La ferrovia transiberiana. ©igormarkin | fotolia.com

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LA SIBERIA ALLO SPECCHIO

A cura di Adalgisa Mingati

22 febbraio 2018
Versione stampabile

Dalla quarta di copertina
Il volume presenta una raccolta di saggi su un argomento poco frequentato, soprattutto in lingua italiana, quello della Siberia, organizzandolo tematicamente a seconda dei diversi aspetti presi in esame: dal tema del viaggio e del turismo, a quello delle rappresentazioni della Siberia nei testi letterari, a quello relativo al lungo e complesso percorso di sviluppo storico-culturale di questo territorio. Offrendo una base metodologica e informativa sullo stato dell'arte degli studi di settore, il volume, dove tra l'altro si affronta criticamente il concetto di "mito" della Siberia, può costituire una valida base per ulteriori approfondimenti nell'ambito delle tematiche affrontate.

Adalgisa Mingati è professoressa del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

Da Il mito siberiano nella storia, nel turismo e nelle culture. In luogo di un’introduzione (pp. 7-16)
In un’intervista rilasciata nel corso di una fiera del libro tenutasi nel 2013 a Krasnojarsk Ian Frazier, autore di un bestseller mondiale dal titolo Travels in Siberia, ha affermato: «Mi piace molto il suono della parola Siberia, è un suono che accende l’immaginazione». Le parole dello scrittore americano confermano una verità assodata: la Siberia non è solo una realtà storico-geografica e politico-amministrativa, essa è anche una complessa costruzione mentale caratterizzata da confini dinamici difficilmente definibili, è un luogo di quella geografia immaginaria generata da testi, immagini e discorsi che non di rado si legano a modelli culturali archetipici, al materiale di cui sono fatti i miti.
Il nome Siberia (in russo Sibir’) viene tradizionalmente associato alle temperature più basse registrate sul globo terrestre, a spazi incommensurabili, ma disabitati e inospitali, che in un passato non troppo lontano sono stati luogo di esilio e di deportazione e, quindi, di immani sofferenze. Allo stesso tempo, esso richiama alla mente ambienti naturali grandiosi e incontaminati, inestimabili giacimenti di materie prime e un variegato paesaggio antropologico-culturale, risultato di un lungo percorso che parte dalla preistoria e che testimonia come l’uomo in queste terre abbia saputo dar prova della sua straordinaria capacità di adattamento al clima e all’ambiente.
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Le peculiari circostanze che hanno determinato l’acquisizione politico-geografica e socio-culturale della Siberia hanno profondamente influenzato il rapporto della nazione russa con questo territorio, una relazione che ha trovato ampio riflesso nella cultura e nella letteratura di questo paese. Sin dai tempi antichi la Siberia è stata caratterizzata da una fama mutevole: da un lato, le sue favolose ricchezze – in primis le pellicce preziose, il cui commercio fu il fattore determinante della conquista di questo territorio – hanno alimentato speranze e sogni di benessere economico e commerci fiorenti. Ma ancora nell’Ottocento i russi europei associavano la Siberia a concetti del tutto opposti, perlopiù legati all’ambiente selvaggio e inospitale e al suo panorama umano fatto di avanzi di galera e nomadi primitivi.
Negli ultimi vent’anni la ricerca umanistica in Russia ha dedicato particolare attenzione allo studio di quel complesso di idee, rappresentazioni e associazioni mentali generate nella coscienza dei russi dall’immagine dell’immensa regione siberiana, idee e rappresentazioni che a partire dai primi decenni del XIX secolo trovarono ampio riflesso nei periodici e nelle opere letterarie, nelle narrazioni di viaggio e nei resoconti delle spedizioni geografiche, ma anche nei canti degli ergastolani. Dall’esame di questo ampio e variegato materiale emerge l’immagine della Siberia come di un’«altra Russia», ossia di un territorio dotato di un’identità propria, ‘diversa’ rispetto alla Russia europea sotto il profilo socio-culturale, etnografico e antropologico, una regione di cui i russi europei molto spesso avevano una conoscenza scarsa e ammantata di stereotipi e pregiudizi.
