Davide Corraro

Internazionale

A GERUSALEMME GRAZIE AL PROGRAMMA ACCORDI BILATERALI

Il racconto di un semestre in Medio Oriente per studiare diritto internazionale

28 febbraio 2018
Versione stampabile
di Davide Corraro
Si è laureato a dicembre 2017 in Giurisprudenza con 110 e lode all’Università di Trento.

“Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia mano destra; resti la mia lingua attaccata al palato, se non mi ricordo di te, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia”. Non avrei saputo scegliere parole migliori di quelle contenute nel Salmo 137 per riassumere la mia esperienza nella Città Santa. Un’esperienza che mi ha letteralmente cambiato la vita e che mi ha aperto opportunità lavorative a cui prima non avrei saputo nemmeno pensare. 

Ma partiamo dall’inizio. Non da un inizio qualunque, ma dall’inizio del mio percorso accademico. Io, a differenza di altri, non ho scelto la Facoltà di Giurisprudenza a Trento per la sua vocazione internazionale. L’ho scelta, piuttosto, per i servizi che offriva. Vi dirò di più. Quando mi sono iscritto all’università (e almeno fino al quarto anno) pensavo con orrore alle esperienze all’estero. Le vedevo come un’inutile perdita di tempo. Una deviazione forzata da un percorso che credevo dovesse essere necessariamente domestico. 

Ma al quarto anno qualcosa cambia. Avendo finito gli esami prima del tempo e non avendo ottenuto l’autorizzazione a laurearmi in anticipo, decido di provare a candidarmi per gli accordi bilaterali e, dopo aver superato le prove previste quasi fosse un gioco, con mia grande sorpresa, vengo preso. Le pratiche burocratiche per la partenza non sono state facili, ma c’era da aspettarselo. Infatti, Israele ha fatto dell’industria della sicurezza (e della paura!) uno degli orgogli nazionali e questo si riverbera sugli innumerevoli incartamenti da presentare per poter essere accettato, per un semestre di studio, in medio oriente. Ma una volta giunti a destinazione vi assicuro che tutto quello che è stato fatto prima si dimentica e si viene travolti dal fascino e dalla magnificenza della città, epicentro mondiale delle tre grandi religioni monoteiste. 

“Odore di Gerusalemme…” cantava De André, ed è già dall’olfatto che si capisce di essere in un posto totalmente diverso, incapace di staccarsi totalmente dal suo glorioso passato, ma, proprio per questo, semplicemente meraviglioso. Infatti, entrando dalla Porta di Damasco, proseguendo lungo l’antico quartiere arabo, per giungere, infine, al Santo Sepolcro, si viene letteralmente travolti da un’infinità di odori di spezie, di dolci tipici, di antichi forni, di incensi vari e degli immancabili Shisha bar che costellano tutto il cammino. Ma quello che realmente si respira è un’atmosfera mistica. Sembra di vivere ai tempi dei crociati, e questo capita soprattutto quando le luci della città vecchia cominciano ad accendersi e i turisti non affollano più le vie millenarie della città. 

La fortuna poi è stata dalla mia parte, in quanto, nei sei mesi di permanenza, ho potuto vivere e partecipare alla pasqua ebraica, a quelle cristiane (ebbene sì, il plurale non è un errore di battitura!) e al Ramadan musulmano. Insomma, ho potuto vivere l’animo più religioso della città da ogni suo punto di vista. 

Ovviamente non posso tralasciare l’importante aspetto della didattica presso la Hebrew University of Jerusalem, una delle istituzioni universitarie più importanti al mondo, in cui ho avuto la possibilità di approfondire i miei studi nel campo del diritto internazionale ed in particolare della tutela dei diritti umani e della giustizia di transizione. Questo anche grazie a professori che provenivano da tutto il mondo e che hanno ricoperto incarichi importanti nell’ambito delle istituzioni internazionali. Un nome su tutti è quello di Luis Moreno Ocampo, procuratore generale presso la Corte penale internazionale. 

Certamente non è stato tutto semplice. Era la prima volta che studiavo in inglese e per quanto uno possa averlo approfondito vi è sempre un periodo iniziale di smarrimento in cui le frasi compiute nel cervello non vengono ad esternarsi come vorremmo. Inoltre, per la prima volta in vita mia, ho sperimentato cosa significhi essere completamente analfabeti. Infatti, quando entravo nei supermercati e le scritte erano solo in ebraico o in arabo non capivo assolutamente nulla. E confesso che più di una volta ho confuso il latte per il succo di mela. Tutto questo per dire che, volente o nolente, il vivere all’estero arricchisce sia dal punto di vista culturale che del saper vivere lontano dalla propria “comfort zone”. E, ovviamente, consiglio a tutti di lanciarsi in questa meravigliosa avventura chiamata internazionalizzazione.