Un particolare della locandina.

Internazionale

LA SOSPENSIONE DELLA MODERNITÀ: L’ARCHITETTURA DI FRANCO ALBINI

Una lezione di Kay Bea Jones della Ohio State University per la Cattedra Adalberto Libera

7 dicembre 2017
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LA SOSPENSIONE DELLA MODERNITÀ: L’ARCHITETTURA DI FRANCO ALBINI
di Kay Bea Jones
Docente della Knowlton School of Architecture, Ohio State University, Visiting Research Fellow del DICAM dell’Università di Trento.

Per riconoscere la profondità, la complessità e il contesto storico dell’architettura razionalista italiana è necessario passare in rassegna i suoi protagonisti principali. Adalberto Libera (1903-1963) lasciò Trento, la sua città natale, per studiare architettura a Roma, dove si affermò durante il Ventennio. Franco Albini (1905-1977), brianzolo, studiò a Milano e poi lavorò prevalentemente nella città lombarda come membro del Gruppo 7, tra i giovani che scrissero il manifesto razionalista, di cui faceva parte anche Libera. La diversità delle carriere e la vasta eredità artistica di ciascuno di questi architetti talentuosi e prolifici smentiscono la tendenza a una semplificazione eccessiva del Razionalismo italiano come stile.

Mentre Libera merita di essere riconosciuto come uno dei creativi più importanti del regime e poi per il suo contributo all’edilizia post bellica, Franco Albini è stato ricordato più spesso, nei decenni successivi alla sua morte, come designer di interni e di elementi di arredo. Questo infelice ridimensionamento di ruolo merita una rinnovata attenzione, perché le migliori opere di Albini hanno definito la Tendenza sia prima che dopo la Seconda Guerra Mondiale, mostrando la via che congiunge l’architettura progressista moderna con il patrimonio tradizionale. Studiandolo più approfonditamente e soprattutto visitando in prima persona i suoi musei di Genova, abilmente rinnovati, si capisce subito che il suo lavoro rappresenta il meglio di un’epoca e riesce bene di per sé a controbattere alle critiche di arroganza, astrazione e assenza di luogo tipiche dell’International Style.

I primi progetti ideati da Albini, in collaborazione con diversi colleghi milanesi, rivelano le sue influenze (Persico, Nizzoli, Mies van der Rohe) e la sua evoluzione personale, fino a stabilire un linguaggio fatto di forme leggere tenute in sospensione. I suoi primi esperimenti strutturali vanno dal design di interni per i negozi di Milano (Libreria Baldini & Castoldi, Holz, Zanini) ai padiglioni INA. In questo periodo di formazione, Albini realizzò anche grandi progetti residenziali a Milano mentre studiava ed esponeva interni sperimentali per abitazioni moderne alla Triennale di Milano, sotto l’influsso delle tendenze dell’Existenzminimum, provenienti da Francoforte e da Amsterdam. Infine, i suoi studi sui materiali, che si sono concretizzati nella sua radio in vetro, nella libreria Veliero in vetro e tensostruttura e nel suo appartamento, hanno prodotto elementi che sarebbero poi divenuti la base della sua architettura pubblica nei decenni successivi.

Il tema delle influenze di Albini, invece, è un invito a riconoscere che le idee e forme da lui ideate hanno contaminato quelle di architetti tardo-moderni molto stimati, sia in Italia che al di fuori del paese. Carlo Scarpa, che insegnò assieme ad Albini allo IUAV a Venezia, aveva molto in comune con lui e con la sua sensibilità per la modernizzazione dei musei storici. Lina Bo Bardi esportò in Brasile la pratica di Albini di sospendere le opere nelle gallerie d’arte. Philip Johnson si ispirò al progetto di Albini per il Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo a Genova e per la galleria di dipinti sotterranea nella sua tenuta di 40 acri a New Canaan, in Connecticut. Louis Kahn, uno dei maggiori architetti americani del dopoguerra, diede nuovo impulso ai pregi della monumentalità in nuove costruzioni, dai moderni musei americani fino alla capitale del Bangladesh. Kahn realizzò facciate, scalinate, ed elaborò una teoria dello spazio integrale per opere eccezionali, che devono molto al lavoro di Albini con la sua collega Franca Helg. Infine, il profondo impatto delle idee progressiste di Albini sulle superfici vetrate, la luminosità e l’uso artigianale della materia sono evidenti, più che altrove, nella carriera del suo allievo Renzo Piano.

