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Internazionale

LA CRISI IN GRECIA: UNA STORIA DI ERRORI, POPULISMI E INCOMPRENSIONI

Se n’è discusso nell’ambito del ciclo di incontri “Orizzonti internazionali” della Scuola di Studi Internazionali dell’Ateneo

8 maggio 2015
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Luigi Bonatti
Andrea Fracasso
di Luigi Bonatti e Andrea Fracasso
Luigi Bonatti e Andrea Fracasso sono rispettivamente professore ordinario e professore associato presso la Scuola di Studi Internazionali e il Dipartimento di Economia e Management dell’Ateneo.

Dopo le elezioni politiche nell’autunno 2009, il neoeletto Governo Papandreu annuncia una operazione verità sullo stato dei conti pubblici greci che porterà alla luce un grande disavanzo di bilancio, mascherato dal gabinetto uscente attraverso una serie di artifici contabili e false comunicazioni. È l’inizio della crisi del debito sovrano nell’Unione economica e monetaria in Europa.
Gli investitori privati dimostrano subito di non essere disposti a rifinanziare il grande debito (pubblico e privato) della Grecia se non a condizioni proibitive: i rendimenti sui titoli pubblici si impennano (fino a 30% in più rispetto agli equivalenti titoli tedeschi) e la liquidità inizia a scarseggiare. La Grecia decide quindi di rivolgersi ai partner europei e al Fondo Monetario Internazionale (FMI) per ottenere i fondi necessari a rifinanziare il debito in scadenza, a sostenere il settore bancario e a finanziare il nuovo disavanzo di bilancio e quello verso l’estero. 

Oltre a quello del debito, la Grecia soffre di un altro grave problema: la scarsa competitività dovuta a costi di produzione troppo alti in rapporto al livello di produttività nel Paese, alle caratteristiche della sua struttura produttiva e alla qualità delle sue istituzioni. L’assistenza internazionale, che prevede la fornitura di prestiti erogati ripetutamente nel corso di un triennio, viene così accompagnata da una serie di condizioni, ovvero un programma di austerità e di riforme strutturali. Le condizioni poste dalla Troika (ossia i rappresentanti delle tre istituzioni coinvolte nel programma di aiuti – Commissione Europea, Banca centrale europea, FMI) sono dirette da un lato a ridurre il fabbisogno e dall’altro a far riacquisire competitività attraverso una svalutazione interna (data l’impossibilità di svalutare il cambio). La cura è estremamente dura, generando così una forte contrazione del prodotto interno lordo e dell’occupazione. I salari e i prezzi iniziano a scendere gradualmente, ma la Grecia non possiede una struttura produttiva che possa beneficiare di questi limitati aggiustamenti: non si generano così maggiori esportazioni che possano attutire l’impatto della caduta della domanda interna. La crisi si aggrava, la sostenibilità del debito (pur parzialmente ridotto da una rinegoziazione a metà 2012) rimane incerta, la capacità della Grecia di riguadagnare competitività rimane problematica. Il tutto viene aggravato da un contesto europeo di scarsa crescita e persistente incertezza.

A fine 2012, anche perché consapevoli dell’errore effettuato prevedendo un’uscita relativamente rapida della Grecia dalla crisi, i partner internazionali accettano una estensione e una revisione (benevola) del programma di assistenza. Ciò riduce enormemente il servizio del debito (tanto che oggi il servizio del debito in Grecia costa circa la metà di quello italiano in rapporto al Pil) e facilita la gestione del debito. Nei due anni successivi, inoltre, molte riforme vengono realizzate e i conti pubblici migliorano. Il Paese, tuttavia, stenta ancora a imboccare la via della crescita per le ragioni cui si è accennato in precedenza. Il malcontento popolare cresce e viene abilmente canalizzato contro le istituzioni europee, accusate di aver imposto – su ispirazione della Germania – le impopolari misure di aggiustamento economico rese necessarie dai lunghi anni di gestione irresponsabile dell’economia da parte dei due partiti che si erano alternati al governo negli anni prima della crisi (i quali – sommati insieme – avevano raccolto nelle elezioni legislative svoltosi tra il 2000 e 2009 un consenso elettorale oscillante tra il 70 e il 90%). Le prospettive di un radicale cambiamento politico nel dicembre 2014 fanno mutare gli animi: le entrate fiscali crollano improvvisamente, i depositi bancari vengono rapidamente ridotti e i capitali iniziano a essere espatriati. 

Il nuovo governo greco, riconoscendo solo parzialmente le responsabilità che gravano sul Paese stesso, avanza il diritto di realizzare una discontinuità col passato rinegoziando le condizioni del programma di assistenza, ridefinendo le procedure di negoziazione e persino ridiscutendo l’entità del debito in mano ai partner europei. I Paesi più solidi (così come quelli che hanno in questi anni completato difficili processi di risanamento) insistono invece sulla necessità che la Grecia completi tutte le riforme accordate prima di discutere di ulteriori interventi di aiuto (a maggior ragione la rinegoziazione del debito); in caso contrario l’assistenza internazionale eliminerebbe gli incentivi per la Grecia ad affrontare fino in fondo i problemi strutturali che hanno reso la sua permanenza nell’Eurozona così tormentata. 

Nello scontro tra tanti interessi divergenti e visioni contrapposte di ciò che sia meglio per la Grecia, tensioni, risentimenti e incomprensioni alimentano opposti populismi e massimalismi. Inoltre, visto che la Grecia è stata salvata trasformando una parte dei debiti verso creditori privati in debiti con gli Stati dell’Eurozona, i rapporti tra Paesi dell’UE divengono tesi, come lo sono tipicamente quelli tra creditori e debitori. Un grave effetto indesiderato della modalità prescelta per salvare la Grecia, a suo tempo del tutto sottovalutato dai partner, che rischia di minare la solidarietà europea e l’ideale europeistico. 

La conferenza “Crisi greca: cause e possibili vie di uscita” si è tenuta il 4 maggio scorso nell’ambito del ciclo di incontri “Orizzonti internazionali: dialoghi su attualità e globalizzazione” organizzato dalla Scuola di Studi Internazionali e dalla Biblioteca Comunale di Trento. Il prossimo appuntamento, “Il diritto del lavoro ai tempi del Jobs Act”, sarà martedì 19 maggio alle ore 17.30 presso la Sala degli Affreschi della Biblioteca Comunale.