#7287060 | @shadowvincent, fotolia.com

Internazionale

L’UNIVERSITÀ CON LA VALIGIA IN MANO

Il percorso di Francesca Capoluongo tra la Germania, le Filippine e la Turchia

7 settembre 2017
Versione stampabile
L’UNIVERSITÀ CON LA VALIGIA IN MANO
di Laura Braico
Responsabile della Divisione Career Service dell’Università di Trento.

Francesca Capoluongo, della provincia di Varese, dopo una laurea triennale in Studi Internazionali, a Sociologia, si è iscritta al Master in European and International Studies della Scuola di Studi Internazionali, che ha brillantemente concluso lo scorso marzo. Durante il suo percorso universitario è stata a Dresda per una doppia laurea, nelle Filippine nell’ambito di un accordo bilaterale siglato dall’Università di Trento con la University of the Philippines Diliman, Manila. Infine di nuovo all’estero ad Istanbul con il programma Erasmus. Francesca ha davvero fatto l’Università con la valigia in mano. L’abbiamo incontrata per farci raccontare la sua esperienza.
 
Francesca: Dresda, Manila, Istanbul. Il tuo percorso universitario è fatto di tappe lunghe tra l’Italia e l’estero. Come è nata la tua avventura?
All’inizio della triennale qui a Trento non mi sono innamorata al primo sguardo delle materie affrontate; ne subivo il fascino ma allo stesso tempo mi sembrava di costruire una conoscenza generica, sapere un poco di tutto e nulla in profondità. Ho inizialmente deciso di andare all’estero partecipando ad un programma di Doppia Laurea proprio per fuggire da questa sensazione di incompletezza e iniziare a costruire un percorso più personale. E sono così andata a Dresda. Vivere un anno a Dresda, essere considerata come studentessa tedesca - niente sconti sulla lingua - e laurearmi in Germania, sono state l’occasione di confrontarmi direttamente con i miei limiti e paure, superarli (o scendere a patti con essi) e comprendere meglio il senso del mio percorso sino a quel punto.

Lingue e culture diverse: ostacoli o fonti di soddisfazione?  
Direi entrambi: sono partita con un livello di lingua troppo basso; alla fine del primo semestre, tuttavia, sono stata in grado di sostenere le prove d’esame in tedesco. L’esperienza a Dresda non è stata arricchente solo da un punto di vista linguistico o accademico ma anche e soprattutto personale. 
Ho convissuto con ragazzi di diverse nazionalità dell’UE, ma anche palestinesi, israeliani (non contemporaneamente ma a distanza di breve tempo) giordani, tunisini e questo ha segnato in me l’importanza dell’incontro. È stata un’esperienza fondamentale che ha orientato le mie scelte successive.

Con il Master in European and International Studies sei ripartita per le Filippine. Che cosa hai trovato?
Sì, tornata da Dresda, mi sono iscritta al Master’s Degree in European and International Studies della Scuola di Studi Internazionali. In Trento continuavo infatti a vedere la “base” ideale: ottimo punto di riferimento dall’alto profilo accademico, con un approccio multidisciplinare e critico che ben corrispondeva a ciò che cercavo, garantiva anche la possibilità di (ri)partire con programmi di mobilità verso tutto il mondo. Durante il secondo anno di laurea magistrale ho partecipato ad un Accordo Bilaterale con l’University of the Philippines Diliman, Manila. Mi ero candidata a questa esperienza perché ero alla ricerca di un punto di vista totalmente alternativo. Avevo studiato in Italia e Germania, creato legami e amicizie con persone del Medio Oriente e del Nord Africa e sentivo quindi il desiderio di immergermi in una realtà totalmente altra. 
Studiare scienza politica o la stessa Unione Europea “dall’esterno” è qualcosa di fondamentale nella costruzione di un approccio critico e completo alle tematiche analizzate e agli ambienti vissuti. L’esperienza nelle Filippine mi ha permesso di sperimentare in pieno questa nuova prospettiva: molto spesso nelle discussioni in aula mi veniva chiesto “e cosa ne pensa invece l’Europa di questo argomento?” 

L’Erasmus, il tirocinio e la tesi di laurea ti hanno riportato all’estero: questa volta ad Istanbul. Di nuovo in gioco e orientata a nuove esperienze, in un periodo non facile…
Sì, la mia ultima mobilità internazionale durante la laurea magistrale è stata in Turchia, dove mi sono immersa per un anno nel turbinio di vita e avvenimenti di Istanbul. Dopo un primo semestre da studentessa Erasmus, ho continuato la mia esperienza con un tirocinio e la ricerca tesi. Sono stati mesi di un’intensità unica, mi sono immersa completamente nel luogo e nel tempo in cui ho vissuto.
Istanbul è una città dai mille volti e mille anime, dove ciascuno può trovare quello di cui è in cerca, o quello che mai avrebbe pensato di incontrare. Il giorno dopo essere arrivata e aver comunicato il mio indirizzo al tutor dell’università mi è stato vivamente consigliato di trovare subito un’altra sistemazione perché il mio quartiere era considerato pericoloso. Dopo i primi giorni di dubbi e paure, ho cominciato invece a sentirmi a casa come mai mi era capitato, accolta dalle famiglie principalmente curde che abitano la zona e che nel giro di qualche mese mi hanno adottata, facendomi sentire nel posto più sicuro in città. L’inglese era parlato poco o nulla, il mio turco soprattutto all’inizio si limitava ai saluti (comunque molto complessi e vari a seconda della direzione in cui ci si muove e dall’ora del giorno!) ma queste non erano limitazioni a cui un sorriso non potesse supplire. Non è stato facile decidere di prolungare l’esperienza all’estero in un clima di generale tensione, ma mi era impossibile tornare dopo soli sei mesi perché mi sembrava di aver solo sfiorato la vita e le storie che mi circondavano. E credo che le persone e le prospettive che ho incontrato durante questi viaggi (ma anche nei ritorni) continueranno a guidare i miei passi futuri.