Strumentazione in uso al CIMeC. Foto archivio Università di Trento. 

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Ritmi cerebrali e coscienza del tempo

Premiato Luca Ronconi del CIMeC per lo studio sulla percezione della continuità temporale

14 dicembre 2018
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Luca Ronconi
di Luca Ronconi
Assegnista di ricerca presso il Centro Interdipartimentale Mente/Cervello – CIMeC dell’Università di Trento.

Tutti noi viviamo il tempo come un fluire costante, ma questo flusso costante altro non è che un’illusione creata dal nostro cervello. Uno dei pionieri dello studio della percezione del tempo fu lo scienziato ed esploratore Karl von Baer, il quale attorno alla metà del 1800 teorizzò l’esistenza di quello che definì un “momento”, inteso come il più breve intervallo di tempo del quale siamo consapevoli. Von Baer ipotizzò che la durata di questi momenti potesse differire nelle diverse specie animali, in virtù delle loro diverse caratteristiche biologiche. La natura della nostra coscienza del tempo è stata al centro del dibattito filosofico e scientifico agli inizi del XX secolo, quando il filosofo e matematico Edmund Husserl ipotizzò che il senso di continuità temporale da noi esperito non sia altro che l’integrazione di singoli momenti che si susseguono. 

Sebbene questa definizione possa apparire quasi banale, in essa è descritta la struttura teorica fondamentale che guida ancora noi neuroscienziati nel tentativo di capire quali siano le basi neurali della nostra capacità di percepire la continuità del tempo. Da questa definizione traspare anche come la nostra percezione dello scorrere continuo delle realtà sia un’illusione magistralmente costruita dal nostro cervello. 

Il fatto che il cervello costruisca una percezione di continuità temporale è testimoniato da alcuni pazienti, molto più facili da trovare nei manuali di neuropsicologia che nella pratica clinica, affetti da achinetopsia (cecità al movimento). A causa di una lesione bilaterale alle cortecce visive extrastriate questi pazienti diventano incapaci di percepire il fluire continuo degli oggetti che si muovono nel loro campo visivo, percependo invece un susseguirsi di fotogrammi distinti. Anomalie della percezione temporale sono state misurate in laboratorio anche in pazienti affetti da autismo o schizofrenia. Sebbene non drammatiche come quelle che affliggono i pazienti con achinetopsia, potenzialmente tali anomalie hanno un impatto negativo sul funzionamento del pensiero e di altre funzioni cognitive complesse come il linguaggio. 

I primi studi riguardanti le basi neurali della percezione del tempo si possono trovare nella letteratura scientifica già a partire dagli anni ’30 del secolo scorso. Solo di recente, tuttavia, la ricerca ha fatto un considerevole passo in avanti con la diffusione su larga scala di tecniche come l’elettro- e la magneto- encefalografia, che misurano l’attività elettrica o magnetica cerebrale, con una risoluzione che può arrivare fino ad 1 millisecondo.  Grazie a queste tecniche si può osservare come il nostro cervello non elabori il flusso di informazioni sensoriali in modo analogico ma al contrario discretizzi, o per lo meno semplifichi, il flusso sensoriale in piccole finestre temporali della durata di qualche decina di millisecondi. 

Uno dei meccanismi neurali alla base di questo campionamento è il ritmo cerebrale alfa, caratterizzato da fluttuazioni ritmiche in numero variabile (da 8 a 12 al secondo) osservabili con un’analisi spettrale dell’attività elettrica/magnetica del cervello. Determinate fasi del ritmo alfa comportano un aumento della scarica neuronale e quindi del processamento attivo degli input sensoriali, mentre altre fasi comportano un’inibizione della scarica neuronale e quindi una diminuzione della risposta agli stimoli esterni. Una singola oscillazione alfa rappresenterebbe quindi, almeno per quanto riguarda il dominio della visione, l’unità elementare con la quale integriamo gli input sensoriali nel tempo, in altre parole il ritmo principale con il quale il nostro cervello mette assieme singoli fotogrammi di realtà. 

Mentre evidenze sull’importanza del ritmo alfa si accumulano, è sempre più diffusa l’idea che non esista un unico orologio centralizzato nel cervello e che il ritmo alfa da solo non possa spiegare la nostra percezione di una realtà continua. È più probabile che siano presenti molteplici orologi, dipendenti dall’attività neurale di network cerebrali almeno parzialmente dissociabili. Una prova di ciò è la miglior acuità temporale con la quale riusciamo, ad esempio, a discriminare durate nella modalità uditiva rispetto a quella visiva. 

Partendo da queste premesse la linea di ricerca che stiamo portando avanti al CIMeC è volta a capire come l’integrazione delle informazioni su diverse scale temporali dipenda da ritmi e network cerebrali diversi e come questi meccanismi siano gerarchicamente organizzati. Grazie alle tecniche sopra descritte i nostri studi hanno dimostrato la coesistenza di più ritmi nella nostra percezione visiva, dipendenti dall’attività di differenti network cerebrali, portando quindi un considerevole cambio di paradigma nello studio dei fenomeni connessi alla percezione del tempo. Abbiamo anche dimostrato come questi ritmi non siano rigidi e immutabili, ma plastici e influenzabili da molti fattori quali, ad esempio, la velocità del nostro ritmo alfa individuale, che differisce leggermente da persona a persona. I nostri studi sono quindi un’ulteriore dimostrazione di come il tempo sia una dimensione sfuggente ed enigmatica che non è affatto uguale ed oggettiva per tutti.

Il 17 novembre scorso Luca Ronconi ha ricevuto il Premio SIPF Junior 2018 , un riconoscimento assegnato annualmente dalla Società Italiana di Psicofisiologia e Neuroscienze Cognitive in occasione del Congresso Nazionale SIPF. Il premio si rivolge  a ricercatrici o ricercatori italiani di età inferiore ai 35 anni che si sono distinti per il loro contributo nell'ambito della psicofisiologia. 
L’articolo “Multiple oscillatory rhythms determine the temporal organization of perception”, che è valso il premio a Luca Ronconi, è stato pubblicato sulla rivista scientifica PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences. Oltre a Ronconi, primo firmatario, gli autori sono Nikolaas N. Oosterhof, Claudia Bonmassar e David Melcher. La ricerca fa parte del progetto ERC "Construction of perceptual space-time". Responsabile di progetto: il professor David Melcher afferente al CIMeC e al Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive.