Immagine tratta dalla copertina del libro.

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​L'omicidio stradale. Scelte di politica criminale e frammentazione del sistema

di Antonia Menghini

10 febbraio 2017
Versione stampabile

Dalla quarta di copertina
La monografia propone un’attenta analisi della nuova fattispecie di omicidio stradale introdotta con l. n. 41/2016, approfondendo la connessa tematica della guida in stato di ebbrezza e in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, anche con riferimento alle criticità legate al loro accertamento e al profilo dell’elemento soggettivo dell’ubriaco e dell’ebbro. L’autrice si interroga sulla reale necessità della riforma e sui profili di novità e indaga i possibili margini per il futuro di un’imputazione a titolo di dolo eventuale attraverso una lettura critica delle disposizioni ed uno studio puntuale delle posizioni che la giurisprudenza ha assunto nel tempo quanto al profilo di imputazione soggettiva. 

Antonia Menghini è professoressa di Diritto penitenziario presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento.

 Da Conclusioni. "Omicidio stradale: aliquid sub sole novi?" (pp. 169-171)

Molto è già stato scritto dalla dottrina e dagli operatori del diritto che si sono trovati a commentare in particolare gli ultimi provvedimenti normativi relativi a quello che oggi il legislatore del 2016 ha da ultimo definito “omicidio stradale”. [...]
Di tutta evidenza appaiono le reali ragioni che hanno portato all’approvazione della riforma del marzo del 2016: la richiesta di una risposta punitiva esemplare nei confronti di fatti gravi di forte presa mediatica appare infatti manifesta.
Abbiamo già altrove chiarito come, spesso, si sia tentato di legittimare la necessità della riforma anche alla luce delle ondivaghe posizioni assunte dalla più recente giurisprudenza non solo di merito, ma anche di Cassazione, di cui abbiamo dato ampiamente conto.
Si generalizzava in questo senso non poco una riflessione che dovrebbe invece mettere in luce come gli “sconfinamenti” della giurisprudenza in materia di incidenti legati alla circolazione stradale siano stati solo in parte ricollegabili ad un utilizzo improprio dello strumento penale, in questo caso dell’imputazione a titolo di dolo (eventuale), per scopi prima ancor generalpreventivi che repressivi.
Non si intende certo mettere in dubbio la riprovevolezza di determinate condotte e tanto meno il giusto ruolo che i parenti delle vittime hanno svolto nel reclamare una risposta sanzionatoria effettiva e proporzionata rispetto a fatti tanto gravi.
Gli interrogativi che ci poniamo sono in realtà diversi: ci domandiamo se la riforma fosse realmente necessaria e se la stessa abbia comportato dei significativi cambiamenti rispetto alla disciplina previgente e, in particolare, se la nuova formulazione metta effettivamente “al riparo” da un’eventuale imputazione a titolo di dolo eventuale.
Tutto ciò anche alla luce della considerazione più che condivisibile per cui una corretta lotta alla criminalità stradale è preferibile vada combattuta in prima istanza attraverso un’adeguata opera di sensibilizzazione, educazione e formazione dei cittadini, oltre che attraverso un massiccio investimento relativo all’azione di prevenzione e controllo delle forme di manifestazioni devianti nell’ambito della circolazione stradale.
Appare legittimo allora domandarsi se la riforma del 2016 abbia mutato il contesto di rifermento in maniera significativa e se essa porrà davvero fine alle incursioni operate dalla giurisprudenza sul terreno del dolo eventuale.
Ad ogni buon conto, la riforma sembra in effetti poco meditata e molte sono le sue incongruenze, sia di sistema sia interne al sottosistema delineato dal legislatore.

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