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QUALE DIRITTO PER LA SATIRA?

Neolaureato UniTrento vince il “Premio Satira Politica” per la miglior tesi di laurea

5 settembre 2018
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Andrea Romagna
di Andrea Romagna
Neolaureato in giurisprudenza dell’Università di Trento.

La satira, attraverso i suoi toni ironici e mordaci, rappresenta il secolare mezzo di controllo sociale, mediante il quale vengono ridimensionate le forme di potere e denunciate le ingiustizie che le medesime perpetrano. Tuttavia, proprio per le sue caratteristiche graffianti, la sua manifestazione e, di conseguenza, il diritto al suo esercizio entrano spesso in contrasto con altri diritti costituzionalmente tutelati, come il diritto all’onore, alla reputazione, all’identità personale, finanche alla dignità del soggetto dileggiato.

Tralasciando l’affascinante storia che si cela dietro questo caustico genere letterario e focalizzando l’attenzione sul suo aspetto giuridico, è opportuno rilevare come non esista un vero e proprio “diritto di satira”. A livello normativo, infatti, la tutela della satira è affidata, più genericamente, alla libertà di manifestare il proprio pensiero. Tale garanzia riconducibile su base nazionale all’articolo 21 della Costituzione e, in ambito internazionale all’articolo 10 della CEDU (Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali), assicura all’individuo la possibilità di esprimersi anche in modo sarcasticamente critico nei confronti di un altro soggetto o di una categoria di soggetti.

Ciononostante, per evitare che un messaggio denigratorio, e solo apparentemente satirico, non venga sanzionato, i tribunali hanno individuato, negli anni, alcuni limiti al diritto di satira (riconosciuto dalla giurisprudenza) affinché anche la persona derisa possa tutelare il suo diritto all’onore e alla reputazione. Tali limiti sono mutuati dal diritto di cronaca e, soprattutto, di critica, essendo la satira uno dei mezzi più celebri ed efficaci per biasimare e segnalare, seppur ironicamente, le corruzioni dei costumi. I vincoli, definiti “formali” poiché riguardano la struttura dell’invettiva satirica, sono la continenza di quest’ultima, la celebrità del soggetto schernito e infine la pertinenza, ovvero il nesso causale che deve sussistere tra la popolarità del canzonato e il messaggio morale di denuncia sociale che l’autore vuole trasmettere al pubblico.

Questi limiti formali, uniti ai limiti giuridici individuati dalle Carte costituzionali, come il buon costume e la tutela dell’ordine pubblico, consentono ai giudici di operare un bilanciamento di interessi, caldeggiato a più riprese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, tra la libertà d’espressione dell’autore satirico e il diritto del bersaglio irriso di non veder lesa la propria dignità, affinché siano entrambi il più possibile garantiti.

Le controversie giudiziarie che si sono susseguite negli anni sono molteplici. Tra le varie, soprattutto per il clamore mediatico che hanno suscitato, spiccano quelle riguardanti il periodico satirico Charlie Hebdo. Il settimanale francese è spesso salito agli onori della cronaca per il suo discusso umorismo tradotto in vignette che, colpendo indistintamente i diversi protagonisti della “commedia umana”, dai politici più potenti ai terremotati più sventurati, dal mondo cristiano al mondo islamico, sono state più volte criticate, nonché divenute oggetto di querele per diffamazione. E dove i giudici non hanno ravvisato alcuna violazione di legge (come, ad esempio, nella sentenza del Tribunal correctionnel de Paris del 22 marzo 2007, attraverso cui il direttore Philippe Val, che avallò la pubblicazione delle illustrazioni satiriche su Maometto, venne assolto), è giunta, tragicamente, la mano spietata dei terroristi, che con l’attentato del 7 gennaio 2015 decimarono la redazione della rivista parigina.

Per questo la satira è definita “arma incruenta”: perché riesce a colpire il potere con il solo ausilio di una matita, denunciandone le protervie e destando le menti degli oppressi. Poiché, come scrisse Vladimir Nabokov, «la satira è una lezione» che ognuno dovrebbe studiare e imparare per garantire la salvaguardia del sistema democratico.

Andrea Romagna ha vinto, lo scorso 7 luglio, il "Premio Satira Politica" per la miglior tesi di laurea con un lavoro dal titolo "Ludendo laedere: licenze e limiti del diritto di satira alla luce della libera manifestazione del pensiero”. Il premio viene consegnato ogni anno, a partire dal 1973, a Forte dei Marmi (LU) ai protagonisti di satira e umorismo. Durante la quarantaseiesima edizione sono stati premiati, tra gli altri, Natalino Balasso per i monologhi e Roberto Benigni con il premio alla carriera.