Immagine tratta dalla copertina del libro a cura di Claudio Bartocci "Racconti matematici", Einaudi

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SCRITTORI MATEMATICI

Conferenza del professor Claudio Bartocci dell’Università di Genova per il ciclo “Scienza in città”

3 giugno 2016
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SCRITTORI MATEMATICI
di Claudio Bartocci
Professore di fisica matematica presso l’Università di Genova.

«L’arbitrario che crea il necessario»: questa evocativa formula di Paul Valéry offre, forse, la chiave per decifrare l’impalpabile rete di echi, rimandi e corrispondenze che legano, nella nostra cultura, matematica e letteratura. Entrambe sono, seppure in maniera diversa, manifestazioni creative dell’intelligenza linguistica di Homo sapiens e sembrano quasi scaturire dalla tensione essenziale che si innesca tra la libertà, apparentemente infinita, di invenzione, composizione, variazione e le limitazioni imposte dai vincoli formali e strutturali. Inoltre, come ha avuto modo di osservare Carlo Emilio Gadda, «le discipline matematiche e la disciplina dello scrivere, cioè dell’esprimersi nei termini propri di una lingua, hanno feudi in giurisdizione comune. Istituiscono omologie di problemi: le quali sono avvertite, è ovvio da chi bazzica le matematiche e frequenta, ad un tempo, la palestra dealbata della pagina».

È soprattutto nel corso degli ultimi due secoli che gli intrecci tra questi due campi della creatività si sono moltiplicati e rafforzati. Dalla prima metà dell’Ottocento, in effetti, la matematica subisce rapide e profonde trasformazioni: la creazione delle geometrie non euclidee, la nascita dell’algebra astratta, i risultati nel campo dell’analisi reale e complessa, lo sviluppo della teoria degli insiemi e dell’«aritmetica dell’infinito» sollevano problemi non solo tecnici ma anche filosofici, che, in alcuni casi, accendono dibattiti non circoscritti all’ambito dei soli specialisti. Il nuovo e vasto mondo di idee e di forme astratte che scaturisce da queste ricerche esercita un fascino potente, sebbene il più delle volte mediato e sotterraneo, su quanti – artisti, musicisti, pensatori, scrittori – le osservano dall’esterno, con lo stupore del profano o l’ammirazione del cultore avvertito. Valga per tutti l’esempio di Isidore Ducasse, autoproclamatosi Comte de Lautréamont, che nei suoi Chants de Maldoror inneggia alle «mathématiques sévères» e al contempo «saintes»:

«Aritmetica! algebra! geometria! triangolo luminoso! [...] voi, matematiche concise, con il concatenamento rigoroso delle vostre proposizioni tenaci e la costanza delle vostre leggi di ferro, voi fate brillare, agli occhi abbagliati, un riflesso intenso di quella verità suprema la cui impronta si osserva nell’ordine dell’universo».

I nuovi universi geometrici creati dai grandi matematici dell’Ottocento e la possibilità di immaginare spazi a più di tre dimensioni costituiscono la fonte comune di ispirazione per i visionari «scientific romances» di Charles Hinton, per Flatland, l’utopia teologica di Edwin Abbott Abbott e per il famoso viaggio nel tempo di Herbert G. Wells. Non solo: nella seconda parte dei Fratelli Karamazov, Ivan, l’eroe-scienziato, argomenta sottilmente, dialogando con Alëša, che la possibilità stessa di una geometria che vìola il postulato delle parallele solleva l’ombra del dubbio sull’esistenza di Dio, la cui opera è – deve essere – assolutamente euclidea.

Creazione letteraria e riflessione originale sullo «specifico» della matematica si fondono indissolubilmente nell’opera di due grandi autori all’incirca contemporanei, anche se con percorsi biografici assai differenti: Paul Valéry (1871-1945) e Robert Musil (1880-1942). Per il primo, come emerge dalle centinaia di osservazioni disseminate nei Cahiers, l’ideale della poesia arriva a coincidere con l’ideale della matematica. Se «la plus grande liberté naît de la plus grande rigueur» (così leggiamo in Eupalinos), unicamente «les mathématiques» risolvono questo apparente paradosso, perché «[elles] entre autres choses, enseignent l’acharnement contre les conséquences, et la rigueur de la route une fois choisie arbritrairement». Dal canto suo, Musil – che ha alle spalle solidi studi di ingegneria, psicologia e filosofia – individua nella matematica «un’ostentazione di audacia della pura ratio; uno dei pochi lussi oggi ancora possibili». Essa diventa, già nei Turbamenti del giovane Törless (1906), un antidoto contro la dilagante «stupidità» del tempo presente e modello di un pensiero che – quasi un ponte senza arcate sospeso sull’abisso (come nel celebre passo sulla strana «faccenda dei numeri immaginari») – permette di superare la contraddizione tra «anima ed esattezza». Così, il protagonista dell’Uomo senza qualità, Ulrich, è un matematico, che studia «quei problemi […] che non ammettono una soluzione generale, bensì solo soluzioni parziali, combinando le quali ci si avvicina a quella generale», e pratica l’ironia e il «disicantamento statistico».

Numerosissimi sono gli scrittori del Novecento nella cui opera si percepisce l’eco, magari remota, di idee matematiche, talvolta consapevolmente rielaborate, più spesso assorbite in maniera quasi subliminale: tra gli altri, Leonardo Sinisgalli, Hermann Broch, Leo Perutz, Gadda, i sodali dell’Oulipo (Raymond, Queneau, Georges Perec, Jacques Roubaud, Italo Calvino), Max Frisch, Hans M. Enzensberger, Don DeLillo (si pensi al romanzo La stella di Ratner), David Foster Wallace. Si potrebbe argomentare che questi «casi esemplari» – che non è qui possibile esaminare uno per uno – riflettono non soltanto inclinazioni personali, ma forse, più in generale, una specifica prossimità tra letteratura e matematica. Entrambe queste attività dell’intelligenza – ciascuna, sia chiaro, secondo le modalità che le sono proprie – offrono strumenti per demistificare la realtà attraverso giochi di rispecchiamento, per sondare la nostra capacità (o incapacità) di dare un nome alle cose, per esplorare le possibilità (nelle parole di Calvino) di un «nuovo rapporto tra la leggerezza fantomatica delle idee e la pesantezza del mondo».

 

L’incontro con il professor Bartocci si è tenuto lo scorso 21 aprile presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. L’evento è l’ultimo del ciclo di conferenze “Scienza in città” organizzato dal Dipartimento di Matematica dell’Ateneo trentino. L'intervento di Claudio Bartocci ha ripreso, in forma condensata, temi da lui sviluppati in vari altri testi: Introduzione, in Racconti matematici, Einaudi, Torino 2006, pp. I-XXVVII; Robert Musil. L’audacia dell’intelligenza, in Vite matematiche, a cura di C. Bartocci, R. Betti, A. Guerraggio e R. Lucchetti, Springer, Milano 2007, pp. 111-127; Raccontare mondi possibili: letteratura e matematica in Cavalcare la luce. Scienza e letteratura. Atti del Convegno Internazionale, Alessandria 23-25 maggio 2007, a cura di G. Ioli, Interlinea Edizioni, Novara 2009, pp. 141-146; Geometrie vittoriane, in E.A. Abbott, Flatlandia, trad. it. F. Oddera. Einaudi, Torino 2011, pp. V-XXXI.