Carlo Rovelli, particolare della locandina dell'evento

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SPAZIO E TEMPO, QUESTIONI APERTE

Intervista a Carlo Rovelli. Ospite dell’Ateneo nell’incontro “Spazio al tempo, tempo allo spazio”

19 febbraio 2018
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di Marinella Daidone
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Cos’è lo spazio? Cos’è il tempo? Cosa ne pensano gli scienziati? 
L’incontro intitolato “Spazio al tempo, tempo allo spazio”, che si terrà martedì 20 febbraio all’Università di Trento, metterà a confronto punti di vista di discipline diverse. Ospite d’eccezione sarà il fisico Carlo Rovelli, pluripremiato per la sua attività di ricerca e noto anche al pubblico per il suo libro "Sette brevi lezioni di fisica" (Adelphi, 2014, tradotto in 41 lingue, ha venduto più di un milione di copie). A dialogare con lui saranno Giorgio Vallortigara, neuroscienziato del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC), e Paolo Collini, economista e rettore dell’Università di Trento. Modera Lorenzo Pavesi, direttore del Dipartimento di Fisica. L’evento è aperto a tutta la cittadinanza e fa parte delle iniziative di FisiCittà.

Carlo Rovelli, fisico teorico conosciuto per i suoi contributi alla gravità quantistica, è professore ordinario di fisica teorica all'Università di Marsiglia. Il suo recente libro "L'ordine del tempo" (Adelphi) è stato il saggio più venduto in Italia nel 2017.

Professor Rovelli, spazio e tempo saranno al centro dell’incontro del 20 febbraio a Trento. Ci può dare una breve anticipazione del suo intervento?
Parlerò delle scoperte sorprendenti sulla struttura del tempo fatte dalla fisica dell'ultimo secolo, e dell'idea che capire cosa sia quello che percepiamo come il flusso del tempo richiede a mio parere la combinazione di diverse discipline, dalla fisica alle neuroscienze. E forse di più.
 
I concetti di spazio e tempo sono stati indagati dalla fisica e da altre scienze. Ci sono grandi questioni ancora aperte? 
Molte. Tanto alla base della fisica fondamentale, quanto della termodinamica, tanto nelle neuroscienze. I progressi sono stati molti, ma le domande aperte sono molte. Ancora non sappiamo se davvero esiste una varabile "tempo" nella fisica più elementare, non sappiamo perché il passato è diverso dal futuro, e non sappiamo quale sia la sorgente della nostra impressione del "passare" del tempo. Non capiamo bene la relazione fra il tempo e il funzionamento del nostro cervello e della nostra sensazione di esistere "qui ed ora".

“In questo grande affresco del mondo che offre la fisica contemporanea”, citando le sue parole, che ruolo abbiamo noi, esseri umani? Per molto tempo abbiamo creduto di essere superiori alle altre specie animali. 
"Superiori" è un termine molto vago. Presuppone la scelta di cosa mettere sopra e cosa mettere sotto. Per ciascun bambino la sua mamma è superiore alle altre, in un senso molto reale. Noi siamo certo animali come gli altri animali, con alcune caratteristiche specifiche, ma ogni specie ha le sue caratteristiche specifiche. Siamo anche pezzi di fisica come gli altri, non particolarmente speciali. Nel grande mondo siamo dei generici processi su un generico pianeta di una generica stella di una generica galassia. Se ricordiamo che le stelle nella galassia sono cento miliardi e le galassie sono più di mille miliardi, ci rendiamo subito conto che ogni nostra presunzione di essere speciali è ridicola. Siamo un ghiribizzo della natura fra tanti altri simili. C'è stato un periodo nel passato in cui alcuni si sentivano spersi per questo e avevano paura che la vita "perdesse di senso". Ma penso che sia stata solo la sorpresa. La vita per noi ha senso perché noi siamo per natura pieni di senso: desideri, emozioni, valori, curiosità, moralità... 
 
“Sette brevi lezioni di fisica” rappresenta un caso editoriale forse unico in Italia. Un libro che racconta la fisica diventa un best seller e rimane nella classifica dei libri più venduti per moltissimo tempo. Ci racconta com’è andata? Secondo lei, a cosa è dovuto questo successo?
Non lo so. Sono il primo a esserne stupito. Ho scritto i miei pensieri, e molta gente li ha trovati interessanti, ne ha apprezzato qualche aspetto e ha regalato il libro a due amici. Così, a macchia d'olio, si è passati dalle tremila copie iniziali a più di un milione di copie. Sono molto grato ai miei lettori.
 
Lei che rapporto ha con il nostro Ateneo? Ha dei contatti o delle collaborazioni con docenti dell’Università di Trento?
Più di tutto un rapporto di affetto e di nostalgia. Qui ho avuto il mio primo vero maestro, Marco Toller, e qui ho cominciato il percorso della mia fisica. Ho passato molti anni a Trento, direi sei o sette. Anni importanti. Vivevo a Povo, e la mattina dalla finestra vedevo tutta la valle, con la città, le montagne. Andavo al Dipartimento di Fisica attraversando un campo di ciliegi, che non c'è più. Sono rimasto in contatto con parecchi dei fisici di Trento, sia per amicizia sia per l'interesse scientifico per quello che stanno facendo. Secondo me Trento si sta affermando come il polo italiano di fisica della gravità. Penso e spero che col tempo le mie interazioni con la città cresceranno ancora.