Assemblea aperta di Ateneo 2017. Foto di Giovanni Cavulli, archivio Università di Trento

Vita universitaria

L'UNIVERSITÀ NEL SUO TERRITORIO

Appuntamento il 17 maggio con l’Assemblea aperta di Ateneo 2018. Intervista a Innocenzo Cipolletta

9 maggio 2018
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di Marinella Daidone
Lavora presso l'Ufficio Web, social media e produzione video dell'Università di Trento.
Cosa pensa la comunità trentina della sua Università? L’Assemblea aperta di Ateneo 2018 proporrà una riflessione ampia su Università e territorio a partire dai dati di un’indagine, commissionata dall’Ateneo, sulla percezione che ha la comunità trentina della sua Università. Ne abbiamo parlato con Innocenzo Cipolletta, economista, presidente dell’Università di Trento.
 
Presidente Cipolletta, l’Assemblea aperta di Ateneo di quest’anno ha per tema “L’università nel suo territorio.” Ce ne può parlare?
Le assemblee aperte sono previste dallo Statuto e devono consentire all’Università di fare una sorta di rendiconto delle azioni che sviluppa sul territorio per capire quali sono le esigenze e le cose che si possono fare assieme. Nel corso degli anni abbiamo fatto diverse assemblee tematiche, ogni volta scegliendo un argomento specifico - il lavoro, la cultura o la sanità… - che riguarda la comunità del Trentino. Questa volta, anche in relazione al fatto che è la mia ultima Assemblea aperta perché il 24 luglio scado come presidente, mi faceva piacere fare una sorta di sintesi, cercando di capire qual era il sentimento della cittadinanza nei confronti dell’Università dopo tutti questi anni. Per questo abbiamo condotto un’indagine presso la cittadinanza di Trento e di Rovereto. Questo sarà lo spunto per la prossima Assemblea aperta, per capire quali sono i fattori positivi che l’Università ha portato nel territorio e quali le carenze su cui bisogna lavorare nei prossimi anni.
 
Innocenzo Cipolletta
Quest’anno l’Assemblea aperta si terrà presso il Polo espositivo Trento Expo di via Briamasco.
La sede cambia ogni anno. Vogliamo incontrare la cittadinanza in modo informale, evitando il più possibile luoghi dove da una parte c’è chi ascolta e dall’altra chi parla. Questa volta abbiamo scelto l’ex fiera perché è un pezzo del polo universitario di domani. Dopo la costruzione della Biblioteca Universitaria Centrale (BUC) nel quartiere Le Albere e l’avvio dei lavori per il sottopasso che consentirà di unire idealmente e materialmente la città di Trento con la biblioteca, d’accordo con il Comune di Trento e con la Provincia autonoma, abbiamo scelto di trasferire la mensa nei locali dell’ex fiera. Inoltre, una parte non trascurabile di questa nuova sede verrà destinata a luogo di aggregazione e d’incontro per gli studenti. Si era parlato di uno scambio con altre proprietà immobiliari (in particolare San Severino), invece per dare un’attuazione più rapida è stato deciso di fare un’acquisizione. Per inaugurare idealmente questi spazi, ci è sembrato importante allestire l’Assemblea aperta in questa sede.
 
Lei è giunto al termine del suo mandato, in base alla sua esperienza come sono cambiate le cose in questi anni?
Più che un cambiamento è un’evoluzione. Il rapporto con l’Università è cresciuto ed è diventato sempre più positivo. Quando ho iniziato, ormai sono a Trento dal 2003 in vari modi, il rapporto era già buono anche se c’erano alcuni punti di tensione. Alcuni di questi punti rimangono tutt’ora, però il rapporto con la cittadinanza è migliorato e, come vedremo nell’indagine che qui non rivelo perché dovrà essere presentata proprio in quei giorni, posso dire che il giudizio della popolazione di Trento e di Rovereto è molto positivo nei confronti dell’Università. Questo significa che è cresciuta tutta la comunità insieme all’Università. 
Le università non sono soltanto i centri che generano didattica, scienza e ricerca. Sono anche questo, ma le università sono fatte da persone che gravitano sul territorio e portano un contenuto culturale alla comunità che alla fine diventa patrimonio collettivo. Le comunità crescono culturalmente proprio per la presenza delle università; è una missione indiretta, questa delle università, di far crescere la cultura del territorio. Io credo che a Trento questo sia avvenuto e ne sono contento.
 
