Tatevik Chalyan nel laboratorio di Nanoscienze, foto archivio Università di Trento

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DALL’ARMENIA A TRENTO, PASSANDO PER RIGA

La dottoranda Tatevik Chalyan, premiata ad una conferenza di giovani scienziati a Riga, racconta la sua passione per i biosensori ottici

21 maggio 2015
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Cristiano Zanetti
di Cristiano Zanetti
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

I biosensori ottici sono strumenti progettati per rilevare specifiche molecole biologiche. L’utilità scientifica ed economica dei biosensori in una società come la nostra, che vive e prospera sull’utilizzo di migliaia di sostanze biologiche nei campi più disparati (batteriologia, virologia, ingegneria molecolare, biologia cellulare etc.), è praticamente illimitata: basti pensare ai vantaggi che l’industria del farmaco e della salute ne può trarre. La ricerca sui biosensori ottici è molto competitiva: è pertanto particolarmente degno di nota che Tatevik Chalyan, dottoranda presso la nostra università, sia stata premiata per le sue ricerche in questo settore nel corso della undicesima “International Young Scientists Conference – Developments in Optics and Communications” che si è svolta lo scorso aprile a Riga (Lettonia).

Abbiamo intervistato Tatevik per approfondire i contenuti delle sue ricerche, il percorso di studi che l’ha condotta a questo successo e –ultimo ma non meno importante – capire che cosa ha acceso in lei la passione per la scienza.

Tatevik: potresti raccontarci chi sei, quali sono i tuoi hobbies, dove hai studiato prima del dottorato qui a Trento e perché ti sei appassionata alla fisica ottica?

Ho 25 anni e sono armena. I miei hobbies? Direi soprattutto ballare e fare passeggiate o addirittura jogging in montagna, ma mi piace anche realizzare brevi filmati con la telecamera durante i viaggi. Prima del dottorato qui a Trento ho conseguito la laurea in Fisica nel 2010 e poi il Master presso il Dipartimento di Ottica e Fotonica dell’Università Statale di Jerevan [città dell’Armenia, ndr]. Tra il Master e l’inizio del dottorato per un po’ ho anche lavorato come ingegnere presso una ditta privata. La passione per la fisica è nata molto presto: da piccola volevo sapere come è fatto il mondo. La fisica rispondeva con precisione alle mie domande: perché l’acqua bolle, cosa è l’arcobaleno, perché suona il telefono. Credo di amare la fisica perché ha continuato in tutti questi anni a rispondere alle mie domande. È una amica fedele.

Qual è il contenuto del lavoro con il quale hai vinto il premio alla Conference di Riga? Lo puoi spiegare magari tramite un riferimento alla nostra vita di tutti i giorni?

Alla conferenza di Riga ho presentato il mio studio sui biosensori ottici ed in particolare il mio lavoro sui biosensori per la ricerca di una aflatossina (la AFM1) in modo tale che possa essere eventualmente rilevata, qualora presente, anche nel latte che beviamo tutti i giorni. Sto lavorando nel progetto europeo “SYMPHONY”, il cui scopo è proprio la rilevazione di questa tossina particolarmente cancerogena. Durante la conferenza ho mostrato ai presenti il design e lo sviluppo dei sensori, i nostri set up sperimentali e i risultati recenti. Ci tengo a dire che la mia presentazione alla Conference nasce grazie al supporto che ho ricevuto dal mio supervisore professor Lorenzo Pavesi [Direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, ndr] e dai colleghi del Laboratorio di Nanoscienze, Romain Guider e Davide Gandolfi. In particolare, vorrei menzionare Romain perché mi sta guidando nella mia carriera di ricerca, e Davide perché mi ha insegnato tutto quello che so di biosensori. Mi ha insegnato anche a lavorare in laboratorio e come analizzare e rappresentare i dati.

Cosa hai provato vincendo il premio?

Una grande soddisfazione, soprattutto perché non è stato un percorso facile. Ho iniziato a studiare il tema dei biosensori già nel corso del mio primo anno di dottorato. Per me era una cosa assolutamente nuova e non semplice. Piano piano però sono riuscita a ingranare e a ottenere dei risultati.

Quali sono i tuoi progetti futuri in campo personale e nel settore della ricerca? Ti piacerebbe continuare a studiare quello che studi adesso o cambierai? 

È un po’ presto per parlare di ricerche future. Ho appena cominciato il dottorato ma di una cosa sono certa: mi piacerebbe rimanere in questo gruppo. Mi piace la vita da giovane ricercatrice e le cose che sto studiando. Forse un giorno potrei anche diventare una brava scienziata… chissà!