Graecia cum insulis

Internazionale

GLI ANTICHI TRA LOCALE E GLOBALE

Un workshop internazionale su memoria e conoscenza storica nella Grecia antica

24 giugno 2014
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Elena Franchi
Giorgia Proietti
di Elena Franchi e Giorgia Proietti
Elena Franchi è docente e responsabile operativo del Laboratorio di Storia Antica (LabSA) dell’Università di Trento. Giorgia Proietti svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia.

Il Laboratorio di Storia Antica (LabSA) del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento ha organizzato il 9 e 10 giugno scorsi il workshop internazionale "Sapere locale e storiografia in Grecia arcaica e classica. Per la definizione di una prospettiva multi-poleica in contesto panellenico / Local Knowledge and Greek Historiography in Archaic and Classical Times. Defining a Multi-polis Perspective within the Panhellenic Context". L’iniziativa è stata promossa dal professor Maurizio Giangiulio e seguita per la segreteria scientifica da Elena Franchi e Giorgia Proietti.

Tema del workshop è stato il rapporto reciproco tra locale e globale. La tensione tra locale e globale non costituisce difatti una dimensione propria solo della modernità: essa rappresenta anche una dinamica saliente della cultura greca antica, in cui la circolazione, lo scambio, le reti di idee, conoscenze e culture costituiscono una componente strutturale. Ancora una volta, l'indagine sul mondo greco apre dunque la strada alla riflessione su aspetti cruciali della contemporaneità come il contatto, la mutua influenza e la trasformazione di identità e culture attraverso il tempo e lo spazio. Tra i relatori, importanti studiosi provenienti da Londra, Oxford, New York, Princeton, a riprova della dimensione di forte internazionalizzazione che il Laboratorio di Storia Antica sta imprimendo allo studio della storia e delle culture antiche a Trento. 
La parola a Nino Luraghi, professore presso la Princeton University e relatore al workshop in quanto specialista di memoria e conoscenza storica in Grecia antica, che abbiamo intervistato.

La ricerca moderna sta riservando un’attenzione sempre crescente alle forme e alle modalità di costruzione della memoria storica, tema di ricerca privilegiato del LabSA. Quali sono le ultime tendenze a questo proposto nello studio della storia antica?

Un punto di svolta decisivo è stato, negli ultimi decenni del secolo scorso, il passaggio dallo studio comparativo della tradizione orale, che aveva per fine la valutazione dell’attendibilità storica dei resoconti dei primi storici greci, allo studio del passato come fenomeno storico-culturale, delle sue funzioni sociali e politiche, nella Grecia tardo-arcaica e classica. Perché questo passaggio fosse possibile, era necessario di fatto rinunciare alla possibilità di ricostruire, altro che a grandi linee, una storia politica della Grecia arcaica, specialmente del periodo fino al settimo secolo, e non sono sicuro che di questo ci si sia resi conto fino in fondo. In ogni modo, il passo successivo è stato la realizzazione che comunque le versioni del passato veicolate dalla storiografia non potevano essere viste come un riflesso della memoria collettiva o di idee sul passato generalmente condivise. Questo passo ha imposto di allargare la prospettiva per cercare di ricostruire almeno le grandi linee di una memoria collettiva usando altre fonti: epigrafiche, archeologiche, letterarie. Come spesso succede nella storia greca, la raffinatezza metodologica raggiunta dallo stato presente della discussione può essere vista come un prodotto della scarsità di dati e fonti. In ogni modo, oggi abbiamo un’idea molto più definita di che cosa pensavano i Greci del loro passato, e di come idee e percezioni in materia erano presenti e in circolazione nelle varie poleis. È stata proprio questa visione più nitida del problema che ha permesso di mettere a fuoco anche la questione del rapporto tra passati locali e passati condivisi, o panellenici.

In che termini descriverebbe la tensione tra la memoria prodotta a livello locale (nella comunità, nella polis) e un orizzonte memoriale sovralocale (panellenico)?

Semplificando un poco, la storia come l’intendiamo noi è una creazione ottocentesca, e come tale inseparabile dal nazionalismo. Studiosi di straordinario calibro intellettuale, come Droysen, hanno profuso energie enormi per studiare il problema dell’unità ellenica. Quando l’attenzione della storiografia politica si è spostata dall’Ellade alle singole poleis, la storia della letteratura, se possibile ancor più profondamente legata al nazionalismo e senz’altro più conservatrice, ha continuato a parlare di letteratura greca come un fatto essenzialmente unitario. Di riflesso, lo studio della storiografia antica ha tardato moltissimo a porsi il problema delle prospettive multiple sulla storia politica sedimentate nelle opere dei primi storici, Erodoto e i suoi contemporanei – in fondo, lo studio della poesia epica ci era arrivato prima. Oggi, dopo lavori innovativi di sociologia della memoria, siamo in una posizione migliore per ristudiare gli storici come autori in proprio di testi che rielaborano, spesso sovvertendole, idee sul passato di matrice locale. Ovviamente, il consenso panellenico, comunque ce lo immaginiamo, deve in qualche misura aver funzionato come parametro per le versioni locali, in parte anche per gli storici. 

Locale e globale dall’antichità a oggi: quali strumenti di indagine?

In ogni caso, non i medesimi. Come spesso nel rapporto tra antico e moderno, si sovrappongono in parte le domande, e confrontare le risposte è molto istruttivo. I metodi invece difficilmente possono essere trasferibili, perché la natura dei dati disponibili è troppo diversa. Detto questo, il rapporto tra unità culturale e particolarismo politico caratteristico del mondo delle poleis lancia una sfida insidiosa all’Europa del XXI secolo: se, in che termini e con quali strumenti sia possibile unità senza egemonia.