Giovedì, 28 gennaio 2016

Inaugurato l’anno accademico 2015-2016 dell’Università di Trento

La cerimonia si è svolta ieri nel segno di una crescente apertura dell’Ateneo al territorio e al mondo produttivo

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Una crescente apertura dell’Ateneo al mondo delle imprese e del lavoro: è ciò che ha contrassegnato la Cerimonia per l’inaugurazione del 54° anno accademico, svoltasi ieri pomeriggio nell’aula magna della Facoltà di Giurisprudenza e accompagnata anche dalla premiazione dei migliori laureati dell’anno accademico 2013-2014 di ognuno dei 13 dipartimenti e centri dell’Ateneo. Un riconoscimento che quest’anno in 9 casi su 13 è stato conquistato da donne.

Spazio anche alla gratitudine per i membri della comunità accademica (19 quest’anno tra professori e personale tecnico e amministrativo) che nel 2015 hanno concluso il proprio servizio all’Università di Trento.

L’ingresso del corteo accademico, come da tradizione, è avvenuto sulle note del “Gaudeamus igitur” (l’inno accademico internazionale) eseguito da un quartetto di clarinettisti del Conservatorio di Musica Bonporti di Trento, che ha proposto al pubblico anche vari intermezzi musicali. 

Ad aprire la cerimonia è stato, Paolo Collini, al suo debutto in veste di rettore per questa occasione ufficiale. Subito un riferimento all’attualità, al processo di valutazione avviato dal Miur attraverso l’Anvur che sta suscitando prese di posizione da vari atenei: «Si chiude in questi giorni la fase preliminare della valutazione quadriennale della ricerca in Italia. Le università soffrono per i vincoli alla loro capacità di azione. Una maggiore libertà è possibile solo in presenza di una più incisiva valutazione dei risultati. Le ambizioni della nostra comunità universitaria sono quelle di una moderna, competitiva università europea e questo non lascia spazio a scelte alternative all’accettazione di una valutazione terza ed indipendente».

Il rettore ha quindi ricordato alcuni passi importanti, dalla forte valenza territoriale, compiuti durante il suo primo anno di mandato: l’accordo con la Fondazione Edmund Mach per la nascita di un centro universitario su alimentazione, agricoltura e ambiente; la nascita di Hub Innovazione Trentino insieme alle fondazioni Edmund Mach e Bruno Kessler e a Trentino Sviluppo e la firma, pochi giorni fa, del protocollo per la meccatronica che coinvolge anche le imprese. 
Poi un riferimento al progetto di un asse degli atenei del Nord Est: «Credo che la cooperazione tra università possa essere utile anche per l’intero territorio, mettendo in rete competenze e saperi scientifici e rendendoli disponibili, almeno in prospettiva, al sistema produttivo che inevitabilmente in territori piccoli non trova le risposte alle proprie esigenze. Un impegno in tutti gli ambiti dove si sente forte la competizione globale, ad esempio la didattica di secondo livello, o l’attrazione di studenti internazionali, o anche il coordinamento dell’offerta didattica in aree contigue».

Il rettore poi ha fatto il punto sul piano di sviluppo edilizio che interessa l’Ateneo citando in particolare l’inaugurazione della nuova biblioteca delle Albere alla fine di quest’anno, il completamento della sede del CiMeC a Borgo Sacco, l’avvio dei lavori a Mesiano per la nuova biblioteca di area tecnologica e la ristrutturazione dell’edificio principale oltre al rifacimento degli spazi della sede della ex facoltà di Scienze a Povo e all’ammodernamento degli impianti a Economia.

Infine uno sguardo alle partite aperte su cui si gioca lo sviluppo futuro dell’Università di Trento: «Innanzitutto, il tema di come mantenere e incrementare il livello qualitativo della ricerca. A partire dalle infrastrutture. Questa è una sfida importante perché in molti dei campi in cui competiamo ad alto livello l’investimento in tecnologia è fondamentale. Poi il tema dell’innovazione didattica: in un mondo che ha visto e vede modificarsi radicalmente i modi di trasmissione del sapere, il nostro modello didattico è ancora fortemente tradizionale. Dobbiamo invece migliorarlo e innovarlo, anche dotandoci di servizi interni che aiutino i docenti a cambiare il loro modo di insegnare. E poi l’elemento centrale, le persone. Il nostro obiettivo è scegliere le migliori, aiutarle a lavorare bene, creare il contesto e le condizioni perché possano perseguire i loro obiettivi che sono anche i nostri: fare buona ricerca, aiutare i giovani che scelgono la nostra università a crescere e a formarsi, lavorare con chi ci sta intorno per far crescere il Trentino. Per questo stiamo definendo condizioni incentivanti per chi decide di venire a lavorare a Trento e per gli studenti in cantiere ci sono i progetti di un Career Center di ateneo e di una “cittadella dello studente” all’ex CTE».

Collini ha concluso con un cenno alla ricorrenza della Giornata Memoria e anche alla scomparsa tragica di Valeria Solesin e Paola Ferrarese, vittime della violenza nel corso del 2015.

