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Innovazione

Brevetti, 35 disponibili per lo sviluppo

Con Giuseppe Caputo (Divisione Valorizzazione e Impatto della Ricerca) tra invenzioni e nuovo codice della proprietà industriale

26 settembre 2023
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di Elisabetta Brunelli
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Terapie, dispositivi, processi. I brevetti pronti per diventare innovazione tecnologica e industriale sono 35. Dietro di essi c’è il lavoro di oltre un centinaio di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Trento. Artefici di almeno un’invenzione. Il dato emerge dal portafoglio titoli di proprietà intellettuale dell'Ateneo. Giuseppe Caputo, responsabile della Divisione Valorizzazione e Impatto della Ricerca, descrive l’attenzione dell’Europa e l’impegno di UniTrento per sostenere l’attività scientifica e promuoverne il trasferimento tecnologico. E spiega cosa cambia con la riforma del codice della proprietà industriale. 

Dottor Caputo, l’Ateneo di Trento è ricco di inventori e inventrici?

«Sì, sono oltre un centinaio i ricercatori e le ricercatrici di UniTrento che hanno dato vita a un’invenzione, a volte anche in collaborazione con afferenti ad altre istituzioni».

Quali sono le aree disciplinari più rappresentate?

«I più rappresentati sono i settori biotecnologico e farmaceutico, della robotica, della fisica quantistica e dei software. I brevetti disponibili per essere sviluppati dalle aziende sono 35 e riguardano terapie, dispositivi, processi».

In che modo un’invenzione può diventare brevetto?

«L’iter prevede vari passaggi. Innanzitutto il ricercatore contatta la nostra Divisione e ci sottopone una cosiddetta “invention disclosure”. Dopo una nostra istruttoria e l’avallo della commissione in materia di diritti di proprietà intellettuale dell’Ateneo, la domanda di brevetto viene depositata dall’Università designando come inventori i ricercatori componenti il gruppo di ricerca protagonista dell’invenzione. Per ottenere la concessione, sono necessari i requisiti di novità, inventività e applicabilità industriale. Il brevetto viene reso pubblico dopo 18 mesi dal deposito affinché il mondo scientifico e tecnologico lo possa valutare e possa fungere da ulteriore incentivo all’innovazione. Lo sfruttamento industriale, insomma, come leva per inventare cose nuove».

Da cosa dipende la dimensione territoriale di un brevetto?

«Dipende da dove viene depositata la domanda e in quali stati si intende validare il brevetto. Ogni nazione ha un ufficio brevetti e un brevetto è valido in uno stato se viene convalidato in quel paese. La concessione del brevetto dà il monopolio sul prodotto brevettato per 20 anni dal primo deposito».

Perché nell’elenco si vedono brevetti che valgono in più paesi?

«Perché esistono convenzioni tra gli uffici brevetti dei diversi paesi. Ad esempio, con un’unica domanda depositata in Italia, si può poi chiedere il riconoscimento del brevetto in ambito europeo (European Patent Office). Si può anche puntare su una domanda internazionale (regolata dal trattato di cooperazione Patent Cooperation Treaty) che dà la possibilità di convalidare il brevetto in più di 150 paesi del mondo. Altre convenzioni ci sono poi tra gli uffici brevetti degli stati africani (Aripo) e di quelli euroasiatici (Eapc)».

Qual è il consiglio che date a inventori e inventrici?

«Maggiore è il numero di paesi in cui si deposita il brevetto, maggiori sono i costi perché si moltiplicano (dalla scrittura al deposito della domanda alle convalide nazionali). Consigliamo di procedere prima con il deposito italiano e poi con la domanda Patent Cooperation Treaty che permette entro 30 mesi dal primo deposito di scegliere dove convalidare il brevetto. Questo tempo è utile all’Università per trovare il partner industriale interessato a valorizzare l’invenzione. Invenzione che può essere un farmaco, dispositivo, processo, design, software e altro ancora».

Sono più le entrate o le uscite?

«L’obiettivo dell’Ateneo non è fare business, ma portare i risultati dei molti progetti di ricerca a cui partecipano i nostri ricercatori a diventare innovazione utile alla società. Ovviamente si vuole coprire le spese sostenute nella brevettazione e avere un margine sulla valorizzazione del brevetto che cediamo o licenziamo. In più, negoziamo una percentuale sul fatturato che deriverà all’azienda dallo sviluppo del prodotto. Gli introiti sono soddisfacenti: siamo nell’ordine di centinaia di migliaia di euro l’anno».

Dal vostro osservatorio, qual è oggi il polso della ricerca scientifica?

