Particolare dalla copertina del libro. 

In libreria

L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA IN PRATICA

di Renata Brolis, Paola Maccani e Annamaria Perino

21 novembre 2018
Versione stampabile

Bisogni sempre più complessi e multidimensionali sono la regola, ormai, nel sistema dei servizi alla persona. Da qui consegue che la sua politica e la sua modalità operativa può essere solo quella dell’integrazione socio-sanitaria. Nella prima parte del volume, dopo aver delineato il lungo e tortuoso percorso dell’integrazione nelle riforme che si sono succedute in Italia – dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, fino ai giorni nostri – si descrivono gli attori, i livelli e gli strumenti dell’integrazione, nonché lo stato dell’arte della stessa rispetto alle professioni sociali e sanitarie. La seconda parte, invece, è orientata ad approfondire la conoscenza dell’esperienza trentina: si parte dalla descrizione del contesto normativo di riferimento, si passa ad esaminare gli attori implicati, la metodologia e gli strumenti utilizzati, si arriva ad analizzare le aree di intervento implementate e a descrivere le buone pratiche. Ne risulta un quadro che – tra varie difficoltà e ostacoli – vede coinvolti servizi territoriali e residenziali e investe in egual misura tutti i livelli dell’integrazione, attribuendo importanza all’apporto del cittadino, della sua rete familiare e della comunità e valorizzando la persona nella sua globalità e proattività.

Renata Brolis, laureata in Scienze infermieristiche e ostetriche presso l’Università di Verona, ha lavorato come responsabile del Servizio integrazione socio-sanitaria e in questo ruolo ha collaborato all’avvio e allo sviluppo dell’integrazione socio-sanitaria per l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari Trento.
Paola Maccani, ha svolto la professione di farmacista come direttrice sia nel servizio farmaceutico territoriale, sia in ambito ospedaliero. È stata responsabile della Direzione per l’integrazione socio-sanitaria dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento. 
Annamaria Perino, è ricercatrice presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, dove insegna nei corsi di laurea triennale in Servizio Sociale e magistrale in Metodologia, Organizzazione e Valutazione dei Servizi Sociali. È vice presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute (SISS).