L’Università di Trento cerca di sviluppare il rapporto con il territorio e allo stesso tempo vuole essere un’università europea e internazionale. Le due cose sono in contraddizione?
No. L’università, lo dice la parola stessa, è sempre stata “universo”, non si può rinchiudere in un luogo. È il punto di contatto tra un territorio e il mondo. I nostri professori sono conosciuti a livello internazionale e questo porta il mondo dentro il Trentino e il Trentino dentro il mondo. In questa maniera il rapporto con il territorio diventa proficuo e ne favorisce l’internazionalizzazione. Quando facciamo il Festival dell’Economia o un convegno internazionale, arrivano decine di personalità che restano in Trentino per qualche giorno e incontrano altre persone; questo crea un legame molto forte col territorio e lascia un’eredità. D’altra parte, questo sta avvenendo non solo nell’Università. Pensiamo alle aziende del Trentino: alcune vivono sul territorio per il territorio, molte però hanno anche sedi all’estero, esportano e importano prodotti, tecnologie e conoscenze. Sempre più ciascuno di noi è al tempo stesso un collaboratore del territorio e una forte antenna internazionale.
 
Come valuta le collaborazioni tra la nostra Università e le diverse realtà territoriali?
I rapporti sono buoni ma sempre migliorabili, non bisogna mai accontentarsi dei risultati. Le assemblee aperte hanno messo in evidenza che i rapporti tra Università e territorio sono molto numerosi, ma poco sistematici. Non necessariamente tutto deve far parte di un programma. L’Università è fatta di persone e queste apportano le loro esperienze, contribuiscono alle attività di ricerca, di assistenza, di educazione sul territorio. È un processo osmotico ed è anche la ricchezza dell’Università. Sono gli studenti, i docenti, i ricercatori e il personale ad attivare i rapporti con il territorio ma, quando questi rapporti sono avviati e hanno portato risultati, allora vale la pena investire per sistematizzarli e far sì che non muoiano. In questo senso le assemblee aperte hanno aiutato, proprio perché ogni assemblea è stata preceduta da incontri tematici con i referenti del territorio (associazioni, enti, aziende…) che si occupano di questi ambiti. Abbiamo scoperto che ci sono numerose collaborazioni sconosciute anche ai colleghi e questo per noi è stato un segnale per fare qualcosa in più, per favorire la capacità di aggregazione e far crescere iniziative da stanno dando risultati.
 
Su cosa, a suo parere, bisognerebbe spingere di più sia da parte dell’Ateneo che degli altri soggetti del territorio?
Credo che il rapporto con il territorio vada un po’ sistematizzato. Il Trentino, per scelte lungimiranti dell’amministrazione, ha convogliato nel territorio alcuni centri di ricerca: tra questi FBK, FEM, vari centri del CNR; un diverso numero di centri di ricerca sui quali si è tentata una collaborazione che è stata un’operazione estremamente faticosa. Per me che venivo dall’esterno era tutta ricerca e non riuscivo a fare distinzione tra FBK e Università. Pian piano mi sono reso conto, invece, che c’erano confini molto forti, dei confini anche comprensibili perché la natura di questi enti è diversa come diversi sono gli obiettivi. Abbiamo faticato molto con i rettori con i quali ho collaborato, da Massimo Egidi a Davide Bassi a Daria De Pretis e adesso con Paolo Collini e devo dire che alla fine ci siamo riusciti. Devo dare merito a Collini, che ha portato a termine questa operazione in modo efficace. Abbiamo sistematizzato meglio i rapporti con FBK e FEM, abbiamo costituito un centro per l’innovazione (HIT) che sta cominciando a funzionare bene, ci sono meno gelosie e vedo con estrema positività questo sviluppo e mi auguro che continui.