Mercoledì, 22 aprile 2015

Servizi segreti, ora meno segreti

Gli studenti di UniTrento alla scoperta dell'intelligence

Versione stampabile

L’incontro promosso dalla Scuola di formazione del comparto intelligence, istituita nell’ambito del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), con gli studenti dell’Università di Trento - svoltosi il 21 aprile scorso, dal titolo L'intelligence incontra l'Università - ha avuto l'obiettivo di dissipare l’alone di mistero che circonda da sempre i servizi d’intelligence italiani e mostrarne i connotati reali ai giovani universitari. 

La conferenza, tenutasi nell’Auditorium del Dipartimento di Lettere e Filosofia, ha rappresentato una delle tappe del roadshow “Intelligence live”, un cammino che i responsabili dell’intelligence nazionale stanno compiendo tra gli atenei italiani, con l’intento di sfatare pregiudizi e stereotipi che impediscono a molti di comprendere le reali prerogative e i funzionamenti dei nostri servizi segreti.

Ad accogliere in Ateneo la tappa del roadshow dell'intelligence erano presenti  il rettore Paolo Collini insieme al preside della Facoltà di Giurisprudenza, Giuseppe Nesi. Accanto a loro, tra i relatori, anche i professori Antonino Alì, docente di Diritto internazionale, e Fabio Massacci, docente di Elaborazione delle informazioni che sono intervenuto nel corso del pomeriggio.

A offrire uno sguardo alle attività dell'intelligence sono stati Bruno Valensise, direttore della Scuola di formazione del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e Paolo Scotto di Castelbianco, responsabile della Comunicazione Istituzionale (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza).

L’idea di organizzare il roadshow - è stato spiegato in apertura dell’incontro - nasce dalla consapevolezza del deficit di informazioni attendibili di cui l’opinione pubblica dispone a proposito dell’intelligence. Un deficit che si scontra con il desiderio crescente, soprattutto tra i giovani, di saperne di più. A fornire una prova evidente di questa distanza, i dati forniti da Bruno Valensise: su un campione di mille intervistati, l’87% ha dichiarato che sarebbe utile far conoscere meglio l’intelligence del nostro Paese, mentre l’86% si è detto favorevole a riservare un maggiore rilievo nei corsi universitari alle tematiche della sicurezza nazionale. A fronte di questa ansia di conoscenza, però, solo il 38% degli intervistati ha ammesso di conoscere i contenuti fondamentali della legge 124/2007, che ha riformato i nostri servizi segreti.

Dopo aver illustrato l’architettura dell’intelligence italiana nei suoi apparati politici e in quelli di coordinamento e operativi, Valensise ha indicato i vari compiti che l'intelligence svolge: dal contrasto delle minacce tradizionali, ma che hanno spesso un volto nuovo (come il terrorismo jihadista), alla protezione delle infrastrutture critiche, fino alla salvaguardia degli interessi economici, politici, industriali e scientifici. «La nostra missione è quella di ricercare ed elaborare tutte le informazioni utili alla difesa dell’indipendenza e dell’integrità della Repubblica. È nella conoscenza anticipata di ogni tipo di minaccia che risiede il core business di un servizio d’intelligence. Un presidio che attraverso la sua azione deve aiutare le istituzioni a prendere le decisioni migliori in tema di sicurezza nazionale. Per svolgere queste funzioni, abbiamo bisogno di strumenti adeguati, che nel nostro caso sono soprattutto l’attività in incognito, la creazione di attività economiche simulate e le intercettazioni preventive. E poi, lo scambio di informazioni e la cooperazione a livello internazionale».

Valensise ha infine sottolineato come, contrariamente a quanto spesso si pensi, anche l’intelligence sia sottoposta a specifici controlli. Si tratta sia di controlli interni, svolti da un apposito Ufficio ispettivo, sia esterni, che ricadono nelle competenze specifiche del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, che ha il dovere di verificare che le attività svolte dall’intelligence avvengano nel rispetto della Costituzione e delle leggi.

«La legge del 2007 - ha spiegato Paolo Scotto di Castelbianco nel suo intervento “Comunicare il segreto” - ha aggiunto ai compiti tradizionali anche due missioni inedite: la comunicazione istituzionale e la promozione della cultura della sicurezza. Attività che servono a far conoscere l'intelligence, un'istituzione fra le istituzioni, anche al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Questo perché la sicurezza è un bene comune e i cittadini devono essere informati tanto delle minacce che gravano su di loro, quanto dei meccanismi per prevenirle. Negli ultimi anni la percezione dei cittadini sta cambiando anche grazie a questo sforzo di apertura verso l'esterno; l'intelligence, del resto, oggi più che mai non è interessata a una “riservatezza a perdere”».

Nel corso della conferenza è stato infine precisato che quella di stringere i rapporti con il mondo accademico è stata una scelta significativa, maturata nella consapevolezza che è proprio l’Università il luogo in cui operano eccellenze in grado di contribuire alla tutela della sicurezza nazionale. In questo senso, l'auspicio degli organizzatori del roadshow “Intelligence live” è quello di raggiungere e coinvolgere le migliori intelligenze del Paese per creare una rete di esperti, oltreché contribuire alla formazione di una cultura condivisa della sicurezza.