«Il livello scientifico e tecnologico raggiunto è ormai molto alto e quindi servono collaborazioni e finanziamenti di rilievo per sviluppare qualcosa di nuovo. La nostra Divisione è impegnata nella promozione della ricerca applicata attraverso la protezione e la valorizzazione della proprietà intellettuale. Ci occupiamo di stringere rapporti con imprese, definire contratti di ricerca, accordi di riservatezza e negoziazione di licenze o cessioni di proprietà intellettuale. Ma perché un progetto con maturità da laboratorio possa essere reso appetibile per le aziende servono interazioni con esse, strumenti finanziari come il Venture Capital e bandi (e ce ne sono molti in ambito europeo) mirati al trasferimento tecnologico. Il nostro orizzonte standard è di un paio di anni. È fondamentale il raccordo tra protagonisti dell’innovazione sul territorio, come avviene con Fondazione Hub Innovazione Trentino, con la quale abbiamo un rapporto di collaborazione costante».

Se un brevetto viene sfruttato a livello industriale, si perde la titolarità dell’invenzione?

«La titolarità dipende dal contratto che viene negoziato tra ateneo e azienda. Si può optare perché il titolo di proprietà intellettuale rimanga all’università, attraverso una licenza, mentre l’azienda si occupa di produrre e vendere il prodotto. Oppure il brevetto può essere ceduto una volta per sempre e l’azienda ne diventa allora proprietaria. In ogni caso, resta sempre traccia di chi l’ha inventato e quindi è sempre possibile risalire ai nomi di inventori e inventrici appartenenti all’Ateneo e permane il diritto dell’Università di utilizzare l’invenzione per scopi di ricerca e didattica».

Il nuovo codice della proprietà industriale, che nei mesi scorsi ha ottenuto il voto finale alla Camera, prevede il passaggio dei diritti legati all'invenzione da ricercatori e ricercatrici (professor’s privilege) alle strutture di appartenenza. Quali sono gli effetti?

«Vuol dire che ora la titolarità delle invenzioni scaturite dall’attività del personale di ricerca sarà sempre in capo all’istituzione di afferenza. Prima lo era solo per le invenzioni derivanti da progetti finanziati da terzi. È stato anche introdotto l’obbligo di comunicare l’invenzione all’istituzione e il rispetto della segretezza verso l’esterno (mentre finora non era raro che il risultato venisse anticipato nei convegni scientifici e poi comunicato al nostro ufficio, perdendo così però il requisito della novità). Un elemento importante da ricordare è che la riforma del Codice della proprietà industriale, che regola anche i brevetti, era prevista dal Pnrr ed è stata concordata con la Commissione europea per incentivare il trasferimento tecnologico».

Perché l’Europa punta così tanto sulla ricerca scientifica?

«Perché l’Europa ha compreso come la concorrenza a livello internazionale avvenga sempre di più sul piano tecnologico e vuole tenere il passo rispetto ad altre realtà mondiali. Per questo, con i suoi vari organismi come l’European Research Council e lo European Innovation Council, la Commissione europea finanzia bandi per favorire lo sviluppo scientifico, valorizzare i risultati della ricerca, incentivare il trasferimento delle conoscenze dai laboratori alle imprese».

Un altro elemento di novità della riforma è che atenei e altre strutture pubbliche di ricerca potranno dotarsi dell’ufficio di trasferimento tecnologico per la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale. UniTrento ha già la Divisione Valorizzazione e Impatto della Ricerca all’interno della Direzione Servizi alla Ricerca e Valorizzazione. Qual è la situazione in Italia?

«Gran parte delle università italiane ha già una struttura di questo tipo da molti anni, merito anche di Netval, network che dal 2002 promuove la valorizzazione della ricerca delle università e altri enti che operano nell'innovazione e nel trasferimento tecnologico».

Approfondimenti alla pagina Protezione e valorizzazione della proprietà intellettuale

 


Successful research leads to patents
An interview with Giuseppe Caputo, head of the Division for the Valorization and Impact of Research

There are 35 patents for therapies, devices, processes, that could contribute to technological and industrial innovation. They are the result of the work of more than a hundred researchers from the University of Trento, who have authored at least one invention, according to to the IP portfolio of the university. Giuseppe Caputo, head of the Division for the Valorization and Impact of Research, talks about Europe's focus and UniTrento's commitment to supporting research and promoting technology transfer, and explains the changes brought by the reform of  the Industrial Property Code.

Doctor Caputo, are there many inventors at the University of Trento?

"Yes, there are over a hundred researchers at UniTrento who have authored an invention, sometimes in collaboration with colleagues from other organizations."

In which areas do they work?

