Ezra Pound, U.S. National Archives

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La libertà dell'intelligenza. Ezra Pound, un intellettuale tra intellettuali

a cura di Roberta Capelli, Alice Ducati

7 luglio 2023
Versione stampabile

Ezra Pound ha ispirato, con la sua amicizia e la sua produzione in poesia e in prosa, una vasta rete di letterati e studiosi in Italia e all’estero. I saggi raccolti in questo volume esemplificano i vari modi in cui Pound – come uomo, artista e critico – ha saputo dialogare con gli intellettuali della sua epoca, in presenza e a distanza, con la vita e con le opere: la corrispondenza frenetica e ramificata con maestri e allievi, artisti ed editori, importante quanto e più dei manifesti di poetica; la storia dell’amicizia con Carlo Linati, un sodalizio personale e professionale durato un trentennio, sostenuto dalle visite dello scrittore comasco nella casa del poeta americano a Rapallo; i molti rapporti intertestuali e le consonanze teoriche reciproche che legano l’opera di Pound e quella di Marshall McLuhan; l’appello pubblicato sul Corriere della Sera del 30 ottobre 1955, a nome di Giovanni Papini, e la petizione, promossa da Vanni Scheiwiller, per liberare Pound dal manicomio criminale; questo intreccio di idee, parole e fatti che percorre il Novecento è ricostruito anche su materiali inediti e testimonianze d’archivio per offrire uno spaccato delle diverse reazioni che la personalità di Pound, i suoi lavori e le sue visioni hanno saputo suscitare tra i contemporanei.

Roberta Capelli è professoressa presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento
Alice Ducati ha conseguito il dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento

Dall’Introduzione (di Roberta Capelli, pagg. 6-7)

Da capofila delle Avanguardie moderniste d’inizio Novecento a solitaria voce nel deserto di una terra guastata dal secondo conflitto mondiale, Pound si è messo o si è trovato al centro di una rete intricatissima di relazioni di lavoro e di amicizia, o anche semplicemente di scambio occasionale, che sarebbe impossibile ricostruire in maniera esaustiva, perché la sola corrispondenza si ramifica in cartoline e scritture avventizie, perché accanto alle citazioni esplicite sono disseminate allusioni criptate non sempre
intelligibili, perché l’influenza esercitata dai modelli – o come modello – non è sempre manifesta. Non è, tuttavia, infruttuoso seguire qualche pista ben delineata per cercare riscontro di alcune di quelle caratteristiche che rendono Pound uno degli intellettuali più importanti del XX secolo; e il fatto che sia anche una delle personalità intellettuali più discusse, rispetto alla quale risulta difficile mantenere una neutralità di tipo ideologico o critico o estetico, conferma la sua fondamentale eterodossia, il suo costante agire e ragionare, persino nei periodi di involuzione biografica, in contrapposizione ai modelli di comportamento, agli ordinamenti simbolici, e agli assetti di potere esistenti.

Dal saggio di Manlio Della Marca (pagg. 33 e 37)

Se si ripercorre l’intero arco della traiettoria intellettuale di McLuhan, e si rileggono alcune delle sue opere e la corrispondenza con Pound alla luce di quanto detto finora, è possibile individuare numerosi momenti in cui l’eco delle sperimentazioni poundiane risuona negli scritti dello studioso canadese, a volte in maniera più esplicita a volte secondo modalità meno evidenti, ma non per questo meno significative. In quest’ottica, uno degli esiti più interessanti del dialogo a distanza fra Pound e McLuhan è probabilmente la nozione mcluhaniana di «tetrade»: uno «strumento euristico» in cui confluiscono vari aspetti di quello che nella parte iniziale di questo saggio ho chiamato il processo di «rifunzionalizzazione del metodo ideogrammatico» operato da McLuhan. […] Alla fin fine, quello che accomuna la tetrade, l’ideogramma e il mosaico è la ricerca di una struttura (forse sarebbe più accurato dire un medium) in grado di sostenere tecniche basate sulla giustapposizione radicale e simultanea di frammenti verbali, testuali e visivi, al fine di stimolare nel lettore modalità di fruizione multisensoriali, proiettando così l’Homo legens dell’Occidente alfabetizzato in un universo in cui il senso non si costruisce solo lungo le rassicuranti traiettorie lineari del pensiero logico-razionale, ma si dispiega in forme reticolari e analogiche. Un modus operandi alternativo alla linearità del sillogismo logico: «le mie parole non formano sillogismi», proclamava con impudente insofferenza Pound in Jefferson e/o Mussolini. Sono temi che ritroviamo anche nella corrispondenza di McLuhan con Pound, come dimostra [l]a lettera del 21 dicembre 1948.


Dal saggio di Maurizio Pasquero (pagg. 46, 63, 93)

Linati fu il primo esponente del mondo letterario italiano a interessarsi al poeta americano, ben prima che questi si trasferisse nel nostro Paese. In verità, Pound aveva incrociato il suo nome già nel lontano 1913, l’anno in cui lo scrittore comasco era salito a Londra per incontrare Yeats e concludere un accordo per la traduzione e la rappresentazione di alcune sue opere sui palcoscenici italiani. […] Anni dopo, in Memorie di un traduttore, prosaicamente, Linati scriverà di aver rinunciato a leggere i Cantos poiché li trovava... incomprensibili. Pound non parve risentirsi delle sue boutades e, anzi, mostrò di apprezzare l’attività critica e divulgativa che l’amico svolgeva in suo favore e, più in generale, verso la letteratura di espressione inglese. […] Quel bizzarro poeta incontrato nel 1920 era stato, per Linati, una vera rivelazione, il ponte tra la Vecchia America di Poe e Withman e le avanguardie letterarie novecentesche. A vent’anni di distanza, però, il «giovine faraone» di cui aveva narrato gli ardori non esisteva più, era in cammino verso nuovi e ardui percorsi che lo scrittore comasco non riusciva più a seguire. 

Dal saggio di Carlo Pulsoni (pagg. 108, 110, 163, 167-168, 171)

Il punto di partenza di questo mio percorso ha una data: domenica 30 ottobre 1955. Quel giorno esce nella terza pagina del Corriere della Sera, all’interno della rubrica Schegge, un articolo di Giovanni Papini dal titolo altamente simbolico, Domandiamo la grazia per un poeta. La data scelta per la pubblicazione non è casuale: quel giorno Pound compie settant’anni. […] Questa accorata Petizione, sollecitata dal poco più che ventenne Vanni Scheiwiller (da qui in avanti Vanni), ha il merito di far tornare in auge in Italia il caso Pound, come conferma l’uscita nell’arco di poche settimane di alcuni articoli che fanno il punto della situazione. […] La vicenda si chiude definitivamente a fine luglio, come testimonia la lettera del 31 luglio 1956 di Vanni a Solmi: «A Bressanone, con Valeri, ultimo atto del famoso APPELLO». […] Tutte le speranze naufragheranno con la lettera del 22 novembre, dove Valeri informa Vanni della risposta negativa delle autorità: «Caro Vanni, ecco la risposta americana alla nostra “supplica”. Me l’aspettavo; ma ciò non toglie che mi dispiaccia. Scriverai tu alla figliola, e comunicherai la lettera a Solmi. Poi, archivio». […] Gli immani sforzi di Vanni saranno ripagati, come è noto, solo l’anno seguente con il ritorno di Pound in Italia: egli potrà finalmente conoscere di persona il «Garibaldi» delle sue edizioni, del quale si affretterà a pubblicare alcuni testi per festeggiarne il rientro.

Per gentile concessione di Edizioni Ares