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IL DIRITTO IN MIGRAZIONE

a cura di Fulvio Cortese e Gracy Pelacani

25 ottobre 2017
Versione stampabile

Negli ultimi anni la “forza dei fatti” ha trasformato il diritto dell’immigrazione. La pressione che i confini statali hanno sperimentato per effetto di migrazioni sempre più intense non ha semplicemente determinato, sul continente europeo, l’aumento del numero degli stranieri. Ne è nata, infatti, anche una diffusa e trasversale riflessione sui modi e sugli strumenti di una riaffermazione dell’identità giuridica propriamente occidentale. Quella pressione, quindi, si è tradotta in una percezione sempre più diffusa e condivisa sulla necessità di un complessivo riallineamento, o aggiornamento, degli ordinamenti giuridici europei. È accaduto, così, che un settore frequentato unicamente da specialisti si è presto rivelato uno dei veicoli più significativi di evoluzione del diritto in senso lato, sia di quello nazionale, sia di quello internazionale, sia, ancora, di quello dell’Unione europea.
Il testo offre un’articolata panoramica di saggi, destinati a indagare il tenore e la profondità di questi cambiamenti e a misurarne le declinazioni nel sistema delle fonti del diritto, nella definizione dei diritti inviolabili dell’uomo, nei modi della tutela giurisdizionale e nelle sedi in cui l’ordinamento cerca di dare riconoscimento alle istanze di protezione avanzate da chi vi fa ingresso in quanto portatore di una apprezzabile differenza culturale. Gli interrogativi che animano tutti i contributi sono, in definitiva, comuni: che cosa cambia, di fronte alle migrazioni, del tradizionale Stato di diritto? E che cosa, invece, non può che restare doverosamente immutato? 

Fulvio Cortese è professore ordinario di Diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.
Gracy Pelacani ha conseguito il titolo di dottoressa di ricerca presso l’Università di Trento e insegna all'Università Pompeu Fabra di Barcellona.

Dalla Premessa.

