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Formazione

BIG DATA E OPEN DATA: OPPORTUNITÀ E RISCHI

Un corso interdisciplinare per gli studenti dell’Ateneo su Digital Social Data per comprenderne potenzialità, pervasività e usabilità

7 maggio 2015
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Cristiano Zanetti
di Cristiano Zanetti
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Accadeva solo pochi anni fa: la segretezza dei dati era delegata all’etica del funzionario che li trattava, ai codici che descrivevano gli archivi e alle chiavi degli schedari. Come sappiamo non è più così. Di conseguenza cresce il timore che i nostri dati personali siano utilizzati anche contro di noi, oltre che per finalità virtuose di analisi della società e dei comportamenti. Anche perché i dati che vengono raccolti adesso sono veramente tanti (Big Data) e sono aperti (Open Data). 
Il corso interdisciplinare di Digital Social Data, coordinato dal professor Ivano Bison e rivolto agli studenti dell’Ateneo, si propone di offrire un’introduzione ai diversi approcci che informatici, economisti, giuristi e sociologi adottano per affrontare questo tema a elevata complessità.
Di questi temi abbiamo parlato con Rossana Ducato, assegnista di ricerca in diritto privato comparato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo, dopo la lezione da lei tenuta sul tema “Protezione dei dati personali e ricerca”. 

Dottoressa Ducato, i Big Open Data sono forse lo tsunami che metterà fine alla nostra privacy individuale oppure rappresentano l’inizio di un possibile nuovo rapporto tra il cittadino e la società con i suoi servizi sia pubblici che privati?

I Big Data sono un fenomeno che è già in corso. Le speranze e i pericoli di cui abbiamo parlato a lezione si stanno già verificando. Eppure, come tutti i fenomeni nuovi c'è ancora confusione intorno ad essi. La mia impressione è che il dibattito non sia ancora sufficientemente maturo, visto che si oscilla da un entusiasmo cieco verso i Big Data, ai limiti dell'utopia, a una paura millenaristica. I Big Data hanno un enorme potenziale per la ricerca e lo sviluppo tecnologico: la verità è che dobbiamo ancora capire come sfruttarlo appieno nel rispetto dei diritti fondamentali della persona. Ciò che è necessario in ogni caso è conoscere e studiare il fenomeno con un metodo scientifico e un approccio interdisciplinare. Credo che l'iniziativa del professor Bison, organizzatore di questo corso, sia molto importante per gli studenti interessati ad approfondire l'argomento, soprattutto nell'ottica di formazione delle nuove figure professionali (come il Data Scientist) che cominciano ad essere ricercate sul mercato del lavoro.

I Big Open Data sconfiggeranno l’impianto delle attuali leggi sulla protezione dei dati personali? Quali saranno secondo lei i cardini di questo nuovo rapporto tra il cittadino “reale” e il cittadino così come descritto dai dati che circolano su di lui in rete? Dove puntano le iniziative giuridiche che si stanno studiando sulle due rive dell’Atlantico, negli Stati Uniti e nell'Unione europea?

Non credo che i Big Data metteranno fuori gioco le normative in materia di privacy. È vero, però, che per continuare ad essere efficace il framework giuridico dovrà essere innovato per rispondere alle mutate esigenze di protezione in questo nuovo contesto tecnologico. I legal scholars europei e statunitensi stanno proponendo una serie di soluzioni nell'ottica del progressivo empowerment del cittadino e del potenziamento dei sistemi di sicurezza. Il nuovo Regolamento europeo in materia di privacy - che dovrebbe essere approvato entro la fine di quest'anno - pur non prevedendo una disciplina specifica per i Big Data, potenzia l'armamentario di tutela, introducendo principi importanti (quali quello della privacy by design, della privacy by default, del diritto all'oblio), inserendo nuove previsioni, come quelle relative al requisito della valutazione dell'impatto-privacy e all'obbligo di notificazione in caso di violazione, estendendo l'ambito di applicazione delle sue norme anche ai trattamenti non svolti in Europa e aumentando le sanzioni. Ci sono anche altre voci in letteratura che, invece, auspicano un ripensamento di alcuni meccanismi che caratterizzano l'impianto delle legislazioni in materia di privacy. Tra queste, la proposta di Alessandro Mantelero di modificare l'attuale paradigma normativo, che ruota attorno al consenso informato, secondo un modello "opt-in", in un sistema "opt-out" presidiato da alcune garanzie di trasparenza e pubblicità.

Nel corso della sua lezione lei ha ripreso simpaticamente la famosa frase tratta dal "Signore degli Anelli": Un anello per domarli, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nel buio incatenarli usandola come metafora: i Big e gli Open Data come l’Anello del Potere. Secondo Lei i Big e gli Open Data “parlano da soli”, cioè generano automaticamente nuova conoscenza affidabile? Sono davvero l’Anello del Potere?

Per fortuna della Terra di Mezzo e della nostra, no. Come i sociologici sanno bene, la capacità autoesplicativa del dato è una di quelle leggende che accompagna la retorica sui Big Data. È vero, però, che le capacità predittive dei Big Data sono sempre più affidabili ed è importante domandarci in quali mani si stanno concentrando queste preziose risorse informazionali.