Particolare dalla locandina dell'evento. 

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L’USO DEGLI STRUMENTI NELLA SPECIE UMANA E IN ALTRE SPECIE

Discussione tra un neuroscienziato cognitivo, un archeologo e un etologo. Il 9 febbraio all'interno di "International Darwin Day 2017"

7 febbraio 2017
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L’USO DEGLI STRUMENTI NELLA SPECIE UMANA E IN ALTRE SPECIE
L’USO DEGLI STRUMENTI NELLA SPECIE UMANA E IN ALTRE SPECIE
L’USO DEGLI STRUMENTI NELLA SPECIE UMANA E IN ALTRE SPECIE
Di Francesco Pavani, Maurizio Battisti, Gionata Stancher
F. Pavani è coordinatore della scuola di dottorato in Cognitive and Brain Sciences del CIMeC, Università di Trento; M. Battisti e G. Stancher sono rispettivamente archeologo ed etologo presso la Fondazione Museo Civico di Rovereto.

L’uso di strumenti, intesi in senso lato come tutti quegli oggetti attraverso i quali possiamo interagire con l’ambiente e modificarlo, fa parte della nostra esperienza quotidiana. Quando usiamo un cucchiaio per raccogliere la zuppa dalla scodella o quando usiamo uno smartphone per comprare un biglietto ferroviario stiamo di fatto agendo sull’ambiente, causando conseguenze tangibili attraverso uno strumento. Nella specie umana l’uso di strumenti è il risultato di un processo cognitivo complesso, che richiede di rappresentarsi mentalmente la possibilità di raggiungere uno scopo in maniera mediata piuttosto che diretta (per spostare quell’oggetto oltre la portata del mio braccio ho bisogno di un bastone), che si articola in sequenze concatenate (strofino la capocchia del fiammifero su una superficie ruvida, per accendere la candela, con la quale posso ottenere della luce) e si è estesa dagli strumenti tangibili a quelli astratti (uso una applicazione del mio smartphone per ottenere un biglietto ferroviario). La complessità dei processi cognitivi in relazione all’uso degli strumenti non si esaurisce però nel loro utilizzo: plasmare uno strumento per uno scopo va ben oltre la ricerca per prove ed errori, e richiede capacità di pianificazione, controllo cognitivo e destrezza motoria. Date queste considerazioni non sorprende che diversi filoni di indagine nell’ambito delle neuroscienze cognitive stiano cercando di caratterizzare i processi mentali e neurali che sottendono all’uso degli strumenti e, inoltre, stiano cercando di comprendere se e come questa abilità possa aver influenzato lo sviluppo di capacità caratterizzanti della nostra specie come il linguaggio simbolico. 

Il legame tra strumenti e sviluppo della specie umana è anche centrale per la ricerca archeologica e paleoantropologica. Attraverso lo studio degli strumenti che i diversi ominidi sono stati in grado di produrre ed utilizzare, i paleoantropologi hanno da sempre cercato di caratterizzare i passi evolutivi che hanno portato all’emergere della nostra specie e delle nostre capacità cognitive. La continua interazione fra l’uomo e gli strumenti non ha un vero e proprio inizio. Si potrebbe dire che tutto comincia più di due milioni di anni fa, quando Homo habilis inizia a scheggiare la pietra, ma questa affermazione farebbe un torto alle australopitecine e al loro rapporto con pietre e bastoni. Questi primi utensili assumono, col tempo, forme sempre più elaborate e il cervello segue, a sua volta, un percorso evolutivo che porta a un aumento considerevole di dimensioni. Di fatto si può parlare, per questa particolare interazione, di un processo di co-evoluzione. L’uso e il controllo del fuoco aggiungono poi nuovi stimoli alla creatività dell’Homo ergaster e delle altre specie del nostro genere. Con Homo sapiens fanno la loro comparsa nuovi strumenti astratti, portatori di significati simbolici: il disegno e la scultura. Solo con la rivoluzione neolitica e le successive età dei metalli si assiste a un vero e proprio salto di qualità per quanto riguarda varietà e complessità degli strumenti: emergono lunghe e ramificate catene operative e sorgono botteghe artigianali e officine specializzate.

Infine, in una prospettiva filogenetica e comparativa è di fondamentale importanza cercare di comprendere in che misura altre specie, e dunque altre menti, possano essere in grado di utilizzare strumenti. L’utilizzo di strumenti da parte degli animali riveste una particolare importanza non tanto per l’atto in sé, quanto per le risorse cognitive che si suppone vengano reclutate per la sua pianificazione ed esecuzione. Uno stesso comportamento, come ad esempio tirare delle pietre per catturare una preda, può infatti emergere come l’esito di una sequenza di azioni stereotipate, come il risultato di un apprendimento per prove ed errori, oppure – ed è il caso più interessante rispetto alle potenzialità del sistema cognitivo – come conseguenza dell’abilità mentale di pianificare ed eseguire azioni. Non è sempre facile riconoscere un comportamento come il sicuro prodotto di una di queste diverse opzioni e la scelta da parte nostra per l’una o per l’altra discende anche da considerazioni più generali sulla specie presa in esame e sul suo modo di interagire con l’ambiente. Curiosamente, alcune tra le forme più sofisticate e creative di manipolazione e utilizzo degli strumenti le troviamo nella classe degli uccelli. Questa semplice constatazione ci induce a ritenere che le abilità cognitive necessarie si siano evolute separatamente dalle nostre, che quindi siano comparse almeno due volte e indipendentemente nel corso dell’evoluzione animale. 

La conferenza, a ingresso libero, avrà luogo giovedì 9 frebbraio alle ore 18.00 presso la Fondazione Museo Civico di Rovereto ed è il primo del ciclo di incontri “International Darwin Day 2017” in programma per festeggiare l’anniversario della nascita di Charles Darwin (12 febbraio 1809). L’iniziativa è organizzata dal CIMeC dell’Università di Trento, dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto e dalla Società Museo Civico di Rovereto in collaborazione con Arcobonsai club Garda trentino e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.