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Costituzionalismo europeo. Per una ricostruzione demistificatoria del processo di integrazione europea

di Marco Diani e Augustín José Menéndez

3 marzo 2023
Versione stampabile

Marco Dani e Agustín José Menéndez tentano di indagare la “natura” costituzionale del diritto europeo. Propongono una riflessione che, in modo diretto, e sullo sfondo di una tradizione di pensiero ricca e intellettualmente raffinata, approfondisce un tema che già altri in passato avevano fatto proprio, ma che oggi sembra riscoprire una nuova giovinezza.
In una prima parte del saggio, i due autori, attraverso una puntuale ricostruzione analitica, definiscono le principali concezioni di costituzione, sottolineando la centralità di quelle strutturali e normative. Nella seconda parte, in esito ad un’attenta ricostruzione storica, evidenziano come il concetto di costituzionalismo impiegato nei dibattiti aventi ad oggetto il diritto europeo tenda a privilegiare una specifica concezione della costituzione che rimanda alla tradizione del costituzionalismo liberale piuttosto che a quella del costituzionalismo democratico e sociale. Mettono, infine, in risalto come l’ordinamento giuridico sovranazionale di fatto adempia a compiti funzionali propri degli ordinamenti costituzionali, ragione per la quale, secondo i due autori, è impossibile limitarsi ad una mera negazione della pretesa di costituzionalità.

Marco Dani è professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento.
Agustín José Menéndez insegna Filosofia politica all’Università Complutense di Madrid.

Dall'introduzione (pagg.13-17)