Tra le altre tematiche che danno prova del contributo di Franco Albini all’architettura moderna vi sono l’evoluzione della sua metodologia progettuale, le relazioni tra modernità e tradizione e la capacità di far corrispondere ciascun artefatto urbano con il senso di un luogo, il suo genius loci. Albini è stato in grado di risolvere problemi formali semplificando la sfida posta a livello progettuale fino alla sua essenza. Sviluppò una serie di tensiostrutture e strutture compresse leggere che si evolsero da semplici installazioni a concetti applicabili a intere strutture, molte delle quali vennero resuscitate da uno stato di abbandono. In questo il genio creativo di Albini emerse nella sua abilità di coniugare la tradizione e lo spirito moderno. La sua poetica pragmatica si rivela soprattutto nella sua spesso citata affermazione “La tradizione siamo noi”.

[Traduzione Paola Bonadiman]

SUSPENDING MODERNITY: THE ARCHITECTURE OF FRANCO ALBINI
A lecture by kay Bea Jones to inaugurate the Adalberto Libera Chair of Excellence

Recognizing the depth, complexity and historic context of Italian Rationalist architecture invites comparisons between its key protagonists. Adalberto Libera (1903-1963) left his home in Trento for architecture studies in Rome, where his career flourished during the Ventennio. Franco Albini (1905-1977) from the Brianza studied in Milan and worked there predominantly among the Gruppo 7, the young men who established the Rationalist manifesto, which included Libera. The differences in careers and profound architecture legacies of each of these talented and prolific architects belie the tendency to oversimplify Italian Rationalism as a style.

While Libera deserves recognition as one of the most impactful designers for the Regime, and subsequent contributions to post-war housing, Franco Albini is remembered more often for his interiors and furniture designs in the decades since his passing. This unfortunate diminution requires renewed attention, since Albini’s best work defined both pre- and post- World War II Tendenza as it illuminated pathways to intersect progressive modern architecture with traditional artifacts. Upon closer investigation and especially through directly experiencing his well-restored museums in Genoa, one quickly understands that his work represents the best of an era and serves to undermine criticisms of International Style arrogance, abstraction, and placelessness.

Initial projects designed by Albini, in collaboration with a series of Milanese partners, demonstrate his influences (Persico, Nizzoli, Mies van der Rohe) and his personal evolution to establish a language of light-weight forms held in suspension. His initial structural experiments ranged from Milan shop interiors (Libreria Baldini & Castoldi, Holz, Zanini) to INA pavilions for the national insurance industry. During this formative period, Albini also built large housing projects in Milan while studying and exhibiting experimental interiors for modern dwelling at the Milan Triennale as influenced by existenzminimum trends from Frankfurt and Amsterdam. Eventually, his material studies in the forms of his glass radio, his Veliero glass tensile bookshelves, and his own apartment produced elements that would become the basis for his public architecture for subsequent decades.

The theme of Albini’s influences in turn invites recognition of his ideas and forms contaminating those of  highly renowned late modern architects in and beyond Italy. Carlo Scarpa, who taught with Albini at the IUAV in Venice, shared correspondences and his sensibilities for modernizing historic museums. Lina Bo Bardi exported to Brazil Albini’s use of suspending artworks in gallery settings. Philip Johnson borrowed Albini’s plan of the Treasury of San Lorenzo in Genoa for his own submerged painting gallery on his 40-acre estate in New Canaan, Connecticut. Louis Kahn was one of the greatest architects of the American postwar period who revived qualities of monumentality in new constructions from modern American museums to the national capital of Bangladesh. Kahn composed facades, staircases, and developed a theory of the integral room for exceptional works that owe a notable debt to Albini’s work with his partner, Franca Helg. Finally, nowhere are the profound impacts of Albini’s progressive ideas for glazing, luminosity, and material craft more apparent than in the career of his apprentice, Renzo Piano.

Additional themes that demonstrate Franco Albini’s contributions to modern architecture include the evolution of his own design methodology, relations between modernity and tradition, and responding to the sense of a place, its genius loci, for each urban artifact. Albini was the kind of formal problem solver that simplified the design challenge to its essence. He developed a series of lightweight tensile and compression structures that evolved from installations to concepts for entire structures, many of which were revived from states of ruin. Here Albini’s creative genius emerged as he married tradition to the modern spirit. His pragmatic poetics are nowhere better revealed than in his oft-quoted statement  “La tradizione siamo noi".