"For the most part, they are from the biotechnology and pharmaceutical sectors, robotics, quantum physics and software development. There are 35 patents for therapies, devices, processes available for exploitation."

How does an invention become a patent?

"The process involves several steps. First of all, the researcher contacts our Division and submits an invention disclosure. We examine the case, wait for the approval of the University's commission on intellectual property rights, and then the University files a patent application designating as inventors the researchers who were part of the group involved in the invention. For an invention to qualify for patent protection, it must be novel, involve an inventive step and be industrially applicable. The patent is made public 18 months after filing so that the scientific and technological community can learn about it and further contribute to innovation. Industrial exploitation, in short, can lead to the creation of new things."

What determines the extension of a patent?

"It depends on where the application is filed and in which countries you want to validate the patent. Every country has a patent office, and a patent is valid in a territory if it is validated in that country. When a patent is granted, the owner gets a monopoly on the patented product for 20 years from the filing date."

Why are there patents that are valid in multiple countries?

"There are agreements between the patent offices of different countries. For example, with an application filed in Italy you can subsequently file for patent protection in Europe (European Patent Office). You can also opt for an international application (governed by the Patent Cooperation Treaty) that gives you the opportunity to validate the patent in more than 150 countries around the world. There are also other agreements in place between the patent offices of African (Aripo) and Eurasian (EAPC) countries."

What's your advice to inventors?

"The more countries where the patent is filed, the greater the costs, as multiple applications must be written, filed and validated at national level. Our advice is to file for a patent application in Italy and then to the Patent Cooperation Treaty, which gives you the opportunity to choose where to validate the patent within 30 months of the first filing. The University uses this time frame to find an industrial partner that is interested in exploiting the invention, which could be a drug, a device, a process, a design, a software product and more."

Is this more costly or profitable?

"The University does not mainly aim to profit from this, its goal is to make the most of the results achieved by our researchers and transform them into innovations useful to society. The University obviously wants to cover the patent filing expenses and earn from the exploitation of the patent that is assigned or licensed. Besides, we negotiate a percentage of the turnover that the company will make from product development. The earnings are satisfactory and amount to about one hundred thousand euros per year."

From your vantage point, how is the world of research today?

"The scientific and technological level reached today is very high and that is why we need important collaborations and funding to develop something new. Our Division is committed to promoting applied research by protecting and valorizing intellectual property. We establish relationships with companies, define research contracts and confidentiality agreements, and negotiate licenses or transfers of intellectual property. But for a project that is ready to leave the laboratory to attract companies, it takes interactions with them, financial instruments such as venture capital and technology transfer initiatives (which are many in Europe). Our time horizon is around two years. Collaboration with local players is essential, and it is what we have been doing with Fondazione Hub Innovazione Trentino."

When a company decides to exploit a patent, does the University lose ownership of the invention?

"Ownership depends on the contract that is negotiated between the University and the company. The University can maintain ownership of the intellectual property rights, using a licence, while the company manufactures and sells the product. But it can also transfer the patent to a company that becomes its owner. In any case, a patent can always be traced back to its inventors and therefore to the researchers of the University, which maintains the right to use the invention for research and teaching purposes."

Based on the new industrial property code, approved a few months ago by the Italian Parliament, the intellectual property rights of the researchers (professors' privilege) are transferred to their employers. What are the effects of this provision?

"This means that now the ownership of the inventions that are the result of the researchers' activity will always be assigned to the organization they work for. Before it was so only for inventions resulting from projects funded by third parties. The code also introduces the obligation to inform the University about the invention and to maintain the confidentiality. Until now, it was not uncommon for the result to be anticipated in scientific conferences and then communicated to our office, which made us lose the novelty requirement. It is important to remember that the reform of the Industrial Property Code, which also regulates patents, was provided for by the NRRP and was agreed with the European Commission to encourage technology transfer."

Why is Europe so focused on scientific research?

"Europe has understood that there is a global competition around technology innovation and wants to keep up with other countries worldwide. To pursue this goal the European Commission, through bodies such as the European Research Council and the European Innovation Council, provides funds through calls to promote scientific development, valorize the results of research, and encourage the transfer of knowledge from laboratories to companies."

Another novelty introduced by the code is that universities and other public research facilities will be able to create a technology transfer office to enhance industrial property titles. UniTrento already has the Division for the Valorization and Impact of Research within the Directorate of Research Services and Valorization. Is it so in other Italian universities?

"Most Italian universities created these types of offices years ago, thanks to Netval among other things, a network that since 2002 has promoted the valorization of research at universities and other public research institutes operating in the field of innovation and technology transfer."

 

For more information visit Protection and valorization of intellectual property.