Illustrazione tratta dal volume (pag. 25).

In libreria

DA EUCLIDE AI NEURONI

di Giorgio Vallortigara

10 gennaio 2018
Versione stampabile

Dalla quarta di copertina.
Esiste una grande differenza tra le nozioni acquisite dai matematici sulle proprietà degli oggetti geometrici e quello che abbiamo imparato fino a oggi, in biologia e neuroscienze, sul modo in cui la geometria è rappresentata nel cervello. Vallortigara ci conduce in un viaggio che muove dall’esterno del cervello – l’orientamento nello spazio degli esseri umani e degli altri animali – e giunge a indagare a poco a poco quello che succede dentro la “scatola nera”. Attraverso esperimenti realizzati con topi, pesci, formiche, studiando le funzioni dell’ippocampo, della corteccia entorinale e di altre strutture, scopriamo una straordinaria bellezza all’interno del cervello: una geometria che le neuroscienze sono orgogliose di rivelare. Così ci inoltriamo nel circuito dei neuroni che determinano il nostro orientamento spaziale e, indicandoci la direzione, la distanza e il verso, ci permettono di abitare lo spazio.

Giorgio Vallortigara è professore di Neuroscienze presso il Centro Interdipartimentale Mente/Cervello - CIMEC dell'Università di Trento e divulgatore scientifico.

Dalle Conclusioni (p.38)

La storia di come la geometria venga rappresentata nel nostro cervello è affascinante e, in buona parte, ancora da scrivere. Come già accennato, le nostre conoscenze sulle rappresentazioni che il cervello dà della geometria dell’ambiente sono primitive se paragonate alle conoscenze formali sugli enti geometrici, così come le hanno sviluppate i matematici in migliaia di anni.
Allo stato attuale delle nostre ricerche ci sono comunque due aspetti che mi sembrano particolarmente significativi e che mi preme sottolineare. Il primo, di tipo pratico, concerne le conseguenze cliniche delle recenti scoperte. Per limitarmi a un esempio, la corteccia entorinale, sede delle grid cells, è a quanto pare la prima a essere danneggiata in caso di fenomeni neurodegenerativi, quali la malattia di Alzheimer. E alcuni studi sembrano indicare che, nei roditori, gli individui giovani portatori di varianti genetiche con elevato rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer manifestino sottili deficit delle abilità spaziali nelle attività specifiche delle grid cells.
Il secondo aspetto è di natura prettamente filosofica. Ho avuto occasione di dire e scrivere più volte che se Kant fosse vivo oggi sarebbe senza dubbio un nostro collega, un neuroscienziato, e sicuramente sarebbe deliziato nell’apprendere come gli studi empirici suggeriscano che lo spazio, così come il numero, il tempo, la causalità e la conoscenza degli oggetti fisici e sociali, siano predisposti nel nostro cervello e configurino di conseguenza la nostra psiche.

Per gentile concessione di Castelvecchi Editore, 2017. © 2017 Lit Edizioni Srl