[…] Il titolo prescelto – Il diritto in migrazione – è di per sé una “spia” del carattere biunivoco dell’approccio che ha caratterizzato la discussione animata dai seminari da cui hanno preso origine i singoli contributi. Nel diritto dell’immigrazione, così come si sta delineando e consolidando negli ultimi anni, e a fronte dell’intensificarsi del fenomeno migratorio verso l’Europa, ad essere “in movimento” non sono solo i soggetti che a vario titolo ambiscono a raggiungere nuovi territori e nuove condizioni di vita. L’impatto di tali migrazioni costringe anche il diritto degli Stati membri dell’Unione europea – così come il diritto dell’Unione europea – a “mettersi in viaggio”, a trovare forti e complesse motivazioni di trasformazione e di rielaborazione, se non di generale ripensamento. La crisi dei confini degli Stati – e più in generale del confine dell’Unione europea – si manifesta sempre più come crisi del confine dei rispettivi ordinamenti giuridici e dell’assetto che, conseguentemente, hanno tradizionalmente assunto alcuni istituti fondamentali. Il diritto dell’immigrazione, in definitiva, comincia a porsi non più come ambito preferenziale per una specializzazione disciplinare, ma come modalità di articolazione speciale e innovativa di interi segmenti della quasi totalità delle consuete discipline giuridiche (dal diritto internazionale al diritto dell’Unione europea; dal diritto costituzionale al diritto amministrativo; dal diritto penale al diritto privato; dal diritto processuale penale al diritto processuale civile; dal diritto di famiglia al diritto internazionale privato). In ciascuna di queste aree, la migrazione spinge operatori e interpreti a misurare la perdurante tenuta di principi e regole che finora, prevalentemente, guardavano allo straniero come ad un soggetto “eventualmente” o “eccezionalmente” rilevante; e che ora, invece, nella registrazione di un contatto sempre più frequente, sperimentano nell’elemento dell’“estraneità” un fattore di possibile cambiamento, con effetti rilevanti anche per l’effettività e la profondità delle garanzie offerte ai comuni cittadini. Anche il sottotitolo – Saggi sull’integrazione giuridica degli stranieri – ha un ruolo ben preciso, ed esso va al di là dell’avvertenza sulla natura collettanea del libro. Con ciò si allude alla scelta dell’espressione “integrazione giuridica” in luogo del ricorso al termine più comune di “integrazione”. L’opzione non è dovuta all’esigenza di marcare una differenza di metodo e di contenuto all’interno dei prodotti del medesimo Progetto di ricerca. Si è trattato, semplicemente, dell’opportunità di evitare dichiaratamente l’ambiguità del riferimento al solo vocabolo “integrazione”, specialmente in un contesto fortemente votato all’interdisciplinarietà. Quel vocabolo, nel dibattito comune, e nel sentire dell’opinione pubblica, assume spesso una funzione progettuale; vale, cioè, a funzionalizzare le riflessioni (e le azioni) sul fenomeno migratorio in ragione di un obiettivo di prevalente e piena assimilazione culturale. È un vocabolo, dunque, che tradisce una scelta di fondo. Viceversa, l’addizione dell’attributo “giuridica” consente di comunicare l’idea che il modo attraverso il quale si traguarda la naturale istanza di “incontro” e di “rispetto” che le migrazioni sollecitano non ha una finalità presupposta, ma si nutre prioritariamente, e scientificamente, delle sollecitazioni che emergono dalla considerazione del materiale normativo, della sua evoluzione e interpretazione, e delle sue eventuali carenze. Ciò che si è voluto privilegiare, dunque, nella ricerca è la segnalazione dei tanti ed eterogenei momenti in cui il diritto incontra il fenomeno migratorio e cerca di predisporre soluzioni adeguate alla gestione di simile incontro e delle conseguenze che esso può comportare per l’intero complesso delle regole di cui vive la comunità ospitante. Non è altro, questo, che un tentativo di sollecitare e veicolare, e ribadire, una precisa visione del contributo innanzitutto razionalizzante che il diritto può dare al problema dell’“integrazione”. Quanto all’ordine dei saggi, essi sono stati articolati in cinque diverse parti. La prima – Le migrazioni e i confini dell’ordinamento giuridico – riguarda il modo di porsi dell’ordinamento giuridico nazionale, come di quello europeo, di fronte al problema migratorio e alle tensioni che esso può generare sull’estensione delle tutele offerte da quegli stessi ordinamenti, concepiti anche nelle loro reciproche relazioni. La seconda parte – Le difficili rotte degli asilanti – assume un punto di vista diverso, quello del migrante, e più precisamente quello del richiedente asilo, visto, però, in diverse occasioni in cui la sua persona rischia di vedersi sistematicamente “respinta” dal sistema verso il quale chiede accoglienza. La terza parte – La regolazione dell’immigrazione – si propone di approfondire esplicitamente le modalità con cui il diritto nazionale si rapporta dinanzi alle migrazioni, ciò con specifica attenzione alla collocazione delle diverse “epifanie” del diritto dell’immigrazione nel sistema delle fonti e alle conseguenze che tale collocazione comporta sulla definizione delle relazioni tra quelle stesse fonti. La quarta parte – quella più “densa”: Gli stranieri e la giustizia – si avvale anche della testimonianza qualificata di alcuni magistrati e avvocati e si preoccupa di analizzare quale possa essere l’esperienza del migrante allorché viene a contatto con la giustizia (penale, civile, amministrativa): è un profilo che consente non solo di apprezzare quale sia la cifra (o il grado) dell’accesso che allo straniero è riconosciuto rispetto ai rimedi giurisdizionali offerti dall’ordinamento, ma anche di evidenziare quale sia l’intensità della tutela che gli viene di volta in volta offerta e quale sia il modo di porsi del giudice italiano dinanzi a controversie in cui venga in gioco il diritto dell’immigrazione. L’ultima parte – L’integrazione dei migranti tra ordine pubblico e identità culturali – è, al contempo, uno “sviluppo” della parte terza e un completamento della parte prima. Essa, infatti, si preoccupa di analizzare questioni che nascono dall’applicazione di istituti e principi votati a regolare e gestire il potenziale “scontro” tra le diversità che la migrazione mette reciprocamente in comunicazione. Come tale, quindi, questa parte pone le premesse per prossime ricerche sulla configurazione che tende ad avere lo Stato di diritto della tradizione europea dinanzi alla necessità di regolare il “dialogo” con soggetti portatori di culture e di esperienze anche assai lontane da quelle della comunità occidentale. In chiusura di questa premessa, è doveroso un ringraziamento ai coordinatori del Progetto LIL, a coloro che hanno partecipato al ciclo di seminari e agli incontri di cui i saggi qui raccolti intendono lasciare traccia visibile, e al personale amministrativo della Facoltà di Giurisprudenza, senza la cui pazienza e costanza l’itinerario di discussione e di confronto di cui è frutto il presente volume non avrebbe mai potuto trovare concreta realizzazione.

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Il presente volume è pubblicato anche in versione cartacea per i tipi di Editoriale Scientifica - Napoli (ISBN 978-88-9391-149-8).