Disegno di Stefano Levi Della Torre (per gentile concessione dell'autore). Dalla locandina dell'evento.

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L’ANTICA SAPIENZA EBRAICA, UN TESORO PER TUTTI

Il progetto di traduzione italiana del Talmud babilonese

23 novembre 2016
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L’ANTICA SAPIENZA EBRAICA, UN TESORO PER TUTTI
di Massimo Giuliani
Professore associato di Pensiero ebraico nel Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

L’idea di tradurre in italiano un corpus giuridico-religioso chiuso nel VI secolo, scritto in ebraico e aramaico nel contesto di una Mesopotamia pre-islamica, da secoli letto e compreso soltanto da una minoranza religiosa, per un totale di 37 volumi, potrebbe sembrare oggi, in tempi di crisi, una pazzia editoriale. O un’utopia culturale da rimandare a tempi migliori. Eppure sta diventando realtà, anzi il primo volume è uscito alcuni mesi fa, grazie alla determinazione di una donna, la professoressa Clelia Piperno dell’Università di Teramo, che è riuscita a far sedere attorno allo stesso tavolo e a far collaborare il Miur, il Dipartimento di Linguistica computazionale del Cnr (Pisa) e i rabbini italiani, per tentare un’impresa scientifica e culturale mai osata prima: mettere a disposizione della società e della comunità accademica italiana il Talmud di Babilonia ossia il testo fondamentale (dopo la Torà) del mondo ebraico, che da circa quindici secoli è la ‘casa del giudaismo’ a livello mondiale. Ma cos’è davvero il Talmud?

La parola Talmud significa studio e designa una vasta e complessa raccolta di insegnamenti di maestri ebrei (i rabbini) vissuti per lo più tra il I e il V secolo dopo Cristo. Dopo aver raccolto le leggi fondamentali della Torà in un codice halakhico (ossia di giurisprudenza religiosa) chiamato Mishnà, in ebraico, questi maestri hanno discusso e approfondito tali leggi tra di loro e con i loro discepoli, in alcune accademie dedicate a questo studio. Queste discussioni sono state dapprima tramandate oralmente e poi ‘stenografate’ e messe per iscritto in aramaico. Poiché la Mishnà venne studiata sia in Mesopotamia sia in Galilea, con il passare dei secoli ne vennero due versioni, che sono appunto il Talmud Babli (ossia babilonese) e il Talmud Jerushalmi (o di Gerusalemme). Da allora questi testi, che si occupano di tutto (etica, agricoltura, economia domestica, rapporti coniugali, diritto civile e penale, offerte al tempio di Gerusalemme...), non hanno mai smesso di essere studiati, fino ad oggi. Fissano e contengono lo stile di vita ebraico, basato sulla Bibbia e sulla interpretazione che i maestri di Israele ne hanno dato, appunto nel Talmud.

La storia di questo corpus letterario è straordinaria e si può ben dire che segua le vicende, spesso dolorose ma a volte brillanti, del popolo ebraico: da Nehardea, Sura e Pumbedita [oggi Falluja] (dov’erano le antiche accademie talmudiche) a Baghdad, da Qayrawan nel Maghreb alle città dell’Andalusia, e da qui alla valle del Reno, e poi in Polonia e in Lituania, passando in pieno medioevo dalla Puglia e dalla Calabria (dove vi erano rinomate scuole rabbiniche) per arrivare in Valle Padana, che ebbe l’onore di vedere le prime edizioni a stampa del Talmud: a Soncino verso la fine del ‘400, e poi l’editio princeps, a Venezia nel 1523, grazie allo stampatore non ebreo Daniel Bomberg. L’impaginazione dell’edizione veneziana – frutto di un intenso e complesso lavoro, già allora, di un team di studiosi ebrei – divenne il modello per quasi tutte le edizioni successive, a livello mondiale. Dopo circa cinque secoli, dunque, il Talmud torna dove era stato stampato la prima volta nel Rinascimento. Cercando di dimenticare il rogo dei libri sacri ebraici a Campo de’ Fiori, a Roma, nel 1553, voluto dal futuro papa Paolo IV… è storia, ma va pur ricordata e compresa. Perché l’intolleranza sia una pagina del passato.

E forse questo è il messaggio più profondo. Il Talmud non è un insieme di trattati teologici del giudaismo ma è un’enciclopedia aperta dove convergono molti saperi, molti maestri e molti allievi, e dove il metodo di studio e di ricerca è ancor più importante del cosa si studi o si cerchi: è il metodo del rispetto delle opinioni altrui, l’applicazione delle regole della democrazia (maggioranza e minoranza), l’apprezzamento per la critica, l’obiezione, il dubbio… Le accademie talmudiche sono state vere e proprie università prima che nascessero le università in Europa. Avere il Talmud in italiano ci farà scoprire una sapienza antica ancora inesplorata e una modalità di trasmetterla nel segno di valori quali il pluralismo, l’ascolto rispettoso dell’altro e il senso critico, che sono patrimonio etico di ogni comunità, non solo quella accademica.

Il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento ha organizzato lo scorso 9 novembre la “Presentazione del Progetto Talmud e del primo volume Rosh Hashanà”. Coordinamento scientifico Massimo Giuliani (Università di Trento) e Oliviero Stock (Fondazione Bruno Kessler). Durante la conferenza sono intervenuti Massimo Acanfora Torrefranca (vicedirettore del progetto Talmud), Andrea Bozzi (presidente del comitato scientifico del progetto Talmud) e il rabbino Gianfranco Di Segni (presidente del progetto Talmud). Per approfondimenti https://www.talmud.it/.