Lo Spettrometro Magnetico Alfa (AMS). Sulla destra, la Stazione Spaziale Internazionale con lo shuttle Atlantis attraccato. © NASA

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La fisica di precisione dei raggi cosmici

Conferita a Roberto Battiston la Medaglia Voltiana 2021-2022

31 gennaio 2022
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Roberto Battiston
di Roberto Battiston
Professore ordinario del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento.

L'Universo comunica con noi inviandoci un flusso continuo di radiazioni di vario tipo. Questi messaggeri elementari - fotoni, onde gravitazionali, particelle cariche, neutrini - provengono dallo spazio profondo e portano con sé informazioni preziose sulle proprietà della materia che utilizziamo per mettere alla prova le leggi fondamentali della fisica in condizioni estreme: il cosmo è un laboratorio di eccellenza per la fisica. 

I raggi cosmici, nello specifico, sono particelle energetiche che, fin dalla loro scoperta da parte di Victor Hess nel 1912, hanno contribuito allo sviluppo di nuova fisica e anzi, nella prima parte del secolo scorso, hanno posto le basi per la nascita della fisica delle particelle

Le cose hanno iniziato a cambiare all'inizio degli anni cinquanta: gli acceleratori sono stati determinanti per il trionfo del Modello Standard della Fisica delle Particelle, che è culminato nella scoperta dei bosoni elettrodeboli W e Z al CERN, del sesto quark, il top quark, al Fermilab, e del bosone di Higgs, sempre al CERN.

Ma le osservazioni astrofisiche e cosmologiche indicano l'esistenza di alcuni enigmi irrisolti che richiedono una nuova fisica oltre il modello standard, limitando l'applicabilità del modello standard solo a una piccola parte della somma di materia ed energia, meno del 5% del totale. La scomparsa dell'antimateria nell'universo primordiale, il ruolo dominante della materia oscura e la presenza ancora più dominante dell'energia oscura sono elementi mancanti che sono però essenziali per sostenere l'attuale descrizione dell'universo generato dal Big Bang. Domande formulate negli ultimi 80 anni di osservazioni astrofisiche e cosmologiche che non hanno trovato risposte negli esperimenti condotti con gli acceleratori. Molto probabilmente per trovare quelle risposte servirà nuova fisica, ma nessuno sa quale scala di energia sia necessaria perché questa nuova fisica si riveli.

La scoperta del bosone di Higgs, per esempio, ha generato l'aspettativa che la scala di energia dell'LHC (Large Hadron Collider) sarebbe stata sufficiente per scoprire le particelle previste dalle teorie della supersimmetria: invece, dopo circa un decennio di funzionamento dell'LHC, di queste particelle non si è trovata alcuna traccia. Oggi aumentare la scala di energia degli acceleratori è estremamente difficile e costoso, viste le dimensioni e il costo dell'LHC, ed è ancora più complesso se si considera la mancanza di indicazioni teoriche chiare sull'intervallo di energia da indagare nelle strutture future.

È per queste ragioni che la fisica delle astroparticelle, che utilizza la radiazione cosmica e in particolare i raggi cosmici come strumento per espandere la nostra conoscenza della fisica fondamentale, attrae l'attenzione di una comunità scientifica sempre più numerosa. Grazie alla maturità della fisica delle alte energie e al successo del modello standard, la precisione e la complessità dei metodi sperimentali della fisica delle astroparticelle sono cresciute enormemente rispetto alla fase esplorativa iniziale. 

Tuttavia, per raggiungere nuove soglie di sensibilità occorrono tanta statistica, quindi osservazioni di lunga durata, misurazioni dirette di raggi cosmici, unite a una comprensione profonda della generazione dei raggi cosmici di alta energia e dei meccanismi di trasporto nella nostra galassia.

In passato si è fatto ampio uso di palloni atmosferici dotati di strumenti in grado di identificare i diversi tipi di particelle, ma la sensibilità e la precisione delle misurazioni sono limitate dalla statistica che si può raccogliere in pochi giorni o settimane di volo e da altri limiti sperimentali dovuti al fatto di essere immersi nell'atmosfera. 

A metà degli anni novanta, queste considerazioni motivarono un gruppo di fisici della Collaborazione L3 al CERN a progettare uno spettrometro avanzato capace di rivelare e identificare i raggi cosmici nello spazio, per estendere di diversi ordini di grandezza la sensibilità e la precisione delle misurazioni rispetto agli esperimenti con i palloni.

Breve storia dello Spettrometro Magnetico Alfa (AMS)

La Collaborazione AMS è stata istituita nel 1994: fu proposto alla NASA e ad altre agenzie dedicate al finanziamento dell'attività di ricerca in fisica delle alte energie (come il Dipartimento dell'Energia negli Stati Uniti e l'Istituto nazionale di fisica nucleare in Italia) di avviare un'ambiziosa e complessa serie di missioni basate su un grande spettrometro magnetico posizionato sulla Stazione Spaziale Internazionale-ISS. Il programma AMS venne approvato rapidamente è già nel 1998 entrò in funzione l'Alpha Magnetic Spectrometer-01 (AMS-01), un prototipo di spettrometro, che operò per 12 giorni nella missione esplorativa shuttle STS 91, raccogliendo una messe di nuovi dati sui raggi cosmici.

