Biblioteca universitaria di Mesiano ©UniTrento foto Pierluigi Cattani Faggion

Vita universitaria

I libri, lo spazio, la luce

In dialogo con Michela Favero sull'architettura delle biblioteche

9 giugno 2022
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di Alessandra Saletti e Matteo Largaiolli
Ufficio Stampa e Relazioni Esterne

UniTrento negli ultimi anni ha investito molto nella valorizzazione delle sue biblioteche. Michela Favero è la responsabile della Divisione Architettura di Ateneo. Ha lavorato al progetto della Bum-Biblioteca universitaria di Mesiano e partecipato al tavolo di lavoro per la Buc-Biblioteca Universitaria Centrale. Abbiamo parlato con lei delle biblioteche di Ateneo dal punto di vista di un’architetta.

«Ho un ricordo bellissimo di quando studiavo architettura a Venezia», racconta Michela Favero. «Frequentavo la biblioteca Querini Stampalia, splendido edificio sull’acqua restaurato da Carlo Scarpa. Andavo lì perché avevano tutti numeri della rivista Casabella. Mi piaceva sentire nel silenzio imposto dalle regole lo scricchiolio dei pavimenti in listoni di legno. Soprattutto, nei giorni di acqua alta, andavo per vedere l’acqua che entrava nell’edificio e veniva veicolata nelle vasche del piano terra. Andavo anche all’Archivio di Stato, ai Frari, con le sue altissime scaffalature e le scale per raggiungere i ripiani. I libri in disordine erano accatastati un po’ ovunque e qualche buon’anima alla fine della giornata metteva tutto a posto.

L’architettura delle biblioteche dovrebbe essere un luogo adeguatamente illuminato per creare spazi di luci e di ombre, ambienti in cui siano possibili la lettura e lo studio. Lo diceva anche il grande architetto Luis Khan, negli anni Sessanta, parlando della sua biblioteca nel New Hampshire: “negli interni ciò che è meraviglioso è l’atmosfera che la luce conferisce allo spazio”.

Oggi la biblioteca è un luogo non solo di studio e lettura, ma anche di socializzazione, informazione, creatività e immaginazione. Uno spazio costruito per i libri che fanno architettura, per la lettura, per la concentrazione. All’Università di Trento siamo fortunati, perché le nostre biblioteche rispondono a questi criteri. Sono tutte diverse, e tutte bellissime».

La Buc, fra rinascita e socialità

Dove una volta sorgeva la grande fabbrica della Michelin oggi troviamo il nuovo quartiere di Renzo Piano. Al suo interno i due poli culturali del Muse e della Biblioteca.

«Lo spiegava bene Renzo Piano: “ogni progetto è una storia a sé, che nasce dall’osservare e dall’ascoltare”. Anche il progetto della Buc è segnato da alcune parole chiave che lo definiscono. Il mattino, nella luce catturata dalle grandi vetrate. L’acqua della cascata, del fiume, dei fossati, che ritorna nei canali all’interno del quartiere. La rinascita di un’area ostile e dimenticata, che diventa appetibile e che promette un secondo centro. La natura, che fonde in un’unica armonia edifici a misura d’albero, strutture in larice che vanno verso il cielo, come “albere” avvolte dalla vegetazione». 

La Buc è nata anche come una sfida, una riconversione del progetto originario di un centro congressi. «In tempi brevissimi in un gruppo di lavoro di UniTrento con i bibliotecari, condividiamo assieme al gruppo di Renzo Piano il nuovo layout distributivo per la nuova biblioteca. Cambiare in corso d’opera è sempre difficile. Ma il coraggio viene premiato. Se penso a una caratteristica della Buc, direi che è un ambiente segnato dalla verticalità degli spazi e dei libri che ti circondano. Quando abbiamo cominciato a lavorarci, mi era venuta in mente l’idea di un teatro vittoriano. Ci sono degli elementi che creano delle corti interne, la luce che viene dall’alto, i soggetti che sono i libri.

In questa biblioteca abbiamo voluto valorizzare lo scaffale aperto: prendi un libro e lo sfogli. È un aspetto che resta centrale, indispensabile, anche se le nostre biblioteche sono usate sempre di più non per la consultazione dei libri e la lettura, ma come luoghi di studio e di socialità».

La Bum, a guardia della città

«La Bum è cresciuta e l’ho voluta con due corpi differenziati ma uniti, per accogliere le sue due anime: architettura e ingegneria. È una biblioteca flessibile, che può permettere diversi tipi di fruizione dello stesso spazio, laboratori, workshop. Ci sono tavoli mobili e c’è una sala polifunzionale che diventa luogo di incontro, e che è già stata usata per eventi e occasioni pubbliche.

Nel progettarla siamo entrati in dialogo strettissimo con il paesaggio. È come una quinta verso la valle che ricorda in qualche modo il progetto originale di Gian Leo Salvotti de Bindis per il complesso di Ingegneria, che prevedeva il recupero del sanatorio e la sistemazione degli spazi esterni, quinte sul paesaggio e con una grande scalinata di collegamento con la città. Un progetto mai finito, ma che aveva previsto una specie di cittadella che si affaccia verso la città. La biblioteca si ispira alla forma bastionata del progetto e si adatta ai confini di proprietà. 

È una grande scatola in cemento armato, un lungo volume frammentato dalle diverse angolazioni e tagliato dalle grandi finestre che lo rendono leggero e aperto verso il paesaggio. Non è stato facile calcolare le strutture per contenere le ampie vetrate. L’intero edificio ha anche un sistema ibrido di geotermia e pompe di calore, molto sofisticato e costantemente monitorato per valutare l’efficienza. La Bum è un esercizio di ingegneria, da tutti i punti di vista».

L’essenzialità della Bup

«È una biblioteca in acciaio e vetro, opera del gruppo di Ishimoto, che ha progettato anche il polo scientifico Fabio Ferrari di Povo e Palazzo Paolo Prodi, a Trento. Razionale, ben organizzata, l’architettura rispecchia i contenuti: le forme sono essenziali, tecniche, minimali, come si addice alle scienze matematiche di fisica e di ingegneria industriale e di biologia integrata. Oserei dire che anche gli studenti, lì, sembrano perfetti, molto composti»

La Bur, ospite elegante

Anche la Bur è un esempio di riconversione. Il palazzo dell’Annona, anche detto Palazzo del grano, di Rovereto ospita l’importante Biblioteca civica “Girolamo Tartarotti”, all’interno della quale, al piano terra, si trova la biblioteca universitaria. Lo spazio era stato progettato a metà Ottocento da Ambrogio Rosmini come magazzino, ma non è mai stato usato come tale. È vicina al Mart e ai nostri palazzi universitari, Palazzo Fedrigotti e Palazzo Piomarta, con il Dipartimento di Psicologia e di Scienze cognitive. 

«In questa biblioteca ci sono stata più volte per consultare libri storici e gli archivi della Manifattura Tabacchi. La forza dello spazio scandito dai pilastri che sostengono le volte a crociera dei soffitti della sala della biblioteca universitaria mi ha dato una sensazione di un imponente magazzino di libri contenuto in uno spazio elegante e ben arredato», conclude Favero. «È la forza delle regole architettoniche».