Venerdì, 20 novembre 2015

Per Rostagno una targa in via Verdi e un ciclo di seminari in politica del conflitto

Il Consiglio di Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale ricorda così Mauro Rostagno

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Il Consiglio di Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale vuole ricordare Mauro Rostagno con la collocazione di una targa nell’edificio di via Verdi che l’ha visto studente e l’attivazione di un ciclo di seminari in politica del conflitto.

«A Trento – commenta il direttore Mario Diani – la sua memoria è sempre stata viva, e non solo tra gli ex-studenti che hanno vissuto quella particolare stagione della Facoltà di Sociologia e dell’Ateneo. Riservare a Rostagno un riconoscimento formale non significa però soltanto richiamare una vicenda ormai trascorsa. Si tratta invece di evidenziare il filo che lega la particolare esperienza trentina degli anni Sessanta con le vicende successive del nostro Paese, vicende rispetto alle quali la vita di Mauro Rostagno, e le condizioni della sua scomparsa, possono ancora fornire indicazioni di rilievo. Lo vogliamo ricordare come protagonista della lotta antimafia e per la sua proposta non violenta di cambiamento sociale».

Accanto alla targa, s’intende così avviare i “Seminari Mauro Rostagno in politica del conflitto/Mauro Rostagno seminars in contentious politics”, un ciclo che ogni anno porterà a Trento un visiting professor di fama internazionale per approfondire, da una prospettiva non solo sociologica ma anche politologica, storica o di altre scienze sociali, aspetti rilevanti dei conflitti contemporanei. Requisito essenziale per la realizzazione di questi seminari sarà il coinvolgimento attivo di altri soggetti della società civile.

Nel corso della seduta il Consiglio di Dipartimento ha espresso l’intenzione di onorare la memoria di Rostagno in primo luogo per l’impegno nel giornalismo investigativo e nella denuncia delle collusioni politico-mafiose, che gli sono costate la vita il 26 settembre del 1988. Ha voluto anche sottolineare però come quell’esperienza rifletta una visione della sociologia come disciplina che fornisce gli strumenti per intervenire sulla realtà con obiettivi di cambiamento. Si è ricordato come, una volta conclusi gli studi a Trento, Rostagno avrebbe potuto scegliere la strada della sociologia accademica, percorso che seguì per un breve tratto come borsista del CNR. In lui prevalse però la ricerca di nuove forme di impegno civile.

«Sarebbe pretenzioso sostenere – si è detto – che nelle sue molteplici attività Rostagno si sia ispirato soltanto al suo bagaglio di conoscenze sociologiche. Ma sarebbe altrettanto cieco negare il nesso evidente tra la capacità di lettura critica della realtà sociale, affinatasi negli anni trentini, e il resto della sua vita».

Nella seduta si è considerato come ricordare la figura di Rostagno significhi anche confrontarsi con una particolare stagione, che ha segnato lo sviluppo dell’Università e in generale la storia del Paese.

«Le vicende legate alla fondazione di Sociologia – si è precisato – non possono essere liquidate come la semplice contrapposizione tra il riformismo illuminato di Kessler e il massimalismo irresponsabile degli studenti radicali. Da un lato non si possono dimenticare le opposizioni fortissime che il progetto di Kessler incontrò nella società locale e nel suo stesso partito, o i livelli di arretratezza culturale e autoritarismo in cui versava la società italiana negli anni Sessanta. Dall’altro, pur tenendo conto di tutti i limiti del movimento studentesco di quegli anni – limiti peraltro riconosciuti successivamente dallo stesso Rostagno – è difficile pensare a processi di innovazione che si sviluppino in maniera lineare, senza risentire delle contraddizioni e tensioni della propria epoca. In particolare, sarebbe difficile pensare allo sviluppo della sociologia e delle altre scienze sociali (a Trento ma non solo) scollegandola dalle tensioni e dai conflitti, ma anche dalle passioni, che la società italiana e mondiale vivevano negli anni Sessanta. Di queste passioni, con i loro entusiasmi e le loro nobiltà così come i loro eccessi, Mauro Rostagno è stato protagonista. Ricordarne la figura non è allora un processo di beatificazione, o un’esaltazione acritica di un passato mitizzato e ormai distante. Al contrario, significa riconoscere che il mutamento sociale e l’innovazione passano inevitabilmente attraverso tensioni e conflitti, anche aspri. Tali conflitti vanno analizzati con spirito critico, senza ridurli ad interpretazioni retrospettive dettate da moralismo e opportunismo».

Il Consiglio di Dipartimento ha preso, quindi, in considerazione la capacità di Rostagno di dare voce ai conflitti che attraversavano la società di quegli anni, ma anche di indicare un’uscita dalla stagione dei movimenti e una pratica non violenta.

«Anche nelle attività – si è ricordato – apparentemente meno politiche, che si trattasse dell’esplorazione delle filosofie orientali, o delle attività terapeutiche condotte nella comunità di Saman in Sicilia, la tensione a cambiare il mondo è sempre stata al centro della vita di Rostagno. Riconoscendo le inadeguatezze e gli errori compiuti, senza mai abbandonare la ricerca appassionata di nuove prospettive. In un mondo dominato dalla contrapposizione tra fondamentalismi e di ogni genere e poteri tecnocratici spesso incapaci di parlare al cuore dei propri cittadini, esperienze come quella di Mauro Rostagno mantengono la loro rilevanza».