© Foto Adobe Stock 

Ricerca

Se lavoro meno, aiuto di più in casa?

Uno studio di Sociologia mostra come gli stereotipi di genere resistono al Covid

23 giugno 2022
Versione stampabile
a cura di Matteo Largaiolli
Ufficio Stampa e Relazioni Esterne

Essere chiusi in casa per il Covid ha cambiato la vita delle famiglie. Ma ha anche suggerito idee per fare ricerca. Anna Zamberlan, Filippo Gioachin, Davide Gritti, del dottorato in Sociologia e Ricerca sociale, hanno vinto il premio Negri 2021 della Società Italiana di Sociologia Economica grazie a un articolo sulla ripartizione del lavoro domestico e la disuguaglianza di genere nel Regno Unito. Una disuguaglianza che la pandemia non è riuscita a sradicare.

È vero: il Covid ha segnato la nostra vita da molti punti di vista. Ma non fino in fondo. Durante il lockdown, il mercato del lavoro è cambiato. Molte persone hanno lavorato di meno: l’occupazione è calata e sono diminuite le ore di lavoro pagate. I genitori non sono andati in ufficio, le scuole sono rimaste chiuse. La vita quotidiana ha preso altri ritmi. Avere più tempo libero dal lavoro pagato e la quasi totale impossibilità di svolgere attività fuori dalle mura domestiche poteva tradursi in più ore da dedicare alla cura della casa e dei figli. Ma queste ore come sono state divise tra uomini e donne? 

Per trovare una risposta a questo interrogativo, una prospettiva proficua guarda al ruolo delle risorse economiche nella famiglia. «Abbiamo individuato tre categorie di famiglie, sulla base del partner che guadagna di più, il cosiddetto breadwinner», spiega Zamberlan. In molte famiglie il breadwinner è l’uomo. In poche coppie è la donna. In alcuni casi, l’uomo e la donna hanno uno stipendio simile. «Questa suddivisione ci ha aiutati a capire se il breadwinner ha avuto potere negoziale rispetto alla riorganizzazione del carico domestico in occasione del primo lockdown».

«Dalle nostre analisi si osserva come l’impegno domestico dell’uomo breadwinner non sia aumentato in modo significativo rispetto alle ore lavorative perse. Molto diverso è il caso per la donna breadwinner: se lei perde ore di lavoro, le sue ore di cura familiare aumentano in modo sproporzionato. Questo paradosso è in realtà in linea con teoria del “doing gender”, – spiegano Zamberlan, Gritti e e Gioachin. – Nella società di oggi, il fatto che una donna guadagni più di un uomo è una situazione ancora infrequente, una sorta di deviazione dalla norma. Non appena si verifica uno shock, come la perdita di ore lavorative, il sistema familiare tende a ristabilire la ripartizione di genere tradizionale, sulla spinta di modelli sociali ben radicati».

La disuguaglianza di genere rimane: le donne continuano a lavorare di più nella gestione delle faccende domestiche, nonostante le trasformazioni in tanti ambiti della società. Vero è che alcuni compiti sono stati ripartiti in modo più equo. È il caso della cura dei figli, un’attività che ha un ritorno personale, emotivo, che tocca l’identità genitoriale. Altre attività più routinarie, invece, sono state divise in modo molto meno equilibrato.

La questione è complessa ma potrebbe non essere legata esclusivamente alle conseguenze dell’epidemia. «Una perdita generalizzata di lavoro può verificarsi a seguito di altri eventi inattesi come calamità naturali, per cui potrebbe essere lecito attendersi esiti simili – osservano l’autrice e gli autori. – Abbiamo pensato di investigare un evento impattante come il Covid per contribuire alla ricerca sull’attualità, ma anche per portare un contributo a un dibattito teorico di lunga data. Quando abbiamo iniziato a studiare questo argomento molte cose non erano ancora del tutto chiare. Il caso di studio è il Regno Unito perché i dati su questo Paese sono stati tra i primi ad essere resi disponibili alla comunità scientifica, già nella primavera del 2020. Abbiamo condotto recentemente una nuova analisi a un anno di distanza, con dati mensili, che ha portato a risultati simili. Nel frattempo, è aumentata la letteratura scientifica sul tema, che ha confermato una generale persistenza della disuguaglianza di genere».

Lavorare a una ricerca di questo tipo aiuta a maturare una consapevolezza che arricchisce il percorso di dottorato. «Abbiamo scoperto di avere qualità e difetti complementari e i risultati ottenuti sono stati davvero incoraggianti. Durante le fasi della ricerca abbiamo potuto contare sul supporto della scuola di dottorato, del Dipartimento di Sociologia presso cui abbiamo presentato i primi risultati, e di diverse conferenze online che ci hanno ospitato. Tutte opportunità fondamentali per migliorare quello che è stato il nostro primo prodotto scientifico». 

Anna Zamberlan si occupa di disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro, ma anche nella sua dimensione più familiare, tra le mura domestiche. La ricerca di Filippo Gioachin indaga l’interazione tra rischi nel corso di vita e processi di stratificazione sociale, con attenzione ai cambiamenti generazionali e agli assetti istituzionali. Davide Gritti studia il ruolo dei cambiamenti demografici nei processi di accumulazione e trasmissione di ricchezza.
L’articolo Work less, help out more? The persistence of gender inequality in housework and childcare during UK COVID-19, pubblicato su “Research in Social Stratification and Mobility” 73 (June 2021) è stato uno dei più scaricati dal sito della rivista dal 2018 ed è stato ripreso dal blog di Social Policy della London School of Economics. È disponibile in open access sul sito della rivista.

Filippo Gioachin, Davide Gritti e Anna Zamberlan