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Orientamento

Dottorato e imprese, un match vincente

Dall’ambito tecnico-scientifico alle scienze umane, si afferma il valore del PhD

16 maggio 2023
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di Lorenzo Perin
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

Tasso di occupazione superiore al 90%, stipendio medio mensile di quasi 1.800 euro, efficace ai fini del lavoro svolto per oltre il 70% di chi ha risposto: i numeri dell’ultima indagine AlmaLaurea dimostrano al di là di ogni dubbio il valore del dottorato di ricerca in ambito occupazionale. Numeri che restituiscono, fra l’altro, un’immagine del dottore o della dottoressa di ricerca diversa dalla narrazione tradizionale: solo il 10% di chi segue questo percorso diventa poi docente universitario. Nonostante questo, oltre l’82% di chi esce da un percorso di dottorato svolge un’attività professionale intellettuale e altamente qualificata. UniTrento, in preparazione alla Career Fair 2023, ha proposto un incontro sul valore del dottorato per l’impresa.

Il dottorato - soprattutto in Italia - è visto di solito come il primo tassello di una carriera accademica. Tuttavia, nell’incontro “Il valore del dottorato di ricerca per le imprese”, uno degli eventi in preparazione alla Career Fair del 17 maggio, l’Università di Trento ha avanzato una visione alternativa, in rottura con quella tradizionale: dottori e dottoresse di ricerca hanno tutti i crismi della futura classe dirigente, nel pubblico e nel privato.

Fra i dottorati più orientati al settore privato, c’è senz’altro quello in Industrial Innovation: «Un percorso che vede una stretta collaborazione tra Università e impresa», spiega il coordinatore Vincenzo Sglavo. «Entrambi gli enti forniscono rispettivamente un tutor e un referente. Durante il secondo anno, è inoltre previsto un periodo di permanenza in azienda che supera i 6 mesi. In generale, opportunità e attività formative sono integrate con le esigenze aziendali e questo non riguarda solo gli aspetti tecnici. Il valore di un dottorato per l’impresa non si misura solo nell’expertise tecnico-scientifico che un ricercatore può apportare, ma anche - e forse soprattutto – nelle competenze trasversali e multidisciplinari che questo percorso fa acquisire ed esercitare. Il PhD è nato da poco e soltanto ora si stanno diplomando i primi dottori».

Francesco Pavani, delegato del rettore ai dottorati di ricerca, ha poi affrontato il tema dei percorsi non strettamente tecnico-scientifici, coprendo un’area che va da Psicologia a Giurisprudenza, passando per Economia, Lettere, Sociologia e Filosofia. «Sebbene non sia proprio immediata l’associazione fra un dottorato in queste aree e il mondo dell’impresa», ha spiegato Pavani. «Tuttavia, i dottorati in quest’area forniscono specifici strumenti critici, oltre che tecnici, che possono trovare un utile collocazione in azienda».

Per esempio, sono sempre di più le aziende che si affidano a filosofi nell’interpretazione di grandi masse di dati, o per attivare pratiche di counseling volte a ripensare il proprio business e il proprio ambiente organizzativo. Da non dimenticare sono anche le capacità di scrittura e comunicazione che un dottorato umanistico consente di sviluppare: svolgere presentazioni, scrivere paper, insegnare e collaborare con ricercatori di tutto il mondo forma il ricercatore a una scrittura specialistica e al parlare in pubblico, permettendo di affinare dialettica e retorica in modo più approfondito che durante la laurea.

Nelle aree della Psicologia del lavoro e della Sociologia economica, inoltre, sono attive nei dipartimenti linee di ricerca che mirano a comprendere le dinamiche relazionali e più strettamente “umane” interne alle organizzazioni: in questi ambiti, la profondità delle conoscenze e le capacità analitiche di un dottorato rappresentano una risorsa imprescindibile per innovare processi e strutture consolidate.

«Per ciò che riguarda i dottori in Economia o Giurisprudenza, l’expertise per le aziende è forse più immediata da cogliere: da un lato per l’eventuale specializzazione dello studente, dall’altro per l’elemento distintivo rispetto a chi ha solo la laurea», aggiunge Pavani.

Naturalmente, il dottorato di ricerca non può esser ridotto a un mero strumento funzionale alla preparazione di personale tecnico. Il valore del dottorato sta nella forma mentis acquisita da studenti e studentesse, nella possibilità di partecipare a iniziative e svolgere attività di ricerca, nell’incontro e nello scambio con le massime rappresentanze nel proprio campo di studi a livello mondiale. Al centro dell’incontro sono infatti state le soft skill che chi segue un percorso di dottorato può acquisire e riutilizzare flessibilmente, a seconda del contesto in cui si trova.