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Eventi

I disturbi dello spettro autistico

A Rovereto un convegno su nuove prospettive di ricerca e pratica clinica

17 dicembre 2021
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di Donatello Baldo
Giornalista, collaboratore del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell'Università di Trento.

Una giornata intera dedicata ai disturbi dello spettro autistico, un convegno  sulle «nuove prospettive di ricerca e pratica clinica», tredici relatori tra cui docenti e ricercatori del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. L’evento che si è svolto lo scorso 26 novembre nell’Aula magna di Palazzo Piomarta a Rovereto è riuscito a fare il punto sulle ricerche più avanzate: «La ricerca sull’autismo – ha esordito la prorettrice alla Didattica Paola Venuti, curatrice del convegno – ha un posto rilevante all’interno del nostro Dipartimento. Il senso più profondo di questo incontro è stato il confronto sui più recenti temi di ricerca, ma soprattutto sulla loro ricaduta in ambito clinico». 

«Il lavoro sull’autismo ci ha insegnato una cosa fondamentale – ha spiegato la prorettrice – a non essere rigidi, ad essere flessibili negli interventi e nei modelli di ricerca. Quello che serve per un gruppo non vale necessariamente per un altro, e c’è la necessità di essere aperti a visioni che via via si trasformano. Abbiamo approfondito per anni gli studi americani, ma ci siamo accorti di doverli adattare al modello italiano. Prendere, adattare, integrare: così abbiamo fatto. E la nostra forza – ha sottolineato Venuti – risiede nella continua connessione tra ricerca e clinica, fondamentale e imprescindibile per riuscire a procedere in modo innovativo, al passo con quello che scopriamo su genotipo e fenotipo dell’autismo il tutto calato nel contesto della terapia». Per la prorettrice «questo convegno ha prodotto una discussione tra persone che lavorano da anni in questo ambito»: «Per capire a che punto sia la ricerca e come meglio applicarla nella clinica». 

La giornata di approfondimento ha scandagliato molti aspetti, ma il primo intervento – relatrici Francesca Fulceri e Maria Luisa Scattoni, rispettivamente ricercatrice e coordinatrice dell’Osservatorio nazionale Autismo dell’istituto Superiore di Sanità – ha fatto il punto del lavoro istituzionale: «L’Osservatorio, attraverso attività scientifiche e istituzionali, punta alla prevenzione e promozione, delineando e definendo le linee guida nazionali e i programmi di formazione sulla precocità dell’intervento e identificazione dei segnali di rischio rivolti a educatori, insegnanti, pediatri, riabilitatori, con l’idea di base che solo attraverso la creazione di una rete profonda si riesce a intervenire al meglio sui disturbi dello spettro autistico». D’accordo Paola Venuti: «Alla definizione dei programmi di formazione abbiamo contribuito anche noi, una azione fondamentale. Il lavoro di rete è indispensabile, e se la rete non è profonda e ramificata non dà garanzie per un intervento efficace. Abbiamo un’entità che si occupa a livello nazionale di dare una visione comune, e per l’Italia è un passo avanti notevole». 

Gli altri contributi hanno indagato l’efficacia dei modelli predittivi sull’efficacia degli interventi, gli indicatori precoci in ambito diagnostico, soffermandosi anche sull’autismo in età prescolare, sul ruolo del padre, sulle ricadute in ambito educativo e riabilitativo. «Da tutte le relazioni, un punto comune – spiega Venuti – la necessità di mettere assieme i risultati delle recenti ricerche verificandone la traduzione sul piano clinico, con una particolare attenzione alla misurazione dell’efficacia degli interventi, alla loro precocità che è ormai indubbio possa dare maggiori risultati dal punto di vista cognitivo». Per la docente, «il convegno è stata anche l’occasione per presentare dati italiani»: «Che sono in linea con quelli stranieri e che confermano quanto sia importante l’intervento precoce, e non tanto la quantità ma la qualità dell’intervento. Soprattutto se svolto in rete, con il coinvolgimento della famiglia, della scuola, dei riabilitatori». Altro aspetto fondamentale, le tecnologie: «Sono stati presentati modelli che mostrano con precisione quali sono le variabili decisive e predittive del successo di una terapia. È stato presentato anche uno studio – condotto a ODFLab da Giulio Bertamini, dottorando del Dipartimento, e Cesare Furlanello, matematico ed esperto di modelli predittivi – da cui emerge come già dopo i primi tre mesi di intervento si possa valutare con un certo grado di precisione la traiettoria di risposta alla terapia». Risultati ottenuti anche grazie a «modelli di analisi sofisticate di dati quantitativi basati su procedure computerizzate» che permettono di compiere analisi complesse in tempi rapidi. 

Punto nodale, caro al Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento, la «messa a terra» delle ricerche: «Molto apprezzata la piattaforma elaborata dai ricercatori di Napoli (presentato da Giovanna Gison, ndr), che anche grazie alla collaborazione con ODFLab, permette di condividere in rete i dati di ogni bambino con ASD, facilitando così il confronto tra famiglia, scuola e riabilitatori». Ma tornando alla precocità dell’intervento e all’importanza della rete nell’intervento, è stata molto apprezzata anche la relazione di Arianna Bentenuto e Silvia Perzolli – ricercatrici trentine – focalizzata su uno studio che mette in evidenza il ruolo del padre caratterizzato dalla sintonizzazione e collaborazione nel gioco in relazione con il figlio con disturbo dello spettro autistico: «Mentre la madre è maggiormente focalizzata nella proposta di attività volte all’innalzamento delle competenze cognitive del figlio, l’approccio del padre è più indirizzato alla condivisione del gioco, e il bambino con autismo ha bisogno anche di questa dimensione per il suo sviluppo».  

In conclusione, e come sintesi dell’intreccio tra ricerca e clinica, la proiezione di «Rock Spectrum», il docu-film sul laboratorio musicale «dove l'incontro di menti differenti diventa inclusione sociale». Curato da Stefano Cainelli, musicoterapeuta e formatore presso ODFLab del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento, il filmato ripercorre il percorso del laboratorio di musicoterapia che, dal 2014, si propone di «riconoscere e sviluppare abilità» di soggetti ASD: «Un docu-film sull’inclusione – ha sottolineato Venuti – sui risultati della clinica che ha accompagnato questi adolescenti fin da quando erano bambini. E anche questa giornata è stata caratterizzata dall’inclusione – ha osservato la prorettrice – inclusione di idee: mondi diversi, ricerche diverse, ma un lavoro comune di confronto anche tra generazioni diverse di ricercatori, con l’obiettivo di trasformare la conoscenza che scaturisce della ricerca in ambito clinico, un intreccio fondamentale su cui il Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento ha sempre investito molto».