Il decennio che seguì fu dedicato al completamento del rivelatore AMS-02, che era stato progettato per un'operatività di tre anni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, dove venne installato nel 2011 per una missione, che sarebbe durata per l'intero ciclo di vita della stazione.

Da allora, l'AMS-02 effettua misurazioni continue e dirette del flusso e della composizione di raggi cosmici. L'ampia statistica raccolta nei primi 10 anni di operatività, oltre 180 miliardi di particelle cosmiche, assieme all'eccellente identificazione delle particelle effettuata dagli strumenti, permette lo studio preciso di tutte le specie di raggi cosmici e avvia così l'esplorazione degli elementi rari dell'antimateria che possono essere utilizzati per cercare nuovi fenomeni fisici.

Dopo 9 anni di operatività continua, nel 2019-2020 sono state condotte 4 attività extraveicolari per sostituire le pompe di raffreddamento del tracciatore di AMS-02, benché l'esperimento non fosse stato progettato per poter essere riparato nello spazio. Le passeggiate spaziali sono state effettuate dal comandante della 61ma spedizione, l'astronauta dell'ESA Luca Parmitano e dall'astronauta della NASA Andrew Morgan. Con la riuscita di questo intervento, l'operatività del l'AMS-02 è stata prolungata per tutta la durata di vita della ISS, ovvero per un altro decennio o più.

Il team di ricerca dell'AMS-02 all'Università di Trento, costituito nel 2012, guida oggi la partecipazione italiana al progetto: più di 600 sensori al silicio installati sul tracciatore al silicio sono inoltre stati realizzati dalla Fondazione Bruno Kessler (FBK).

Risultati per la fisica

I risultati pubblicati finora dalla Collaborazione AMS forniscono la descrizione più accurata a oggi disponibile della composizione e degli spettri dei raggi cosmici. In questi anni, sono stati individuati diversi nuovi fenomeni fisici, alcuni dei quali ancora senza spiegazione.

Se AMS-01 è stato fondamentale per avviare la transizione dai palloni aerostatici a strumenti trasportati nello spazio capaci di effettuare misurazioni dirette delle proprietà dei raggi cosmici, i dati raccolti nei primi dieci anni da AMS-02 hanno aperto la strada alla fisica di precisione dei raggi cosmici. La prossima stagione di raccolta dati si concentrerà sulla ricerca dei componenti più rari dei raggi cosmici, ovvero i componenti adronici dell'antimateria come l'antideuterio, l'antielio-3 e l'antielio-4. L'osservazione dell'antideuterio a bassa energia sarebbe la dimostrazione dell'osservazione indiretta della materia oscura, mentre l'osservazione di alcuni eventi antielio-4 avrebbe conseguenze di portata molto più vasta riguardo all'esistenza di grandi strutture basate sull'antimateria, come le antistelle (…). Con l'aumento della statistica che verrà accumulata nel prossimo decennio AMS-02 è destinato a produrre altre scoperte: continuate a seguirci!


[Il testo è ripreso da “R. Battiston, High precision cosmic ray physics with AMS-02 on the International Space Station”, in La Rivista del Nuovo Cimento, Vol. 43, issue No. 7 (2020). Copyright SIF” con permesso di riproduzione (Autorizzazione Springer n. 5236661475171 del 26/01/2022). Traduzione a cura di Paola Bonadiman, Università di Trento.]

Il professor Roberto Battiston – docente di Fisica sperimentale presso il Dipartimento di Fisica UniTrento e già presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) – ha ricevuto lo scorso 28 ottobre la Medaglia Voltiana 2021-2022 per il suo contributo nel campo della Fisica.
La Medaglia è stata consegnata in occasione della dodicesima lezione Voltiana tenuta durante l’inaugurazione della Scuola di Alta Formazione Dottorale in Fisica dell'Università di Pavia. Queste lezioni ricordano il grande scienziato Alessandro Volta (1745-1827), che per 40 anni fu professore di Fisica sperimentale presso l'Università di Pavia.
La lezione del professor Battiston ha riguardato "10 years of AMS-02 on the International Space Station", il tema trattato nell’articolo.
La Medaglia Voltiana viene assegnata a uno scienziato il cui lavoro abbia rappresentato un importante contributo in Fisica. Negli anni precedenti, sono stati premiati: Michele Parrinello, Giorgio Parisi, Eugenio Coccia, Richard Wigmans, Fabiola Gianotti, Nicolas Gisin, Giorgio Benedek, Giulio Giorello, Guido Martinelli, Elio Tosatti, Mario Rasetti.