"Generazione ’68. Sociologia, Trento, il mondo". Foto di Francesca Rocchetti, archivio Fondazione Museo storico del Trentino

Eventi

IL SESSANTOTTO, L’UNIVERSITÀ E LA CITTÀ

I primi movimenti studenteschi trentini

12 luglio 2018
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Luigi Blanco
di Luigi Blanco
Professore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento.

Le commemorazioni sono parte importante del progresso degli studi storici. Negli ultimi anni le iniziative legate al cinquantenario della fondazione dell’Istituto universitario (poi superiore) di scienze sociali, primo nucleo di quella che sarà nei primi anni ʻ70 l’Università di Trento, hanno segnato una svolta negli studi storici. Per la prima volta si sono messe al centro le fonti documentarie, elementi fondamentali per scrivere o riscrivere la storia, istituzionale e non, della nostra università. La creazione dell’archivio storico dell’Ateneo è il tassello principale di questa operazione, della quale dobbiamo essere grati a chi ha guidato negli ultimi anni e guida oggi l’Università.

Un altro cinquantenario, quello relativo al movimento del Sessantotto, ci consentirà ora, attraverso una serie di iniziative culturali che ruotano intorno alla mostra allestita nei corridoi del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale  di rivisitare un evento multiprospettico e multiscalare che ha segnato profondamente la storia della società trentina. Cinquant’anni sono la distanza giusta, per consentire un’analisi del movimento, delle sue radici e delle sue conseguenze nel breve e nel lungo periodo, ma anche delle sue contraddizioni e delle sue degenerazioni. Lo studio si basa non solo sulla memoria e sul ricordo dei protagonisti ma sulle carte che ci sono pervenute di quell’esperienza e che sono oggetto di riordino e di inventariazione. 

Il Sessantotto è stato sicuramente un fenomeno di dimensione planetaria, che ha avuto nella simultaneità la sua cifra distintiva. Come per il Quarantotto europeo, rivoluzione alla quale è stato frequentemente paragonato, del ʻ68 si possono mettere in luce gli elementi che accomunano i singoli movimenti (antiautoritarismo, antimilitarismo, anticapitalismo, ecc.) così come gli elementi che li differenziano e ne caratterizzano invece distintivamente l’azione. La storiografia ha insistito di recente, e a ragione, sul movimento del ʻ68 nell’Europa orientale (Praga, Varsavia, Belgrado) e sulla incomprensione della peculiarità di questi movimenti, sorti in paesi collocati nel blocco comunista, da parte dei coetanei occidentali, anche a causa della lettura ideologicamente condizionata data dai partiti comunisti in Occidente.

In questo contesto globale ed estremamente variegato, ma anche rispetto ai coevi movimenti studenteschi delle altre sedi universitarie italiane, come si caratterizza il movimento studentesco del ʻ68 a Trento? Il primo dato che emerge è che il movimento studentesco trentino si mobilita e scende in campo in anticipo, rispetto alle date canoniche, sulla scia delle lotte per la rivendicazione del valore legale del titolo di studio, lotte che vedono il movimento studentesco universitario agire di conserva e fiancheggiare l’azione messa in campo dai dirigenti politici e dai docenti dell’epoca. Vale la pena ricordare che i primi anni ʻ60 sono dominati in campo culturale dalla diatriba tra scienze politiche e scienze sociali e che le prime, che si avviavano a presentare il progetto di riforma cosiddetto Maranini-Miglio dal nome dei due presidi di Scienze politiche al «Cesare Alfieri» di Firenze e alla Cattolica di Milano, avrebbero voluto ‘fagocitare’ le scienze sociali in un indirizzo sociologico interno alla nuova Facoltà di scienze politiche e sociali. Soluzione combattuta invece dagli studenti e dai docenti trentini, ma non da Beniamino Andreatta che condivideva la proposta di riforma, che lottavano per l’autonomia della sociologia e per la sua istituzionalizzazione accademica.

Il movimento trentino si pone dunque come difensore e sostenitore delle ragioni di una nuova scienza, quella sociologica, che avrebbe dovuto nelle intenzioni del fondatore dell’Istituto, l’avvocato e presidente della Provincia di Trento Bruno Kessler, e dei docenti chiamati a Trento a condividerne e attuarne il progetto, fornire gli elementi di studio e di analisi per la modernizzazione della società italiana in generale e di quella trentina in particolare. 

Un altro aspetto, strettamente connesso alla prima mobilitazione studentesca, caratterizza questo movimento, e cioè il forte legame, che sarà sempre molto evidente anche negli anni successivi, con lo studio e la riflessione critica sulla società. Il riferimento emblematico alla scuola di Francoforte e alla sociologia critica è tornato prepotente in questi giorni sulla stampa locale in occasione del ricordo e del cordoglio per la scomparsa di Enzo Rutigliano, che a Adorno e Horkheimer aveva dedicato molti studi. Ma, oltre all’attenzione per lo studio e la ricerca, emerge anche con forza la volontà del movimento di innovare l’organizzazione della didattica e le pratiche di condivisione e trasmissione del sapere: si pensi ai controcorsi e alle sperimentazioni didattiche a carattere seminariale.

L’altro aspetto che caratterizza il movimento del ʻ68 trentino è il suo rapporto con la città, rapporto vitale e essenziale per tutte le università a partire dal medioevo (non va dimenticato che l’università è l’istituzione più antica dopo la Chiesa). Rapporto complesso e mai pacifico quello della città di Trento con la sua università, ma che occorre guardare e rileggere con la giusta distanza. L’avventura di sociologia, di quella che venne chiamata allora l’«inferma scienza», per la quale era poco pronta la società italiana, fortemente condizionata dal retaggio idealistico e storicistico e poco adusa all’osservazione empirica dei fatti, ha inizio infatti, non va scordato, in una piccola città periferica poco ricettiva rispetto al progetto illuminista di alcuni esponenti della classe dirigente locale. 

Non vi è dubbio che la città si sentì assediata dagli studenti che si iscrivevano in massa, grazie anche alla liberalizzazione degli accessi, per seguire i corsi di sociologia: i numeri sono estremamente indicativi dell’impatto di questo ‘corpo estraneo’ in un tessuto cittadino fortemente legato a valori tradizionali quali quelli della famiglia e della religione (gli episodi di questo rapporto fortemente conflittuale sono numerosi e sono stati ampiamente ricostruiti e raccontati). Ma è altrettanto indubbio che gli studenti, che giungevano numerosi a Trento da tutte le parti d’Italia, hanno segnato anche una profonda trasformazione del tessuto sociale e culturale cittadino e provinciale. Da ‘corpo estraneo’ gli studenti universitari sono diventati un lievito che è stato in grado di trasformare la società trentina introducendo, in un tessuto culturale non così sonnolento come a volte lo si è descritto, quegli elementi di innovazione e di apertura che hanno contribuito a disegnare il volto del Trentino contemporaneo.

La mostra “Generazione ‘68” allestita nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale di Trento è promossa dalla Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con l'Università di Trento e dedicata alla generazione del '68 e al fermento degli anni Sessanta.