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Enogeografie. Itinerari geostorici e geografici dei paesaggi vitati, tra pianificazione e tutela ambientale

di Nicola Gabellieri, Arturo Gallia, Eleonora Guadagno

23 giugno 2023
Versione stampabile

Questo volume propone un viaggio nel tempo e nello spazio: attraverso tre casi studio (la Provincia di Trento, il Lazio e la Campania) presenta una ricostruzione della lunga e densa storia dei paesaggi rurali vitati, un’analisi delle esternalità positive sociali e ambientali della loro coltivazione e una valutazione dei processi di eno-heritaging in atto. Vini e viti come beni culturali e colturali: attorno a questo riconoscimento gravitano le riflessioni sulle concrete modalità di salvaguardia del patrimonio storico, rurale e ambientale, sulla necessità di superare il concetto di «tradizionale» con opportuni approfondimenti geografico-storici analitici, sulle opportunità di uno sviluppo per le aree rurali effettivamente rivolto a perseguire la sostenibilità socio-ambientale per individuare problemi e potenzialità alle diverse scale di governo del territorio. Le considerazioni, le proposte e le osservazioni sviluppate in questo testo traggono la loro origine dalla lettura critica di due recenti atti normativi che riqualificano quello che è divenuto uno dei settori produttivi strategici del Paese e che sanciscono l’esistenza di un legame tra prodotti – gli uvaggi e i vini corrispondenti – e paesaggi rurali. Il valore si trasferisce così dal prodotto-vino al territorio o, piuttosto, a quegli elementi paesaggistico-territoriali – i vigneti – a cui viene attribuito valore come patrimonio e come presidio di tutela del territorio.

Nicola Gabellieri è ricercatore presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento
Arturo Gallia è ricercatore presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre
Eleonora Guadagno è ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Napoli «L’Orientale»

Dall'Introduzione (pag.17-19)

Come osserva Pavese, infatti, un vigneto può essere considerato come il frutto del lavoro di una società umana che addomestica e coltiva un appezzamento con funzioni di approvvigionamento alimentare o produzione per il mercato: in questo senso, per secoli la presenza o meno di vigne è andata di pari passo con la diffusione degli insediamenti, almeno nell’orbita mediterranea. I modi di allevamento, le varietà selezionate, le sistemazioni del suolo sono il riflesso di conoscenze e pratiche, e pertanto un paesaggio vitato è innanzitutto il prodotto di un corpus di saperi, esperienze e produzioni capaci di permeare e connotare una specifica località.
Il paesaggio vitivinicolo assume così un duplice valore trascalare: da un lato è espressione di quella lunga storia di dialogo e interrelazione tra società e ambiente che connota le vicende umane; dall’altro, assume tratti specifici in base ai determinati meccanismi regionali, subregionali, locali e topografici in cui è localizzato. Da questi elementi socio-ambientali che non sono alienum, ma in cui affondano le materiali e metaforiche radici delle viti, nascono le caratteristiche organolettiche uniche di ogni prodotto enologico. A ciascun vino corrisponde un paesaggio differente e viceversa, in una relazione biunivoca che conferisce unicità e valore culturale e ambientale a ogni singolo prodotto. In questa ottica, osservare il «paesaggio» significa, soprattutto, capire il territorio e i suoi abitanti (Cassi e Meini, 2010, p. 9; Corna Pellegrini, 2010).
Secondo le stime dell’Istituto italiano di statistica (ISTAT), nel 2020 le aree a coltura viticola nel nostro paese erano estese per circa 700.000 ettari. Assumendo forme e strutture diverse nei vari angoli della Penisola, tali superfici compongono uno straordinario mosaico di paesaggi vitati (Mazzanti, 2017; 2021). Di questi, tre siti – Le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene; il Paesaggio vitivinicolo del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato; Portovenere, Cinque Terre e le isole (Palmaria, Tino e Tinetto) – sono stati riconosciuti come patrimoni dell’umanità da parte dell’UNESCO. A livello nazionale, regionale e locale sono state inaugurate da decenni numerose e diverse iniziative – come gli Itinerari del vino, i Musei del vino e le Strade del vino – atte a promuovere e valorizzare congiuntamente il prodotto vino e il paesaggio che lo ha prodotto (Pazzagli, 2014; 2020, pp. 121-127). Tanto viticoltura ed enologia sono ormai universalmente riconosciute come patrimonio del Paese, quanto i paesaggi vitivinicoli e i prodotti sono espressione delle sue caratteristiche geografiche e delle sue vicende storiche. Proprio questo attributo di storicità concorre ad aumentarne pregio e valore agli occhi di fruitori e visitatori. 
Il presente volume, frutto di sguardi incrociati su uno stesso tema, nasce per riflettere su questo processo in itinere di valorizzazione, anche in considerazione delle pratiche di tutela dell’ambiente contro il degrado paesaggistico e della resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici in atto. Punto di partenza della riflessione è un ben preciso passaggio normativo: il riconoscimento delle categorie di vigneti «eroici» e «storici». Tale certificazione segna un nuovo passo in un lungo percorso di patrimonializzazione: dapprima del prodotto vino, poi del suo terri¬torio di produzione, infine della sua tradizionalità, intesa come valore storico dei metodi di produzione e allevamento; e in quanto tale, del suo paesaggio. Questo riconoscimento è altresì l’occasione per riflettere sui processi attuali di sviluppo e gestione dei paesaggi agricoli, sui loro attestati di storicità e sul contributo che può apportare la geografia nelle sue declinazioni di approccio diacronico ai processi di costruzione materiale dei paesaggi, o di sguardo sincronico sull’attuale dispiegarsi dei fenomeni economici-produttivi delle aree rurali.
 

Dal Capitolo 5.1  Il vigneto come patrimonio tra «luogo della memoria» ed eno-heritaging (pag. 240)

Quali possono essere le conseguenze dei processi di territorializzazione sui paesaggi agrari, tra abbandono, industrializzazione e patrimonializzazione? Le risposte a questi problemi devono essere tradotte in indirizzi di politica territoriale sostenibile e durevole che non possono prescindere da analisi geografico-storiche, tra passato e presente, tra scala micro e macro (Quaini, 1992; Moreno e Montanari, 2008). Pur senza incorrere in ingenuità quali il mito del tradizionale e delle origini (Quaini, 1973; Nanni, 2021), la geografia può tentare di rispondere ai problemi del presente con una piena acquisizione analitica dei processi storici antichi e contemporanei. Dal momento che, come emerso, i concetti di patrimonio e di paesaggio culturale sembrerebbero porre importanti questioni applicative all’interno di una visione volta esclusivamente alla monumentalizzazione e alla fruizione estetica, occorre ripartire dalla scala locale, problematizzando le categorie generali e valorizzando la scala micro e i saperi locali, affinché il «bel paesaggio» diventi il prodotto di saperi e pratiche: da tempo la ricerca ha messo in luce il valore processuale di riconoscimento, selezione, tutela e salvaguardia del patrimonio.

Libro pubblicato in Open Access con licenza CC  BY-NC-ND 4.0