Il rivelatore di particelle HEPD (foto archivio Ufficio Stampa ASI).

Internazionale

RICERCA SPAZIALE E STUDIO DEI TERREMOTI

La collaborazione dell’Università di Trento al programma Limadou che coinvolge le agenzie spaziali italiana e cinese

10 febbraio 2017
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di Marinella Daidone
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell'Università di Trento.

Nuovi approcci scientifici per lo studio dei terremoti potrebbero arrivare dalla ricerca spaziale?
Una collaborazione tra le agenzie spaziali cinese (CNSA) e italiana (ASI) sembra indicare questa direzione. Attraverso il programma Limadou, coordinato dall’ASI, l’Italia è coinvolta nella missione cinese di osservazione dello spazio e per lo studio di eventi sismici CSES (China Seismo Electromagnetic Satellite). Nell’ambito di Limadou è stato costruito il rivelatore di particelle HEPD, un progetto tutto italiano, che coinvolge numerosi enti di ricerca ed atenei, al quale ha preso parte anche un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento. 
Su questi temi abbiamo sentito Roberto Iuppa, ricercatore del Dipartimento di Fisica dell’Ateneo e membro di INFN - TIFPA (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Trento Institute for Fundamental Physics and Applications) che collabora al progetto.

Dottor Iuppa, lo strumento HEPD ha da poco lasciato l’Italia per la Cina. Che cosa dovrà fare quando sarà sulla piattaforma CSES?
La piattaforma orbiterà attorno alla Terra a un’altezza media di 500 km, facendo un giro ogni 90 minuti circa. Dopo un primo periodo di verifiche di stabilità, calibrazioni e controlli, HEPD acquisirà una grande mole di dati, misurando la quantità di elettroni e protoni di bassa energia nella ionosfera. Questo senza interruzioni, per tutta la durata del programma Limadou.

Quali sono le attese dal punto di vista scientifico?
I flussi delle particelle di cui stiamo parlando sono fortemente legati all’intensità dell’attività solare, quindi si possono osservare variazioni su tempi scala delle ore, dei giorni o dei mesi. Ma l’HEPD sarà sensibile anche a variazioni più rapide, come quelle che alcuni esperimenti hanno affermato di osservare in corrispondenza di eventi sismici di grande magnitudo. È un tema ancora molto dibattuto, su cui Limadou scriverà pagine importanti: questi improvvisi “scrosci di elettroni” devono essere caratterizzati meglio di quanto si è fatto finora. 

Qual è la novità del programma Limadou? In cosa si differenzia dalle iniziative precedenti? 
L’approccio di Limadou è senz’altro nuovo: gli apparati impiegati finora si limitavano infatti a contare le particelle, mancando di un tracciatore di precisione come quello di HEPD. Con questo strumento si può misurare la direzione di provenienza della particella e ricostruirne la traiettoria. Sarà quindi possibile per la prima volta stabilire con precisione dove e quanto tempo prima dell’osservazione sia stata generata. 

Quale lavoro viene svolto al Dipartimento di Fisica di Trento nell’ambito del progetto? Che tipo di collaborazioni comporta un programma così ampio?
Il Dipartimento ha avuto un ruolo fondamentale sin dalle prime fasi del progetto, soprattutto riguardo al tracciatore di precisione. Ha contribuito a disegnarlo e adesso ne gestisce le operazioni, assicurando che funzioni al massimo delle sue possibilità. Ma non siamo soli: Limadou è una missione scientifica a bordo di un satellite e questo tipo di iniziative richiede sempre la collaborazione di un grande numero di persone. In Italia ci lavorano gruppi di ricercatori a Roma, Trento, Bologna, Napoli e Firenze, sia nelle Università che nelle sezioni dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Proprio a Trento abbiamo potuto contare sul supporto del TIFPA, centro nato dalla sinergia tra INFN, UniTrento, FBK (Fondazione Bruno Kessler) e APSS (Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari), fortemente orientato alle scienze dello spazio, che ha permesso i test della strumentazione al ciclotrone per protonterapia dell’APSS. Senza contare la partnership strategica con i colleghi cinesi, che dagli inizi ha caratterizzato l’iniziativa dei professori Roberto Battiston (Università di Trento e presidente ASI) e Piergiorgio Picozza (Università Roma Tor Vergata e INFN).

Nuovi approcci scientifici per la previsione dei terremoti potrebbero arrivare dalla ricerca spaziale? O siamo ancora lontani?
Non si può parlare di previsioni. La buona scienza associa sempre un’incertezza al risultato che offre: minore è l’incertezza, minore la probabilità che sia un falso risultato. Allo stato delle cose, l’incertezza sulla correlazione tra eventi sismici e perturbazioni ionosferiche è troppo alta per affermare alcunché di significativo. Siamo al lavoro per ridurla.


[Nell'immagine un esempio di ricostruzione all’indietro della traiettoria di un elettrone dal punto in cui è rivelato (PB) a quello in cui è stato generato (OG). Il cammino dell’elettrone è rappresentato dall’elica blu, che si avvolge attorno alla Terra].