Il presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Università Innocenzo Cipolletta ha esordito annunciando che quest’anno l’Assemblea di Ateneo, l’altro grande momento di incontro fra accademia, studenti e territorio, si terrà il 21 giugno a Trento e ha ricordato l’impegno dell’Ateneo nel prossimo Festival dell’Economia dedicato ai "Luoghi della Crescita”. «Il collegamento con il territorio è importante non solo per noi dell'Università e per la gente del Trentino che ci ospita, ma per tutto il Paese. La crescita di un Paese come il nostro è sempre più portata dai territori, dai luoghi dove si mescolano sapientemente competenze specifiche, istituzioni, infrastrutture, conoscenze, spirito creativo, cultura, innovazione, competizione e collaborazione, che non sono necessariamente in contraddizione. È da questo mix di fattori che deriva la crescita economica e sociale per un Paese moderno. Nuove sfide ci aspettano in questo mondo che si è allargato a nuove popolazione, a nuove tecnologie e che ha nell'innovazione il suo traino. È un mondo non scevro da rischi e tensioni che troppo spesso dominano i nostri sentimenti e provocano tentazioni di chiusura e di rifiuto di ciò che è nuovo e diverso. Compito della cultura, e quindi dell'Università, è chiarire quali siano i rischi, ma soprattutto indicare quali siano le opportunità da cogliere».

È stato quindi il momento della prolusione di Riccardo Donadon, imprenditore fondatore di H-Farm, ospite d'onore, con la sua prolusione “Lo studio e il lavoro nell’età digitale”. Dunque, non un accademico, ma un imprenditore che compirà 50 anni solo nel 2017. E che, dopo gli studi classici, ha deciso di seguire la sua passione per la “Rete” trasformandola in un alleato per svecchiare senza snaturare le aziende di famiglia italiane e per aprire ai giovani opportunità inedite di innovazione e di lavoro. Di proposito nel 2005 ha collocato il polo tecnologico H-Farm in alcuni casali nella campagna di Ca’ Tron, di fronte alla laguna di Venezia. Dai rustici di un tempo agli orizzonti globali combinando tradizione e innovazione, radicamento al territorio e allargamento in un’ottica digitale: «Viviamo in un’epoca di grande cambiamento, dobbiamo essere sempre più consapevoli delle grandissime opportunità che abbiamo. Sono convinto che questa sia la generazione più fortunata degli ultimi 100 anni, a dispetto di chi vuole convincere i ragazzi del contrario. E altrettanto fortunati sono i giovani che entreranno nel mondo del lavoro nei prossimi dieci anni». Ha proseguito così il suo messaggio di speranza: «L’accelerazione tecnologica sta imponendo la riscrittura di moltissimi modelli di business che creeranno opportunità di cambiamento concrete. I nuovi lavori legati al digitale sono e saranno tantissimi, bisogna prepararsi e farsi trovare pronti».

Alex Pellacani, che ricopre da sole due settimane il ruolo di direttore generale dell’Ateneo di Trento, ha ringraziato la direttrice generale Giancarla Masè «per aver lasciato in eredità una struttura gestionale solida per competenze tecniche e attenzione ai livelli di servizio attesi». Nel suo intervento Pellacani, anche lui al debutto in questa occasione, si è concentrato sul legame tra pianificazione strategica pluriennale e programmazione economico-finanziaria e sul raccordo di questi due livelli programmatici all’interno di un unico Piano integrato che sia risultato di un processo di pianificazione che coinvolge sia le strutture accademiche sia le strutture gestionali». Quindi un invito alla comunità accademica: «Dobbiamo abbandonare atteggiamenti mentali chiusi. Munirci di coraggio e generare nuovi atteggiamenti, superando le insicurezze legate all’abbandono di metodi operativi a cui ci si è metodicamente affezionati o ansie da vuoto normativo. Ci ripetiamo di continuo quanto sia gravoso e frenante il peso dell’eccesso di norme spesso contrastanti, ma dobbiamo essere pronti a operare in loro assenza, anche assumendoci nuove o diverse responsabilità».

Dopo aver posto l’accento sul contributo dei dirigenti e del personale amministrativo e tecnico alla crescita dell’Università di Trento, ha annunciato che con il prossimo avvio della negoziazione del nuovo Contratto collettivo «si cercherà di consolidare e potenziare ulteriormente gli istituti di flessibilità organizzativa per sperimentare, ad esempio, forme di smart working, coerenti con l’evoluzione verso la Digital University». Ha aggiunto: «Un contesto organizzativo dove viene valorizzata la diversità e dove si promuove una cultura del rispetto e della dignità di tutte le persone che vi operano, mi pare rappresenti un valore aggiunto troppo spesso sottovalutato, una leva motivazionale a far bene, un coinvolgimento “culturale” trasversale che consente di portare a fattore comune il contributo di tutti, anche gli sforzi apparentemente marginali, concorrendo al miglioramento complessivo dell’Ateneo».

Ha preso infine la parola Lorenzo Varponi, presidente del Consiglio degli studenti al suo primo intervento in questa occasione: «Da quando sono stato eletto dagli studenti, ho preso, assieme all’organizzazione di cui faccio parte (Unione degli universitari), l’impegno di restituire agli studenti un ruolo attivo nelle scelte dell’Università e nel dibattito cittadino. Nonostante le strettoie del nostro Statuto, il Consiglio degli studenti ha saputo in questi anni ricavarsi spazi di proposta e rendersi motore di alcuni importanti cambiamenti». Ha quindi tracciato un’analisi della situazione nazionale: «Ogni anno ci troviamo a fare i conti con un sottofinanziamento dell’università italiana e del relativo sistema di diritto allo studio. Gli enti competenti devono assumersi la responsabilità delle proprie scelte, compreso il non considerare Università e ricerca come un investimento ma come una spesa da tagliare in modo lineare evocando la proverbiale coperta troppo corta. La comunità accademica deve saper essere compatta di fronte all’emorragia di immatricolati che si registra in Italia, al dilagare della dispersione scolastica, alla valutazione punitiva dell’Anvur ed essere in grado di dire anche dei “no”».