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Internazionale

L'IMPATTO ECONOMICO E SOCIALE DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

La rivoluzione delle nuove tecnologie digitali su prodotti, processi e dinamiche occupazionali

26 marzo 2018
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Edoardo Gaffeo
di Edoardo Gaffeo
Professore del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento.

Gli straordinari sviluppi conseguiti negli ultimi decenni dalla robotica, l’intelligenza artificiale, il cloud computing e gli algoritmi di auto-apprendimento basati sulle reti neurali hanno dato vita ad una nuova fase nell'automazione dei processi produttivi. In questa nuova fase le macchine sono in grado di uguagliare, se non di superare, le prestazioni umane in una vastissima gamma di attività, comprese quelle che richiedono complesse funzionalità cognitive. Secondo autorevoli stime, man mano che le nuove tecnologie digitali sostituiranno lavoratori in carne ed ossa per il 50% delle mansioni attualmente svolte, nel corso dei prossimi tre decenni l’incremento della produttività a livello mondiale potrebbe attestarsi tra lo 0,8% e l’1,4% all’anno.

Per poter interpretare le conseguenze di una rivoluzione di tale portata abbiamo bisogno di una mappa che ci consenta di individuare come l’innovazione tecnologica sia destinata a modificare i modelli di business utilizzati dalle imprese, lo sviluppo di nuovi prodotti e processi e le dinamiche occupazionali. Tale mappa dovrebbe permetterci di incrociare, in una ideale matrice, da un lato, le caratteristiche di fondo delle nuove tecnologie digitali e le peculiarità dell’organizzazione industriale alla base del loro sviluppo e dall’altro, i vari anelli della catena del valore sottostante alla produzione dei beni e servizi tradizionali cui tali tecnologie sono applicate. 

Un esempio particolarmente utile in tal senso è il cosiddetto “Fintech”, vale a dire l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali nella fornitura di servizi finanziari. Si tratta di un fenomeno in piena crescita, con investimenti che nel solo 2017 hanno toccato i 20 miliardi di dollari a livello globale e che da più parti si ritiene possa portare, in un non lontano futuro, alla scomparsa delle banche per come le abbiamo conosciute fino ad ora. Per capire quanto questi timori siano fondati, è necessario riconoscere in primo luogo che la rivoluzione digitale nella quale siamo immersi implica tre aspetti distinti: la trasformazione in bit di qualsiasi aspetto della vita delle persone – dalle preferenze personali, alle abitudini d’acquisto, alle reti di amicizie – e delle aziende (big data); un aumento vertiginoso delle capacità di archiviazione ed elaborazione dei dati; infine la facilità di trasferire grandi blocchi di dati su Internet senza la necessità di avvalersi di costose reti dedicate. Le aziende Fintech stanno sfruttando in maniera selettiva tali cambiamenti per inventare nuove modalità di fornitura dei servizi di intermediazione del risparmio, modificando l’arena competitiva nella quale le istituzioni finanziarie si muovono.

Ma in cosa consistono questi servizi finanziari? In altre parole, che cosa fanno per davvero le banche? Dal punto di vista teorico è possibile individuare un certo numero di funzioni che, sebbene risultino molto spesso combinate tra loro, possono essere idealmente separate. Alcune di queste funzioni sono la gestione dei sistemi di pagamento, la trasformazione di depositi privi di rischio a breve termine in prestiti di maggiore dimensione e rischiosità o la gestione del rischio della propria clientela attraverso contratti assicurativi o derivati. Laddove esistano economie di scala nella loro fornitura, la possibilità di abbattere i costi attraverso una sempre più forte specializzazione in una sola di queste funzioni porta alla nascita di nuovi operatori, ognuno in grado di fare leva sulla tecnologia digitale più adatta al proprio scopo. Ragionando in questo modo è immediato comprendere come il vantaggio di giganti del web quali Google, Apple e Alibaba consista nello sfruttare l’enorme base di clienti di cui dispongono per facilitare le loro transazioni attraverso strumenti digitali di pagamento quali Android Pay, Apple Pay e Alipay, piuttosto che competere con le banche tradizionali nella fornitura di prestiti alle imprese e accollarsi il conseguente rischio di credito.

Inoltre il vero valore aggiunto delle tecnologie di registrazione distribuita, nota come Blockchain, è da ricercarsi non tanto nella possibilità di coniare monete virtuali, ossia i Bitcoin, quanto nelle potenzialità legate alla negoziazione ed esecuzione automatica di contratti smart e la conseguente possibilità di superare gli endemici problemi di asimmetria informativa alla base di qualsiasi operazione di credito.

Il professor Gaffeo ha trattato queste tematiche durante l’incontro con gli studenti del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento "Le sfide dell'intelligenza artificiale.L'impatto economico-sociale" . L’appuntamento, che si è svolto il 7 marzo, è stato introdotto dalla professoressa Maria Luigia Segnana.