelle più lontane dalla tradizione giudaico-cristiana, è un bisogno oggi più che mai sentito ed impellente.

Garantire a tutti gli individui la possibilità di rispettare le norme alimentari previste dal proprio credo è una sfida che solo recentemente la nostra società ha iniziato ad affrontare consapevolmente. Se è indubbio che le scelte alimentari contribuiscano a definire l’identità religiosa dei fedeli, nutrimento per il corpo e per l’anima, lo è parimenti il fatto che adeguare la dieta personale alle regole alimentari stabilite dalla propria fede sia una forma di esercizio del diritto di libertà religiosa, e in quanto tale è oggi tutelata nei paesi democratici. Non mancano però i problemi che questa tutela può generare, specie nelle nostre società caratterizzate da una crescente presenza multi religiosa, anche per i contrasti collegati alle interazioni e ai possibili conflitti fra le norme religiose alimentari e le norme civili. 

Nel seminario è stato evidenziato come vi sia un lento ma costante aumento di attenzione da parte del legislatore italiano - e non solo - per questa tematica. Gradualmente si è giunti alla consapevolezza che il riconoscimento della facoltà di adeguare le proprie scelte alimentari a quanto stabilito dal credo di appartenenza, sia da intendere come uno degli elementi che strutturano l'esercizio della libertà religiosa, ma a tale consapevolezza, tuttavia, non ha fatto seguito una normazione organica e completa che abbia dato una risposta alla richiesta di avere menù e marchi alimentari religiosi. Eppure, come ha dimostrato il professor Chizzoniti nell'ultima parte del seminario, la situazione, con riferimento al profilo economico-commerciale, si configura inequivocabile: il mercato alimentare religioso, infatti, sarà sempre più caratterizzato dalla domanda di cibi con certificazione garantita (siano essi puri secondo gli islamici, ossia halal, o secondo gli ebrei, cioè kosher) e a livello globale è stata statisticamente prospettata una crescita pressoché esponenziale di questa specifica offerta. Tra diritto, cibo e religione, insomma, il cittadino-fedele si rivolgerà al Mercato: “ Dacci oggi il nostro pane quotidiano, purché sia certificato”.

​Il 16 novembre scorso il professor Antonio Giuseppe Chizzoniti, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Piacenza), ha tenuto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento il seminario di approfondimento La tutela della libertà religiosa alimentare tra diritti e mercati​. Il seminario, organizzato all’interno del corso di Diritto ecclesiastico, è stato introdotto dalla professoressa  Erminia Camassa.