Dall’introduzione a cura di Franco Toniolo
1. L’integrazione socio-sanitaria, nell’ambito delle politiche di welfare (tradizionale, mix o altro), appare come lo strumento, la politica, più efficace per perseguire le finalità che stanno alla base delle riforme via via approvate, dalla originaria (l. n. 833/1978 e d.lgs. 229/1999), a quella dell’Assistenza sociale (l. n. 328/2000), fino a quella del Titolo V (legge costituzionale n. 3/2001), che – di fatto e di diritto – costituzionalizza i LEA.
Questa prima, forte affermazione, mi è venuta spontanea dopo aver letto le bozze di questo libro, dedicato all’esperienza trentina delle politiche dell’integrazione socio-sanitaria, ma che in realtà spazia concettualmente su tutto il percorso nazionale dell’integrazione. Che sia anche una mia, radicata, convinzione personale (espressione di un lungo percorso professionale) è secondario.
Il libro mette bene in evidenza proprio il lungo e tortuoso percorso dell’integrazione.
La Riforma originaria del 1978 in realtà non indica esplicitamente, normativamente, un obbligo di politiche e servizi integrati socio-sanitari. Ma è la grande innovazione di un SSN universalistico, accessibile a tutti, incentrato – per la prima volta – su “prevenzione, cura e riabilitazione”, a determinare la opportunità e necessità di politiche integrate. Assieme alla competenza assegnata ai Comuni.
Intuizione felice dal punto di vista delle politiche, non solo sanitarie e sociali per una vera prevenzione, meno dal punto di vista organizzativo.
Infatti questo aspetto verrà drasticamente risolto con la Riforma “bis” del 1992/93. Non si dimentichi che questa riforma fu una delle quattro che riguardarono la Pubblica Amministrazione (P.A.), e fu una rivoluzione. Non più il “primato” delle procedure, della deresponsabilizzazione, dell’inefficienza, ma focus sul merito, sui risultati, sulla responsabilizzazione, separazione fra politica e dirigenza, ecc. Infatti è centrale la Riforma della Dirigenza del Pubblico Impiego (d.lgs. n. 29/1993).
Oltre ad “anticipare” la Riforma del Titolo V con una forte regionalizzazione delle competenze sanitarie, con l’aziendalizzazione si cambiò radicalmente registro. L’organizzazione e l’uso di strumenti manageriali propri dell’azienda “produttiva” – nel complesso necessari e positivi – provocarono una frattura con i precedenti “gestori”, i Comuni – estromessi –, determinando una battuta d’arresto, una frattura nei percorsi di integrazione.
A conclusione però del lungo percorso riformatore, la Riforma “ter” del 1999 riuscì a riequilibrare questo aspetto, rimettendo i Comuni non nella gestione, ma nelle necessarie politiche socio-sanitarie. E facendo così ripartire il processo, il percorso. Non è sbagliato affermare infatti che normativamente, quindi obbligatoriamente, l’integrazione socio-sanitaria parte da qui.
Riparte certo, ma aveva bisogno che fosse meglio definita l’altra “gamba”.
Ed infatti in quella prolifica fase di riforme, vede la luce la Riforma dell’assistenza sociale (l. n. 328/2000), dopo oltre un secolo di attesa (Banchero, 2005).
2. Con questo (e i vari decreti attuativi, puntualmente citati) termina la copiosa produzione normativo-riformatrice nazionale ed inizia quella altrettanto copiosa regionale. E deve iniziare, perché ormai la competenza è largamente regionalizzata.
Ma come agiscono le Regioni e Province autonome in questo ambito? Citerò al riguardo una sintesi di due Ricerche, quella del Formez del 2007 e quelle del Cergas Bocconi del 2003 e del 2005.
Con grande schematizzazione si possono suddividere in quattro modelli le esperienze regionali (Toniolo, 2009).
Nel primo, denominato “Sistema integrato”, vi sono sette Regioni/Province autonome, fra cui Trento (e il Veneto). Nel secondo, definito “Sistema misto-quasi integrato”, si individuano dieci Regioni/Province autonome. Nel terzo, il “Sistema misto-quasi separato”, tre Regioni (Lazio, Campania e Sicilia). Nel quarto, il c.d. “Sistema separato”, troviamo la sola Lombardia. Va subito precisato che, con la Riforma regionale del 2015, la Lombardia può agevolmente essere ricompresa nel secondo.
Ebbene, circa i due terzi del cronico deficit di cui soffre il SSN è imputabile proprio alle tre Regioni citate, dove l’integrazione socio-sanitaria non è certo il modello di riferimento. Non dipenderà certo da questo aspetto (molti sono i fattori che concorrono a questo risultato), ma certo vale la pena di essere segnalato, e magari di approfondirlo (in altre sedi). Va anche aggiunto che, secondo gli ultimi dati ufficiali, il deficit va riducendosi, pur permanendo in proporzione il fenomeno citato (MEF, 2017). Perché ho sottolineato questo aspetto – sostenibilità del SSN – a proposito delle politiche di integrazione socio-sanitaria? Perché il tema dei temi – in particolare dalla crisi iniziata nel 2008 – e non solo nel nostro Paese, è proprio la sostenibilità. Quindi, al di là delle ragioni più propriamente di merito (la sostanza di queste politiche integrate in relazione all’individuo, alla collettività, ecc.), sulla cui giustezza mi permetto di non aggiungere nulla rispetto a quanto ben argomentato nel libro, c’è anche una “convenienza” economica. E non mi pare poco.
3. Sugli strumenti e le sedi per “governare” queste (e le altre) politiche, il libro ben coglie l’evoluzione avvenuta.
I primi Piani Sanitari Nazionali effettivamente si configuravano come il principale strumento di governo del Sistema, a partire però, dal primo importante “Accordo Stato-Regioni” dell’8 agosto 2001 (che produrrà, ad es., i LEA), è questo lo strumento principe. Il PSN avrà certo sempre la sua importanza, ma si trasformerà ben presto in uno strumento atto a indicare, prefigurare, gli scenari di fondo (i bisogni di salute, le strategie, ecc.). Sarà insomma la “cornice” delle future politiche sanitarie e socio-sanitarie.
Se si vuole capire come davvero funzionerà il Sistema, quali saranno le scelte, il merito insomma, bisognerà analizzare quanto dispongono gli “Accordi”, ovvero i “Patti per la salute”, come saranno chiamati a partire dal 2006.
Ed in tutti, le indicazioni su politiche integrate socio-sanitarie sono presenti e puntuali. Certo pesano alcune incongruenze. La prima è che mentre i LEA sono stati puntualmente definiti e quindi i diritti dei cittadini (e i conseguenti doveri delle istituzioni) sono chiari, così non si può dire dei LEPS (o LIVEAS), mai varati.
Con la conseguenza che sono individuabili le politiche e gli interventi relative alla c.d. “Alta integrazione”, dove il profilo sanitario è più marcato, e quindi si può attingere in gran parte dal Fondo Sanitario Nazionale.
L’altra incongruenza è proprio la ancora scarsa chiarezza sui sistemi e le fonti di finanziamento per queste politiche integrate, con conseguenti rimpalli di responsabilità (e a volte litigiosità) fra i vari Assessorati regionali. Che solo in poche Regioni sono unici; nella maggior parte di esse troviamo due distinti Assessorati, alla Sanità e al Sociale.
Queste incongruenze contribuiscono a spiegare la difficoltà del percorso di integrazione, ma non ne inficiano la sua bontà, la sua oggettiva necessità, da tutti i punti di vista: istituzionale, sociale, economico, etico. Anzi.
4. Il libro, dopo un ampio e ben documentato excursus storico e normativo nazionale, approfondisce l’esperienza trentina. Al riguardo ho ben poco da aggiungere. Se non che è convincente la sua ricostruzione e che ne valeva la pena. Non a caso infatti la Provincia Autonoma di Trento appartiene, a buon diritto, al primo modello citato “Sistema integrato” (assieme, ad es., al Veneto, riconosciuto per le stesse caratteristiche).
Il merito di questo importante lavoro va, in grandissima parte, ad Annamaria Perino che, oltre ad essere una profonda conoscitrice di queste tematiche, nella convinzione che Università e Territorio non possono operare in maniera disgiunta, è riuscita a coinvolgere nell’impresa chi ha vissuto in prima persona il processo di costruzione dell’integrazione socio-sanitaria in Trentino e a raccogliere la testimonianza di questa significativa esperienza.

Franco Toniolo è Presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute (SISS), già Direttore generale Assessorati Sanità e Sociale Regione Veneto e Presidente Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS).

Per gentile concessione della casa editrice Maggioli.