Il diritto europeo è un ordinamento giuridico complementare a quelli nazionali, da cui trae autorità e legittimità, in modo non del tutto diverso da quello caratteristico del diritto internazionale o è un ordinamento costituzionale a tutti gli effetti simile agli ordinamenti nazionali, che mostra nei loro confronti una forza e un’autorità ancora maggiori?
Queste non sono solo importanti questioni teoriche o giurisprudenziali, ma problematiche che stanno alla base dei conflitti politici più acuti in Europa oggi. Si pensi, ad esempio, al recente scontro tra la Corte costituzionale tedesca ed alcune istituzioni sovranazionali. La Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione contro la Germania nel giugno 2021 sostenendo che la sentenza Weiss della Corte costituzionale federale tedesca del maggio 2020 era incompatibile con l’autonomia e, soprattutto, con il primato del diritto europeo. I giudici di Karlsruhe non solo hanno nutrito dubbi sulla proporzionalità del programma di quantitative easing della BCE, ma si sono ritenuti eventualmente competenti ad invalidare la misura, a contestare contestando così il primato (presumibilmente incondizionato) del diritto europeo sulle norme costituzionali nazionali. Per come stanno le cose, da Karlsruhe, tuttavia, la mossa della Commissione Europea è destinata ad essere considerata fondamentalmente sbagliata, perché la forza giuridica del diritto europeo deriva dal diritto costituzionale nazionale, che dovrebbe quindi essere ritenuto supremo (lo stesso varrebbe, mutatis mutandis, per ciascun altro Stato membro).
Dietro le ovvie pretese sollevate in nome dei due ordinamenti, rispettivamente dalla Commissione e dalla Corte costituzionale federale tedesca, su chi ha la competenza ultima di stabilire cosa dice la legge, si celano due modi molto diversi di concepire il diritto europeo. Presupposto della posizione espressa dalla Commissione europea è che il diritto europeo abbia la stessa natura e caratteristiche degli ordinamenti giuridici nazionali e, in quanto tale, possa aspirare alla supremazia costituzionale. Al contrario, i giudici tedeschi implicitamente sottolineano la differenza tra i due ordinamenti; più precisamente, essi sostengono che il diritto europeo conserva una forte componente internazionale, e di conseguenza la supremazia costituzionale rimane in capo agli ordinamenti costituzionali nazionali (e ai loro autorevoli interpreti).
Si può dire che queste diversità di vedute (ed i conseguenti conflitti) sono tutt’altro che nuovi. Come vedremo, le corti costituzionali nazionali discutono da decenni di “controlimiti” relativamente alle pretese del primato del diritto europeo. È attraverso questa dottrina che infatti verrebbe riaffermata la supremazia normativa delle costituzioni nazionali nella maggior parte, se non in tutti i casi, pur rispettando l’efficacia del diritto europeo. Questa poteva sembrare pragmaticamente un terreno di compromesso, visto che, a prescindere dall’impostazione seguita, nella maggior parte dei casi si sarebbe giunti alle stesse conseguenze operative in termini di diritto applicabile. 
Con riferimento alla giurisprudenza in materia di controlimiti, alcuni osservatori hanno parlato di un lungo “abbaiare” non seguito da alcun “morso”. Questa peculiare soluzione ci sembra sempre più vulnerabile per almeno due ragioni. In primo luogo, la posta in gioco è diventata più alta, con una pressione crescente ad andare oltre il precedente compromesso. Nel conflitto intorno a Weiss, era in gioco la validità di un provvedimento attraverso il quale la BCE aveva acquistato miliardi e miliardi di debito pubblico europeo. In effetti, la stessa sentenza tedesca getta una lunga ombra di dubbio sui programmi di quantitative easing fin qui applicati, compresi gli acquisti straordinari di debito pubblico intrapresi dall’inizio della pandemia da Covid-19. Seppur sia diventato subito evidente che i giudici di Karlsruhe non volevano innescare il conflitto, ciò non ha dissuaso la Commissione europea dall’intraprendere il passo senza precedenti di aprire una procedura di infrazione, per come prima abbiamo detto. Anche dopo la chiusura della procedura di infrazione nel dicembre 2021 non si possono escludere eventuali ulteriori conflitti. 
In secondo luogo, i conflitti possono diventare ingestibili in un contesto segnato dall’emergere di governi e partiti politici con programmi difficili se non impossibili da conciliare con le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dell’Unione Europea. Il conflitto in corso (attualmente in stato latente) tra istituzioni polacche e istituzioni europee in merito ai cambiamenti introdotti nell’organizzazione del potere giudiziario in Polonia è esemplificativo al riguardo. Quando il conflitto sostanziale sottostante è parte di un disaccordo sui principi normativi fondamentali, lo spazio per inquadrare il conflitto teorico e la convergenza pragmatica scompare rapidamente.
Ci sono quindi buone ragioni per ripensare non solo i conflitti stessi, ma anche i modi in cui vengono inquadrati e affrontati. In questo breve scritto, affermiamo che una risposta più convincente può essere formulata a condizione di modificare il modo in cui il problema è posto. Due cambiamenti, in particolare, paiono imporsi.
In primo luogo, dobbiamo riformulare la domanda di fondo. Gran parte del dibattito europeo gravita sull’assunto implicito che l’ordinamento giuridico europeo sia un mero ordinamento giuridico internazionale o, al contrario, un ordinamento costituzionale a tutti gli effetti. Ci sembra molto più produttivo cercare di comprendere invece in che senso l’ordinamento giuridico dell’Unione Europea potrebbe dirsi costituzionale. Invece di una scelta dicotomica tra ordinamento costituzionale e ordinamento internazionale, questo approccio ci consentirà una più ampia gamma di possibili alternative e significati attraverso cui si può sostenere la natura costituzionale del diritto dell’Unione Europea.
In secondo luogo, la risposta al quesito appena formulato non può essere fornita in un vuoto normativo. Si deve ammettere che la forza da riconoscere a un ordinamento giuridico dipende dalla sua legittimazione e, più precisamente, dalla sua legittimazione democratica. Ciò richiede una ricostruzione dei processi attraverso i quali l’Unione Europea si è trasformata negli ultimi sei decenni, in particolare di come ciò che è stato creato come un ordinamento giuridico internazionale attraverso (diversi) trattati internazionali sia (presumibilmente) diventato un ordinamento costituzionale. Ciò implica prendere sul serio la storia giuridica dell’integrazione europea; il che significa sostanzialmente registrare non solo le tante continuità, ma anche il numero considerevole di discontinuità che l’hanno segnata, invece di dare per scontato che il diritto europeo sia diventato un ordinamento costituzionale […]

Per gentile concessione di Edizioni Scientifiche Italiane.