Giulia Vettori.

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STORIA DI UN ALTRO GENERE

Una ricerca di dottorato sulle donne e la loro capacità patrimoniale nell'antica Roma

21 dicembre 2017
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di Giulia Vettori
Dottoranda in Culture d’Europa. Ambiente, Spazi, Storie, Arti, Idee dell’Università di Trento.

Hand with care: un’avvertenza indispensabile quando si pongono le donne al centro dell’indagine storica sul mondo antico. E non perché si tratta di una categoria debole e fragile, come voleva Isidoro di Siviglia (560-636 d.C.), che riconduceva il sostantivo mulier a un ipotetico mollier. I motivi per cui il compito è complesso e delicato sono altri: per lo stato delle fonti, che ci restituiscono una prospettiva quasi esclusivamente maschile; per le specificità sociali e regionali che caratterizzano quella che chiamiamo “condizione femminile”; infine, per la nostra tendenza a proiettare sul passato categorie concettuali a esso estranee, come ad esempio quella di “emancipazione”. 

Tradizionalmente lo studio dell’influenza esercitata dalle donne nella storia di Roma si limita all’eccezionalità di alcune vicende biografiche. Pensiamo alla fama di Cornelia, madre dei Gracchi, o a quella, un po’ meno positiva, di Agrippina, moglie di Claudio e madre di Nerone. Ma è possibile valorizzare la rilevanza del ruolo femminile andando oltre l’aneddotica e gli intrighi di palazzo? Ed è possibile farlo nel pieno rispetto delle fonti e della forma mentis antiche, che assegnavano alle donne una posizione di alterità e subalternità e al contempo enfatizzavano la rispettabilità sociale connessa al ruolo di moglie e di madre? A queste domande ho tentato di dare una risposta affermativa nella mia ricerca di dottorato, svolta sotto la supervisione della professoressa Elvira Migliario, individuando una chiave interpretativa utile nell’indagine sulle capacità patrimoniali e amministrative femminili in relazione alla domus, intesa come unità non solo abitativa, ma anche sociale ed economica.

Dopo la laurea triennale in Lettere classiche e il percorso magistrale in Filologia e critica letteraria presso l’Università di Trento, tappe imprescindibili nell’acquisizione degli strumenti critici per affrontare in modo rigoroso i testi greci e latini, ho capito che ciò che più mi affascina nella lettura delle fonti antiche non sono gli aspetti retorici o letterari, ma quanto esse possono dire sulla società che le ha prodotte. Ho maturato inoltre la consapevolezza che è necessaria una visione interdisciplinare: alle fonti storiografico-letterarie vanno affiancati i dati restituiti dall’epigrafia, dall’archeologia, dalla demografia storica e dal diritto. Sotto questo aspetto, interlocutori d’eccezione in un confronto scientifico fruttuoso e stimolante sono stati il professor Gianni Santucci, docente di Diritto romano presso il nostro Ateneo, che mi ha guidata nelle riflessioni di carattere giuridico, e i direttori e i componenti del Laboratorio di Storia Antica (LabSA), gruppo di ricerca con il quale collaboro dall’inizio del percorso di dottorato. L’interesse per la condizione economica e giuridica femminile, nato durante la stesura della tesi magistrale, si è sviluppato nel progetto di ricerca attualmente in corso, oramai nelle sue fasi conclusive, in cui miro a ricostruire gli apporti forniti all’economia domestica da una matrona dell’aristocrazia tra la tarda repubblica e il primo principato.

Per le donne, a Roma, l’esclusione dai diritti politici attivi e passivi sancìta sul versante pubblico non trovava infatti un corrispettivo sul piano del diritto privato. Soprattutto in tema di diritti di proprietà, molte donne, titolari di un patrimonio personale rigorosamente separato da quello dei mariti, amministravano le loro ricchezze in sostanziale autonomia, facendole fruttare con opportuni investimenti, e trasmettendole attraverso testamenti, donazioni, prestiti. Il ruolo sociale femminile era sì strutturato sulla condizione matrimoniale e sulla maternità: con la legislazione matrimoniale di Augusto essere moglie e madre divenne addirittura un requisito fondamentale per ottenere il pieno godimento dei diritti ereditari e un’autonoma gestione del patrimonio. Ma oltre a essere mogli e madri le donne erano anche soggetti patrimoniali, capaci di contribuire in modo decisivo alla prosperità finanziaria di mariti, figli e discendenti, dei quali favorivano all’occorrenza le carriere politiche; queste ultime si basavano anche sul rispetto di stringenti criteri censitari. Una fruttuosa gestione privata del patrimonio e una corretta trasmissione dello stesso da parte femminile rappresentavano, per la famiglia e agli occhi dell’intera comunità civica, compiti di rilevanza strategica. Erano elementi che contribuivano a delineare il ruolo sociale delle donne e che, non a caso, ricorrono con una certa frequenza nelle iscrizioni sepolcrali, dove le matrone sono commemorate anche per le loro qualità amministrative. 

Nella riflessione sulla specificità che il ruolo femminile rivestiva nella società romana anche da un punto di vista economico e finanziario non va dunque individuato un vezzo femminista. Se affrontata con il necessario rigore metodologico e opportunamente contestualizzata, la storia di genere costituisce, al pari di molti altri, un tassello fondamentale nella ricostruzione della storia sociale del mondo antico.