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Internazionale

DIRITTI UMANI E CRIMINI INTERNAZIONALI

Una ricerca di dottorato sulle commissioni internazionali d’inchiesta

28 aprile 2017
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DIRITTI UMANI E CRIMINI INTERNAZIONALI
di Piergiuseppe Parisi
dottorando della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento.

Sto svolgendo il dottorato di ricerca alla Scuola di Studi Internazionali e mi occupo di giustizia penale internazionale, ovvero di quel ramo del diritto internazionale che concerne crimini molto gravi come i crimini commessi in guerra, il genocidio o i crimini contro l’umanità. Questi ultimi sono delle gravi ed estese violazioni dei diritti fondamentali dell’uomo, come per esempio la tortura, commesse in tempo di pace o di guerra.

Sono approdato alla Scuola di dottorato dopo un periodo di perfezionamento sia professionale che accademico. Dopo la laurea in Giurisprudenza all’Università di Trento, ho lavorato come stagista alla Corte Penale Internazionale, all’Aia (Olanda). Ho inoltre conseguito un master in Legal Studies alla London South Bank University di Londra, che mi ha permesso di convertire il mio titolo accademico italiano in Inghilterra e di specializzarmi in un ambito di ricerca affine ai miei interessi, quello dei crimini internazionali.

Il dottorato di ricerca è stato un mio obiettivo sin dai tempi dell’università ma, prima di intraprenderlo, ho voluto toccare con mano cosa significasse lavorare con i diritti umani e con il diritto penale internazionale. Di qui la mia scelta di svolgere uno stage alla Corte Penale Internazionale dove ho avuto modo di lavorare nel settore investigativo e in particolare nella protezione testimoni.

A Trento mi occupo di studiare le commissioni internazionali d’inchiesta: gruppi di esperti internazionali incaricati da organizzazioni come l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) di investigare gravi violazioni dei diritti umani in vari paesi del mondo. Un esempio attuale è sicuramente quello della Siria. La guerra civile ha, infatti, causato migliaia di morti e di sfollati di fronte all’impotenza degli stati del mondo. Le parti in conflitto, ma anche moltissime organizzazioni per i diritti umani, hanno denunciato la continua violazione delle regole di guerra come quella che impone ai combattenti di non prendere di mira i civili, o comunque coloro che non indossano le vesti di un soldato o di un guerrigliero. Queste violazioni, se rispondono a determinati requisiti teorici, possono costituire dei crimini di guerra e chi le ha commesse potrebbe essere processato. L’ONU ha attivato diverse commissioni d’inchiesta per verificare la credibilità delle accuse e per raccogliere materiale che potesse provare alla comunità internazionale che sono stati commessi crimini di guerra. 

Sia nel caso siriano che in molteplici altri casi, purtroppo, le corti internazionali hanno faticato o stanno faticando a giudicare i responsabili. Questo avviene perché, per esempio, stati potenti, come gli USA o la Russia, si oppongono a processi che coinvolgono i loro alleati, oppure perché, per svolgere un processo, c’è bisogno di raccogliere prove che si trovano nel luogo dove il conflitto è in corso. Ciò significa che ci sarà sempre bisogno del permesso dello stato per poter entrare nel suo territorio e compiere le dovute verifiche. Una prospettiva che - potrete immaginare - non entusiasma quei capi di stato che potrebbero essere processati. Inoltre, la raccolta delle prove è un lavoro lungo e dispendioso che spesso richiede anni per questo tipo di giudizi e che, generalmente, avviene quando il conflitto è terminato. Il problema è che le prove si deteriorano col tempo e i testimoni tendono a dimenticare i dettagli degli eventi a cui hanno assistito. Ecco, allora, che le commissioni d’inchiesta, che possono intervenire anche quando il conflitto è ancora in corso, rappresentano un’opportunità in più di raccogliere prove affidabili. 

Con la mia ricerca, studio se, e in caso affermativo come, le commissioni d’inchiesta possano rappresentare una valida alternativa alle corti internazionali, e come possano interagire con queste nel fare giustizia. Ho scelto la Scuola di Studi Internazionali perché mi permette di dare un taglio non tradizionale alla mia ricerca. Infatti, non mi limito a studiare gli aspetti giuridici del mio tema, ma considero anche i suoi profili politici e sociologici rilevanti. Inoltre, poiché non voglio limitarmi allo studio di libri e documenti ufficiali, ho in programma di effettuare delle interviste ad esperti e professionisti del settore per capire quale sia la loro opinione in merito.