Immagine tratta dalla copertina del volume

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VASSALLI, FEUDI, FEUDALESIMO

di Giuseppe Albertoni

11 maggio 2015
Versione stampabile

Gli studi su vassalli e feudi negli ultimi decenni hanno vissuto un profondo rinnovamento che ha messo in discussione la stessa legittimità del concetto di feudalesimo. Data la specificità di alcuni temi affrontati, tuttavia, i nuovi approcci faticano a uscire dalla cerchia degli specialisti. Superando tale barriera, il libro offre uno strumento aggiornato a chi voglia studiare feudi e vassalli medievali o sia curioso di comprendere quale sia stato il loro ruolo nella società medievale. Nella prima parte, sono presentati i principali modelli storiografici che hanno dominato per decenni gli studi sul feudalesimo e, nella seconda, è proposto un itinerario tematico nelle attuali linee di ricerca, scandito dalla lettura diretta delle fonti.

Giuseppe Albertoni insegna Storia Medievale presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia. Attualmente è vice coordinatore del dottorato in Culture d'Europa. Ambiente, Spazi, Storie, Arti, Idee e dirige l'unità di Trento del progetto prin Conflitti sociali, strutture parentali e comunità locali nell'Italia altomedievale (secoli VIII-XI).

Introduzione
Che cos’è il feudalesimo?
Una domanda con molte risposte

Gli studi su vassalli e feudi negli ultimi decenni hanno vissuto un profondo rinnovamento che ha messo in discussione la stessa legittimità dell’uso del concetto di feudalesimo. Essi sono stati e continuano a essere al centro di un vivace dibattito storiografico, ravvivato in modo particolare nel 1994 dalla pubblicazione del libro "Feudi e vassalli" della storica inglese Susan Reynolds (Reynolds, 2004). Data la specificità di alcuni temi affrontati, questo dibattito ha faticato e fatica tuttora a uscire dalla cerchia degli specialisti e a trovare adeguato ascolto nella cultura non accademica. Sui giornali, sulle riviste, nei programmi televisivi, nei discorsi quotidiani, infatti, il termine feudalesimo continua a essere usato in modo generico, per indicare ogni regime oppressivo, oscurantista, gerarchico. Nei libri di testo per scuole medie e medie superiori o in altre opere di divulgazione, al contempo, continuano a sopravvivere modelli storiografici a lungo abbandonati dai medievisti,
generando non poche frustrazioni in chi studia feudi e vassalli.

Lo storico statunitense Frederic L. Cheyette, per esempio, ha narrato la sua esperienza al ritorno da un convegno organizzato nel 2006 a Bergen, in Norvegia, nel quale alcuni tra i maggiori studiosi a livello internazionale si erano confrontati con le nuove prospettive di studio attorno al feudalesimo. Ebbene, una volta rientrato a casa, la moglie – un’insegnante di scuola media – gli narrò di aver sentito pochi giorni prima un ragazzo che si stava preparando per un’interrogazione di storia e ripeteva la frase: «l’invenzione del feudalesimo salvò l’Europa dai secoli bui». «Non è piacevole sapere – chiese ironicamente al marito – che gran parte del lavoro che hai condotto per tutta la tua vita non è servito a niente?» (Cheyette, 2010, p. 119, trad. mia).
Molte sono le ragioni che hanno portato a questo scarto crescente tra il feudalesimo del senso comune e quello degli studiosi, tanto che non pochi medievisti hanno proposto la drastica soluzione di eliminare il termine feudalesimo dalle opere di storia. Tra essi vi è anche Cheyette che, tuttavia, come abbiamo visto, si è dovuto confrontare con l’irrimediabile ingovernabilità degli usi linguistici. Se, pertanto, è impossibile, e forse anche illegittimo, eliminare il termine feudalesimo, sicuramente è possibile e legittimo provare a estendere al di fuori della stretta cerchia dei medievisti i principali esiti delle ricerche su vassalli, feudi e feudalesimo. È ciò che si propone di fare questo libro, nel quale il termine feudalesimo sarà impiegato in un’accezione minimale, per indicare il rapporto (e l’eventuale nesso) nelle pratiche economiche, sociali, politiche e giuridiche tra chi nelle fonti è definito come “vassallo” (vassus/vassallus) – o con termini che con un margine di sicurezza possiamo assumere come sinonimi di vassallo – e ciò che nelle fonti è definito come “beneficio” o “feudo” (beneficium/feudum). Quest’accezione di feudalesimo tiene conto del dibattito storiografico degli ultimi decenni sui principali modelli di feudalesimo che hanno dominato la medievistica nel corso del Novecento sino all’attuale frammentazione della ricerca. A essi sarà dedicata la prima parte del libro, nella convinzione che chi svolge un’indagine storica o chi, più semplicemente, si propone di studiare la storia debba essere consapevole della genesi dei concetti che impiega, contesta o che sono stati usati o posti in discussione da chi l’ha preceduto. In questa prospettiva cercheremo di comprendere in particolare come alcuni libri dedicati al feudalesimo – non solo grandi libri, ma anche libri imperfetti, forse per alcuni aspetti discutibili – abbiano orientato la ricerca, offrendo agli storici e ai lettori comuni strumenti di comprensione e di ricostruzione del passato talvolta solo in apparenza asettici e neutrali. Lo storico, d’altra parte, come ha messo bene in risalto Marc Bloch, uno dei maggiori medievalisti del Novecento, nella Società feudale – un libro a cui faremo spesso riferimento –, «non è affatto un uomo libero» (Bloch, 1987, p. 7). Non lo è sia per il motivo richiamato dal grande medievista francese – «del passato egli sa solamente quel che vuol confidargli » (ibid.) – sia per un motivo sottaciuto, di cui tuttavia era pienamente consapevole: come tutti gli “scienziati sociali”, per osservare e studiare il mondo anche gli storici lo devono pensare e categorizzare, impiegando dei concetti fondamentali spesso concepiti in periodi successivi a quello da loro indagato. È questo il caso del concetto di feudalesimo che, come gran parte delle idee guida della ricerca storica moderna e contemporanea – si pensi ai concetti di “Stato”, di “potere” o di “nazione” – fu elaborato a partire dai primi decenni del xviii secolo, in un’epoca di passaggio di particolare importanza per l’avvento della modernità (cfr. Benigno, 2013, pp. 11-2). 

Rispetto ad altre idee guida, tuttavia, quella di feudalesimo sin dal suo primo apparire nell’età dell’Illuminismo si caratterizzò per essere al contempo un concetto di analisi storica e una nozione del senso comune a forte valenza politica, destinata a definire – in antitesi al liberalismo e al liberismo – sia ogni regime politico odioso, tirannico e oppressivo, sia un sistema economico basato sull’agricoltura e dominato da un’aristocrazia fondiaria ereditaria (cfr. Guerreau, 2003, pp. 410-3; Sergi, 20052, pp. 43-9). Fu ingenerata in tal modo un’ambiguità per molti aspetti ancora oggi irrisolta.

Per gentile concessione di Carocci editore.