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La sovranita declinata. Studi sulla tradizione giuridica occidentale

di Christian Zendri

22 marzo 2024
Versione stampabile

Il volume affronta il problema storico della sovranità, e della sua storia nella tradizione giuridica occidentale, in maniera “indiretta”. Si tratta infatti di cogliere la sovranità in alcune delle sue differenti declinazioni, come risultato della relazione dialettica tra differenti punti di vista. Le contraddizioni tra le diverse prospettive passate in rassegna, e tra il contenuto positivo della nozione di sovranità e i suoi limiti, sono quindi funzionali alla migliore comprensione di una questione che è sottesa a ogni riflessione in materia di diritto pubblico e della sua storia, in quanto problema classico e quindi, per ciò solo, inesauribile.

Christian Zendri è professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento

Dal capitolo 5. Sovranità e cittadinanza. La condizione giuridica degli ebrei (pagg. 87-90; 108-109)

1. Una, nessuna, molte cittadinanze
Nella tradizione giuridica occidentale moderna, il problema della condizione giuridica degli ebrei si confonde, anzitutto, con la questione della loro appartenenza alla comunità dei cives, cioè con la questione dello status civitatis. Per molto tempo, un’importante storiografia ha sottolineato, direi unanimemente, l’appartenenza indiscussa degli ebrei [ …] al populus dei cives romani, e quindi il loro assoggettamento, in generale, al commune romanum ius. In anni molto recenti, peraltro, questa posizione è stata oggetto di discussione e precisazione […]
In sostanza, ciò che questa più recente storiografia sembra proporre, è la scissione della nozione di cittadinanza, di status civitatis, in una molteplicità di forme di appartenenza, o, se si vuole, di esclusione e di inclusione. Se si accoglie questa ipotesi, che è stata sviluppata autorevolmente in anni abbastanza recenti, il risultato non può che essere il fatto storico dell’esclusione degli ebrei, sulla base della loro appartenenza religiosa, dalla comunità dei cives, e la loro inclusione, conseguentemente, in un’altra comunità, quella degli stranieri, caratterizzata da un differente status, e quindi da un differente complesso di diritti e di doveri, fatti salvi naturalmente casi più o meno eccezionali.
D’altro canto, accedendo a quest’ipotesi interpretativa, occorre ammettere, coerentemente, almeno fino a un certo momento (in sostanza fino alla fine dell’Antico Regime), la mancanza di una nozione unificatrice di cittadinanza, di carattere universale. Occorre cioè pensare che non sia mai esistita, almeno de facto e fino al secolo XVIII, nella tradizione giuridica occidentale, una forma di appartenenza generale a un ordinamento giuridico e politico comune, fatta salva, naturalmente, la coesistenza di più status civitatis, di differente dignità e caratterizzati da differenti complessi di diritti e doveri, nella soggezione comune, eventualmente, a una stessa potestà.

2. Cittadinanza degli ebrei  o cittadini e basta?
Da quanto fin qui si è detto […] discende che il problema della condizione giuridica degli ebrei, nell’ambito di quell’esperienza che possiamo definire di diritto comune, vale a dire grosso modo tra i secoli XII e XVIII, è non solo, e anzitutto, il problema del loro status civitatis, ma, più in generale, il problema stesso dello status civitatis, della sua nozione e del suo carattere unitario ovvero plurale, e, se plurale, il problema del senso di questa pluralità, in relazione al paradigma del potere sovrano, nelle sue differenti declinazioni.
Detto altrimenti, e forse meglio, il problema della condizione giuridica degli ebrei assume un rilievo decisivo non solo, e non tanto, in quanto problema della storia ebraica, ma in quanto esso palesa le difficoltà e le contraddizioni della storia della cultura giuridica (e politica) occidentale […]
Quindi, e coerentemente con quanto fin qui si è detto, pare preclusa ogni possibilità di comprendere la storia della condizione giuridica degli ebrei, almeno nell’ambito che ci siamo qui prefissi d’indagare, se non come parte, rilevante perché, in qualche misura, radicale, di un problema più generale, quello dello status civitatis nella tradizione giuridica occidentale, e del suo carattere unitario ovvero plurale, e, se plurale, in che senso […]

6. Ancora fra secolare e spirituale
[...] La questione fondamentale, in realtà, è ancora una volta la relazione tra potestà (o sovranità) secolare e spirituale. Occorre ammettere che […] il civis romanus si trovò ad essere soggetto a un duplice ordine potestativo, a una duplice iurisdictio, a una duplice sovranità, facente capo a due distinte autorità [quella spirituale, vale a dire ecclesiastica, e quella secolare]. Si deve rilevare però un’anomalia […]: gli ebrei sfuggono a tale duplice soggezione. Se essi sono, infatti, soggetti in saecularibus al pari dei cristiani, a differenza di costoro, però, si sottraggono alla soggezione in spiritualibus. D’altro canto, i testi canonistici […] lo ammettono esplicitamente, e si limitano a parlare di una potestà indiretta della Chiesa sugli ebrei: in tanto la Chiesa può agire su di loro, in quanto agisce sui cristiani che con gli ebrei hanno rapporti. E, tutto sommato, si può dire che, se tali rapporti non esistessero, se davvero la separatezza degli ebrei fosse compiutamente reale, svanirebbe anche questa potestà indiretta [...].

Dal Capitolo 6. Sovranità, anima e corpo. Il battesimo invitis parentibus (p.148)

[…]
[In realtà, dunque,] la difesa dello status civitatis degli ebrei è difesa anche del medesimo status dei cristiani, e quindi, almeno dal punto di vista del diritto comune, di tutti. Proprio questo ne fa uno dei lasciti più preziosi del dibattito di ius commune alla tradizione giuridica occidentale moderna, qualcosa che contribuisce a rendere per sempre impensabile (ancorché non inattuabile come la “età della catastrofe” ha dimostrato) ogni privazione della libertà umana, e ogni riduzione dell’uomo stesso a cosa nella disponibilità di un altro uomo. Si tratta di una manifestazione dell’umanesimo del diritto caro a Francesco Calasso, di una di quelle cose di cui, come scriveva in anni sempre più tragici Marc Bloch, «desideriamo ancora vivere» .

Libro pubblicato in Open Access con licenza CC-BY-NC ND 3.0 e consultabile nell'archivio IRIS