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Internazionale

ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE E DIFESA DEI DIRITTI UMANI

In Ateneo un incontro con i volontari del Gruppo di Trento di Amnesty International

18 maggio 2016
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ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE E DIFESA DEI DIRITTI UMANI
di Alessia Donà
Professoressa associata di Scienza politica del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento.

Storicamente i diritti umani sono stati definiti dapprima all’interno degli ordinamenti giuridici nazionali di alcuni stati occidentali per proteggere i cittadini dal potere sovrano e dunque regolamentare la relazione tra governanti e governati.

Più tardi, le vicende sanguinose della Seconda guerra mondiale e le barbarie contro milioni di persone commesse dai regimi nazista e fascista hanno dato la spinta morale necessaria affinché la comunità internazionale nella sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si impegnasse non solo al mantenimento della pace e della sicurezza, ma anche alla tutela e alla promozione dei diritti umani.

Di qui l’approvazione della Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), una collezione astratta e non vincolante di parole e nobili sentimenti, che ha generato nel tempo una vasta e crescente mole di norme internazionali a tutela dei diritti civili, politici, sociali, economici e culturali delle singole persone e di particolari minoranze. In questo modo l’idea di diritti umani è diventata il discorso normativo e morale dominante della politica globale e contemporaneamente il campo dei diritti umani si è allargato nel tempo con l’obiettivo di accrescere la salvaguardia della dignità della persona e realizzare gli ideali di libertà, giustizia ed equità. 

Tutto questo ha avuto come conseguenza la messa in crisi della sovranità e la trasformazione dei rapporti tra stati. Per effetto di convenzioni internazionali che hanno definito cosa siano i diritti umani universali e istituito organi di monitoraggio verso i quali è possibile anche presentare denunce individuali, gli stati sono chiamati a rendere conto delle proprie condotte nei confronti della opinione pubblica e della comunità internazionale. In questo modo la sovranità statale è stata indebolita sul piano del potere di controllo esclusivo sui propri cittadini e della autonomia della politica interna.

Tale processo è stato ulteriormente accelerato dopo che agli inizi del XXI secolo la comunità internazionale ha adottato la dottrina della ‘responsability to protect, che riconosce la responsabilità degli stati di proteggere la propria popolazione da gravi crimini di massa (genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità, pulizia etnica) e il dovere di intervento della comunità internazionale. La sovranità è dunque intesa non come potere arbitrario dello stato sui propri sudditi, ma come onere di garantire una vita dignitosa ai propri cittadini secondo quanto stabilito dalle norme internazionali.    

Tuttavia, la cronaca quotidiana riporta notizie di stati (democratici e non) che compiono apparentemente impuniti violazioni oppure che in maniera recalcitrante collaborano con le istituzioni internazionali. Inoltre i meccanismi di controllo sugli stati per valutare il loro comportamento nel rispetto dei diritti umani risentono del condizionamento di fattori politici e diplomatici, oltre che di una struttura organizzativa farraginosa che rende poco tempestiva la reazione di fronte a casi di massicce e gravi violazioni. 

Per queste ragioni il ruolo della società civile internazionale è diventato insostituibile nel proteggere i diritti umani grazie alla sua importante opera di preparazione di rapporti periodici accurati, di denuncia tempestiva di casi di violazione di diritti umani, di sensibilizzazione e mobilitazione dell’opinione pubblica e anche nella sua capacità di esercitare pressione affinché gli stati rispettino le norme internazionali e la comunità internazionale intervenga dinanzi a violazioni da parte degli stati stessi. 

In conclusione, sebbene le convenzioni internazionali siano state adottate e ratificate in maniera crescente dagli stati e gli enti intergovernativi sorveglino i comportamenti di quest’ultimi, l’effettiva implementazione di quelle norme passa attraverso le attività portate avanti dalle organizzazioni non governative che agiscono come guardiani dei diritti umani a livello locale, nazionale e globale. Queste organizzazioni servono dunque da pungolo agli stati e alle organizzazioni internazionali per il rispetto del principio che tutte le persone sono libere e uguali senza discriminazioni. 

L’argomento è stato affrontato in un incontro con i volontari del Gruppo di Trento di Amnesty International il 10 maggio scorso al Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale (DSRS) dell’Università di Trento. Il seminario, dal titolo “ONG e difesa dei diritti umani: le attività di Amnesty International”, è stato proposto nell’ambito del corso di laurea in Studi internazionali, corso di Sociologia dell’integrazione europea. Gli interventi si sono focalizzati sui seguenti temi: i migranti, i richiedenti asilo, le politiche dell'Unione europea e le richieste di Amnesty International e di altre organizzazioni umanitarie; una testimonianza dall'isola di Lesbo di un'attivista di Amnesty International; Turchia, Siria, Libia e Egitto: dalla primavera all'inverno arabo? Un approfondimento è stato dedicato al caso di Giulio Regeni.
L’incontro è stato introdotto e coordinato dalla professoressa Alessia Donà.