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Internazionale

UN ARTISTA DEL MONDO FLUTTUANTE

Nobel per la letteratura 2017 a Kazuo Ishiguro, scrittore inglese di origine nipponica

22 novembre 2017
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UN ARTISTA DEL MONDO FLUTTUANTE
di Greta Perletti
Collaboratrice di ricerca presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

Quest’anno il premio Nobel per la Letteratura è stato assegnato a Kazuo Ishiguro, che a dispetto di ciò che il suo nome potrebbe lasciare intendere è un autore ‘inglese’, come lo ha risolutamente definito l’Accademia di Svezia nell’annuncio ufficiale del 5 ottobre 2017.

Nato a Nagasaki nel 1954, Ishiguro vive in Inghilterra da quando, all’età di sei anni circa, ha lasciato il Giappone insieme ai suoi genitori; naturalizzato britannico, non è più tornato nel paese d’origine se non occasionalmente, pur conservando un fortissimo legame con la cultura nipponica. 

Lungo un arco temporale di circa 35 anni, Ishiguro ha pubblicato sette romanzi, tutti tradotti in italiano per Einaudi (che, una volta di più, rivela un certo fiuto per gli autori futuri premi Nobel): Un pallido orizzonte di colline (1982), Un artista del mondo fluttuante (1986), Quel che resta del giorno (1989), Gli inconsolabili (1995), Quando eravamo orfani (2000), Non lasciarmi (2005) e Il gigante sepolto (2015). Ishiguro è inoltre autore di racconti non ancora tradotti in italiano (con l’eccezione della raccolta Notturni, pubblicata nel 2009) e di sceneggiature per il cinema e la televisione. 

In tutti i suoi romanzi, Ishiguro torna a frequentare temi cari, come l’autoinganno, il ruolo della responsabilità individuale e le incertezze della memoria. Tuttavia, la sua scrittura non appare mai ripetitiva o ridondante: i testi di Ishiguro ci dimostrano quanto possa essere creativa la variazione nella ripetizione, approdando a esiti molto diversi tra loro e attraversando una molteplicità di generi letterari, dalla detective story al Bildungsroman, dal romanzo distopico al fantasy

I testi di Ishiguro mettono in discussione le categorie di familiare ed estraneo, generando uno spaesamento che opera su più livelli e assume molteplici declinazioni. Anzitutto, uno spaesamento geografico: sospesi tra Occidente e Oriente, i suoi romanzi possiedono una qualità ”fluttuante”, che è stata paragonata tanto alle varie forme dell’arte giapponese quanto a Jane Austen, icona dell’identità e della cultura inglese. Ma sia il Giappone che l’Inghilterra rappresentati nei testi di Ishiguro sono terre immaginate e immaginarie, la cui importanza risiede non tanto in cosa, ma piuttosto in come significano. La rappresentazione realista dell’ambientazione, pur presente, si assottiglia per accogliere dimensioni altre, che non di rado la mettono in discussione o ne sminuiscono l’efficacia. Il valore figurale di questi due paesi agisce nei romanzi insinuando il sospetto dell’inautenticità, costringendoci così continuamente a misurarci con gli stereotipi identitari e a mettere in discussione i confini che separano le categorie di somiglianza e differenza. 

I personaggi di Ishiguro sono personaggi ordinari, che ci offrono uno sguardo che è contaminato dalla limitatezza del loro orizzonte di visione, ma che allo stesso tempo si rivela interessante per la sua capacità di filtrare da una prospettiva inusuale i grandi accadimenti della storia. Il rapporto tra storia collettiva e microstoria individuale rappresenta l’occasione per mettere in scena un’ulteriore declinazione dello spaesamento messo in scena da questi romanzi: i personaggi sono costretti a misurarsi con lo stravolgimento del familiare a seguito dell’impatto della storia sulle loro piccole vite o, all’opposto, sperimentano lo straniamento che deriva dalla scoperta che la propria esistenza è insignificante rispetto a meccanismi e sistemi all’interno dei quali essi sono semplicemente ingranaggi. Dinanzi al trauma dello spaesamento, dello scoprirsi estranei a se stessi, a questi personaggi, come a tutti noi, non resta altro che costruirsi narrazioni. Ishiguro afferma che ciò che gli sta a cuore non è mostrare che un personaggio abbia compiuto un’azione di cui poi si pente, ma osservare come viene a patti con questa scoperta. Di nuovo, ciò che è importante non è il cosa ma il come significa: perché per tutti i personaggi di Ishiguro il bisogno di onestà verso se stessi diventa inseparabile dal bisogno di autoinganno, dal momento che la richiesta di senso viene demandata a una narrazione in cui memoria e immaginazione si intrecciano sino a farsi indistinguibili.

Ishiguro solitamente preferisce definirsi ”internazionale” anziché ”multiculturale”, come vengono chiamati gli altri scrittori che hanno innovato profondamente il romanzo britannico dagli anni Ottanta a oggi (si pensi a Salman Rushdie, Hanif Kureishi, Zadie Smith). A differenza di molti di questi autori, il suo stile privilegia il controllo e la misura e si caratterizza per un nitore che appare talvolta abbagliante nella sua precisione. È proprio questa qualità del suo inglese ad avvicinarlo a Austen; l’arte di Ishiguro, come quella dell’autrice di Orgoglio e pregiudizio, appare percorsa dal contrasto tra una superficie impeccabile e apparentemente imperturbabile e il mondo che ribolle al di sotto. In un certo senso anche la motivazione dell’assegnazione del Nobel (“has uncovered the abyss beneath our illusory sense of connection with the world”) riposa su questo assunto: si parla di un abisso che sta al di sotto del nostro illusorio senso di connessione con il mondo, ma è interessante osservare che il termine inglese uncovered, che è stato per lo più tradotto con "ha scoperto", ci parla in realtà di un atto di dis/velamento. La scrittura di Ishiguro toglie il velo che ricopre le illusioni e gli autoinganni ma allo stesso tempo è essa stessa il velo impalpabile che è pronto a squarciarsi, la superficie piatta che si increspa per dis/velare in maniera sorprendente e talvolta epifanica la profondità del vuoto che si apre al di sotto. 

Dopo il sorprendente e controverso premio Nobel a Bob Dylan l’anno scorso, la scelta di Ishiguro segna il ritorno a un universo narrativo che si contraddistingue davvero, come nella motivazione del Nobel (in una traduzione in inglese probabilmente non troppo riuscita dallo svedese), per la sua qualità di “most outstanding work in an ideal direction” (“lavoro più straordinario in una direzione ideale”). Da questa prospettiva, la capacità di illuminare lo straordinario nell’ordinario e l’impresa ideale di disvelare l’abisso che sta al cuore della nostra esistenza fanno di Ishiguro il più che degno vincitore di questo Nobel.

Martedì 14 novembre presso l’aula Kessler del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento si è svolto l’incontro di presentazione del Premio Nobel per la Letteratura 2017 nell’ambito del ciclo di incontri “Geni ed eroi della scienza.”. Relatrice dell’incontro: Greta Perletti. Prossimo appuntamento martedì 28 novembre 2017.