Com’è noto, la letteratura russa ottocentesca ha contribuito in modo decisivo a codificare la radicale ridefinizione dello spazio che ha accompagnato la nascita nel Settecento e la costante crescita nei secoli successivi dell’Impero zarista, che sotto lo zar Nicola I si sviluppava ormai su tre continenti – Europa, Asia e America del Nord (Alaska). La rappresentazione della Siberia contrassegna con la sua presenza alcune pietre miliari della letteratura russa del XIX secolo: citiamo, a titolo di esempio, le Memorie di una casa morta di F. Dostoevskij, Resurrezione di L. Tolstoj, L’isola di Sachalin di A. Čechov. Oggi la critica parla a buon diritto di un vero e proprio «testo siberiano», ossia di un complesso semanticamente e linguisticamente coerente di opere caratterizzate da un comune orientamento geografico-spaziale e storico-culturale. Intessuto di una serie di motivi archetipici, i quali elevano «la mutevole realtà sociopolitica all’incrollabile istanza del mito», questo ‘testo’ ci presenta una duplice interpretazione della Siberia, che oscilla tra un polo positivo e uno negativo: da un lato essa è una sorta di ‘purgatorio’, uno spazio iniziatico attraversando il quale si acquisisce un nuovo status sociale e spirituale; dall’altro lato, essa appare ‘terra promessa’, luogo mitico dell’utopia accarezzata da contadini fuggitivi, gruppi settari, ma anche da alcuni riformisti politici, di una società più giusta ed egualitaria.
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La peculiare collocazione geografica del ‘corridoio’ siberiano, sin dalla preistoria via di comunicazione tra Est e Ovest, tra Europa e America, ha facilitato il passaggio di ondate migratorie «passionarie», creando le premesse per il variopinto tessuto antropologico e culturale che ancor oggi lo caratterizza. Per quanto riguarda la presenza russa in Siberia, in quattro secoli essa è passata da casuali zone di contatto con singoli popoli autoctoni a una interazione economico-culturale stabile tra gli immigrati sempre più numerosi e le etnie locali. Il progetto di inclusione della Siberia nella sfera culturale russo-europea ha portato, prima nel periodo dell’Impero zarista e poi durante la costruzione della Siberia socialista, a una pervasiva russificazione di vari ambiti della vita della macroregione, soprattutto nelle aree più urbanizzate, con una prevalente presenza russa ai vertici della gestione politico-amministrativa.
Spesso definiti in modo troppo generico come ‘popoli siberiani’, i gruppi etnici originari della Siberia rappresentano una vera e propria galassia di nazionalità (in russo nacional’nost’, ossia ‘appartenenza etnica’, ‘nazione’ intesa come complesso di elementi culturali che caratterizzano la storia di un gruppo etnico). Accanto ad alcune popolazioni – gli Altai, i Buriati, i Chakassi, gli Jakuti e i Tuvani – il cui rilievo politico e socio-culturale nella Federazione Russa è reso tangibile dalla presenza nel suo ordinamento delle corrispondenti Repubbliche etniche, sul territorio della Russia asiatica si concentra la maggior parte dei cosiddetti ‘piccoli popoli’, ossia i gruppi etnici minoritari del Nord, della Siberia e dell’Estremo Oriente della Federazione Russa: si tratta complessivamente di una trentina di gruppi appartenenti a differenti famiglie linguistiche e praticanti confessioni e culti tradizionali, ognuno dei quali assomma al proprio interno, nel migliore dei casi, poche decine di migliaia di rappresentanti, un’esiguità numerica che è l’esito di repressioni, alcolismo, malattie e dello sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali. Su di esse infatti si fonda l’economia di queste culture, caratterizzate da una stretta interrelazione tra uomo e natura e regolate da norme comportamentali tradizionali di tipo ecologico, le quali al giorno d’oggi, se adeguatamente reinterpretate, potrebbero fornire un valido aiuto per la progettazione di politiche di sviluppo rispettose dell’ambiente e in grado di tutelare la sopravvivenza di queste popolazioni.
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L’ininterrotto percorso di sviluppo e di ricerca d’identità della Siberia mostra ancor oggi aspetti grandiosi e contraddittori. In particolare, l’interazione tra cultura umana e natura attraversa oggi un momento cruciale: le complesse sinergie tra politiche di sviluppo globale e strategie geopolitiche rischiano di mettere a repentaglio i delicati equilibri ambientali del territorio. Al riguardo, i punti all’ordine del giorno nel cammino di crescita della macroregione sono lo sfruttamento delle risorse energetiche (in primo luogo, l’estrazione degli idrocarburi, che rappresenta il fulcro dell’‘economia di rendita’ della Federazione russa), il rinnovamento del tessuto urbanistico e la costruzione di moderne infrastrutture, lo sviluppo del potenziale tecnologico-industriale e il potenziamento dell’offerta turistica che negli ultimi anni attrae flussi sempre maggiori (soprattutto dai paesi asiatici confinanti – Mongolia, Cina e Corea del Sud) ed è destinato a diventare uno dei fattori determinati dello sviluppo socio-economico della Siberia.

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